1.11.18

Donne dal piede segreto e dall'occhio scintillante (Dacia Maraini)


Consiglio vivamente La nave per Kobe di Dacia Maraini, da cui è tratto il brano che segue, una lettura possibilmente arricchita dai Ricordi d'arte e di prigionia di Topazia Alliata, di Toni Maraini che di Dacia è sorella. Quel che se ne apprende è un'epopea familiare avvincente in cui trovano posto e singolari consonanze la Sicilia e l'Oriente. (S.L.L.)

31 Ottobre 1938. C'imbarchiamo a Brindisi sul “Conte Verde", scrive mia madre nel suo diario: La nonna Yoi ha portato a Dacia un cappottino grigio modello quasi maschile che le sta un amore.
Si sente ancora la cadenza palermitana nelle parole di mia madre. La giovane siciliana a cui avrebbero voluto far sposare un conte è fuggita con un ragazzaccio fiorentino senza arte né parte, biondo, robusto, con un ciuffo ribelle che gli scivola sulla fronte, innamorato della madre, in lite col padre.
La partenza è triste e siamo tutti stanchissimi. Dacia non ha dormito abbastanza ed è difficile e nervosa.
Il mio bellissimo padre, Fosco, appena laureato, senza un soldo, ricco solo di una borsa di studio non cospicua ma esaltante, si affacciava dal ponte della nave scrutando il mare spumoso come se aspettasse di vedervi spuntare un pesce drago dalle orecchie giganti. La giovane Topazia gli appoggiava teneramente il mento su una spalla come per aiutarlo a scacciare la nostalgia per l’Italia, per Firenze, per la madre tanto amata, per la casa di Torre di Sopra. Chissà se ripensava a come aveva rotto col padre che gli offriva un lavoro e una tessera del Fascio, stracciata in mille pezzi, lì per lì sotto i suoi occhi.
Non soffriamo il mare, scrive mia madre e certamente era sincera. Ma lo trovo ugualmente curioso perché io ho sempre patito il mal di mare. Possibile che a poco più di un anno la nausea non si facesse ancora sentire? O dipendeva dal fatto che il mare era battuto dal vento solo in superficie e la grossa pancia di ferro scorreva su quelle onde con quieta determinazione, senza eccessivi scossoni?

Primi di novembre. 1-2. Fa ancora freschino ma ogni ora meno. Non soffriamo il mare. Porto Said – di sera — pioviggina. Fosco non vuole scendere a terra per paura di infezioni. Io non voglio stancare D., così non scendiamo.
Siamo già a una settimana di navigazione. Il mare è calmo. Ci stiamo dirigendo verso il sud. Mi rimane la curiosità di Porto Said che i miei non hanno voluto visitare. Posso solo attingere ad alcune fotografie d’epoca, che mostrano ricsciò tirati da uomini scalzi, donne dalle gonne lunghe e l’ombrellino in mano che sembrano uscite da un racconto di Gechov; una grande sala dell’hotel Victoria, oggi distrutto, in cui si vedono dei suonatori in frac su una pedana, due o tre tavolini coperti da tovaglie ricamate e un paio di palme dalle lunghe foglie che protendono le molli frange verso quattro finestre di vetro dipinto.
Più tardi, in una sala come quella, avrei conosciuto, per via cinematografica, una Ingrid Bergman dalle luci soffuse riflesse negli occhi morbidi, dai riccioli castani che guizzano attorno al collo. Qual è l’incantesimo che ti allaccia ad una attrice dal sorriso flou e la voce cristallina? In lei vedevo mia madre giovane: le gambe snelle, il taglio del tailleur stretto in vita, le scarpe dal tacco ortopedico. La vedevo camminare veloce, con un cappello di feltro color castagna che le nascondeva in parte la fronte e mi pareva di scorgere una intera generazione di donne dal piede segreto e l’occhio scintillante. Dove vai? avrei voluto chiederle... Dove vai così in fretta? il futuro è appena cominciato, non correre!
Accanto a lei un Humphrey Bogart con l’impermeabile appoggiato sulle spalle e la sigaretta complice fra le dita. Ma lui era diverso da mio padre, che si muoveva con meno grazia, era più sportivo, più schivo, più ragazzo. La bellezza dei due divi era meravigliosamente legata a quel tempo che conteneva la giovinezza e la bellezza dei miei genitori. Sono lì, in un quadro mobile, a raffigurare la gioia di esistere. Si sarebbe mai ripetuta una simile gioia?

La strada per Kobe, Bur 2015 (Prima edizione Rizzoli 2001)

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