13.1.15

Plauto e il “Miles gloriosus”. Satira sociale in forma di parodia (Franco Manzoni)

Una messa in scena spagnola del "Miles gloriosus" (Lugo di Galizia, 2012)
Millantatore, bugiardo, attaccabrighe, credulone, borioso, egocentrico, gradasso, impostore, altezzoso, goffo, pelandrone, vanesio. E quanti altri deteriori aggettivi si potrebbero trovare per definire Pirgopolinice, il soldato spaccone, donnaiolo, fiero delle sue eccezionali e presunte qualità di conquistatore e sciupafemmine. L'essenza sta nel nome stesso, che è composto in greco da tre sostantivi: «espugnatore di torri e di città» da pyrgos «torre», polis «città» e nike «vittoria». Tronfio delle proprie doti, non conosce umiltà e modestia, virtù ed eroismo il Miles gloriosus di Plauto, personaggio principale di una delle più celebri opere teatrali della letteratura latina.
Scritta probabilmente nel 205 a. C., data a cui è possibile risalire tramite l'accenno alla prigionia del drammaturgo Gneo Nevio, la commedia Il soldato fanfarone è la più lunga opera plautina, con i suoi 1437 versi. Venne composta in uno dei periodi in cui Roma era ammirata per le vittoriose imprese sui campi di battaglia. Proprio quando tutto il popolo aveva negli occhi la ricchezza dei bottini e i trionfi dei generali, tanto che il valore in guerra veniva apprezzato dal comune sentimento di un diffuso militarismo. Tuttavia, una costante di Plauto fu quella di evitare sempre ogni possibile riferimento al contesto politico a lui coevo. Per non correre rischi censori o accuse in tribunale.
Eppure, mentre le sue opere venivano allestite, Roma viveva il dramma della seconda guerra punica e, in seguito, le campagne d'Oriente di notevole successo: commercianti, ricchi usurai, affaristi di tutti i tipi testimoniano lo sviluppo capitalistico della società borghese e fanno presagire il passaggio alla tirannide e la conseguente nascita dell'impero. Tutto questo grazie alla forza dell'esercito romano. Perché allora mettere alla berlina un soldato descritto nei suoi tratti peggiori? Perché destinarlo a divenire in breve una maschera della risata, alla pari del lenone, del vecchio avaro, del servo e della meretrice?
Abilmente Plauto scrisse in funzione del pubblico a cui si rivolgeva e svolse satira sociale, nascondendola sotto la forma di un'allegra parodia. Decise di mettere al centro dell'azione comica un soldato, appunto per intrattenere anche il pubblico dei militari, sapientemente attingendo a battute e ad allusioni scherzose, a volte pesanti, che mettevano in ridicolo la vita del guerriero. I suoi modelli furono gli autori della commedia attica, da Menandro a Difilo, a Filemone, mentre nel testo è Plauto stesso a dire di essersi ispirato ad un'opera greca chiamata Alazón, ossia Lo smargiasso, di autore ignoto. D'altronde, come tradizione e convenzione imponevano, l'ambiente della commedia era greco, privo perciò di realismo.
In ogni caso Pirgopolinice, l'armigero millantatore e amorale, ha un ruolo del tutto passivo, la sua presenza è semplicemente utile per variare l'intreccio rispetto alle altre commedie. L'autentico protagonista, tipologia immortale di questo genere, rimane il servo astuto, Palestrione, il «regista» di tutta l'azione. La trama si fonda sulla lotta d'amore, che vede Pirgopolinice e Pleusìcle, tra le case di Efeso, contendersi le grazie di Filocomàsia, e sulla irridente trovata del servo furbo, che alla fine riesce a consegnare l'amata al giovane Pleusìcle, mentre il povero soldato gradasso finisce per prendersi una lunga scarica di bastonate, per di più è costretto a giurare di essersi ravveduto, mezzo nudo e piangente, mentre un manipolo di servi minaccia di evirarlo.
Accanto all'inganno più evidente, Plauto inserisce un'altra beffa ideata sempre da Palestrione, il quale fa credere che Filocomàsia abbia una sorella gemella: quello del doppio rimane un tema davvero caro all'autore. Pirgopolinice viene trattato da Plauto come un burattino, la maschera capostipite degli «eroi» spacconi, dalla Commedia dell'Arte a figure quali Rodomonte, Capitan Fracassa, Don Giovanni. Lo spettatore si ritrova nel cuore di una farsa dai toni volutamente esagerati. Dominato da insulsa vanità, Pirgopolinice si crede fratello d'Achille, superiore a Marte, ineguagliabile sui campi di battaglia grazie alla prestanza fisica e al coraggio, inarrivabile per bellezza e irresistibile conquistatore di femmine, nipote di Venere e pertanto vittima della propria avvenenza, conteso da tutte le donne che lo incontrano e poi lo assediano con bramosia.


Corriere della Sera, 30.8.2012

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