25.11.18

Il cuore, il cervello, le emozioni in una ricerca finlandese. La scienza non spoetizza il mondo, lo rende più interessante (Edoardo Boncinelli)

Un cuore umano riprodottoin plastica come decorazione  per Halloween
Un gruppo di ricercatori finlandesi ha mappato le principali emozioni collocandole nelle diverse parti del corpo, dimostrando che esiste un codice corporeo universalmente valido. L’invidia traspare in volto, la rabbia sul petto e nei pugni. E l’amore non solo nel cuore ma un po’ dappertutto.
Le emozioni colorano e commentano sontuosamente i giorni della nostra vita.
Noi siamo così gelosi e innamorati delle nostre emozioni che ci rifiutiamo di studiarle e di sentirle studiare, ma ci siamo recentemente dovuti sentir dire da molti, e soprattutto da Antonio Damasio, che le emozioni sono un fatto naturale e che hanno un loro ruolo biologico. Esprimono la coloritura emotiva degli eventi che abbiamo vissuto e ci avvertono fedelmente se una cosa ci piacerà o non ci piacerà, se ovviamente le sapremo ascoltare. Insomma, le emozioni servono e hanno un ruolo fondamentale nell’aiutarci a vivere. Proprio per questo sono universali, come sanno bene i poeti, anche se cercano di darci a intendere che ogni emozione di ogni individuo è diversa da ogni altra. In particolare ciascuno pensa che le sue pene d’amore non le ha mai vissute nessuno, e mai le vivrà. Va detto che senza questa convinzione non ci sarebbe gusto a provarle e in definitiva a vivere. Perciò il nostro corpo ci concede sempre l’esclusiva, e la sensazione che tutto sia squisitamente nuovo, e mai più provato. Grazioso e potente inganno che la natura — leggi il nostro corpo — ci perpetra in continuazione per il nostro bene.
Un tempo si diceva che le emozioni vengono dal cuore, essenzialmente perché molte di esse le proviamo con i vasi sanguigni che circondano il cuore e che ci segnalano ogni palpito, cioè ogni accelerazione del battito e ogni sfarfallio degli stati d’animo. Il cuore ovviamente non c’entra niente, ma sono le diverse parti del cervello, e in particolare del sistema limbico, che ci elargiscono i palpiti, forti o deboli, della nostra emotività. Questo lo sappiamo noi che studiamo la materia, ma non lo sa l’uomo della strada che sente le sue emozioni nel corpo e che attribuisce al corpo la loro origine.
È il cervello che fa risuonare una data regione del nostro corpo e poi noi ne prendiamo coscienza in un secondo momento, affermando che sentiamo questo o sentiamo quello. Il cervello cosciente, cioè la corteccia cerebrale, insomma, distingue e filtra le emozioni, ma queste si sono mosse da parti profonde del nostro cervello e sono rimbalzate alla corteccia passando per il corpo. Sembra tutto un po’ macchinoso, ma in realtà è semplicissimo: gestione ghiandolare e limbica degli eventi, loro valutazione, proiezione su varie parti del corpo e infine presa di coscienza, quando c’è, del tutto da parte della corteccia e del cosiddetto nostro io.
È molto interessante quindi che qualcuno abbia tentato di «mappare» le nostre emozioni in regioni specifiche del nostro corpo, dandoci così la cartografia dell’inganno o, meglio, dell’incanto del nostro sentire più profondo. Invidia in volto, rabbia su petto pugni e viso, amore un po’ dappertutto e nostalgia che ai naviganti intenerisce il core. Si potrebbe dire che noi siamo il supporto delle nostre emozioni, oppure il telaio dove quelle si tessono. Nessuno dopo queste notizie smetterà di provare emozioni; anzi le sentirà con più consapevolezza, quindi con più pienezza, come si addice a tutte le scoperte scientifiche.
La scienza non spoetizza il mondo; piuttosto lo rende sempre più interessante e sempre più nostro. Perché noi siamo qui a fare il commento del mondo. Con i racconti mitologici, con le poesie, con l’arte e la musica, ma anche, soprattutto oggi, con la scienza. Nel mondo noi viviamo e quello vive in noi, con concetti, parole e leggeri palpiti. A volte i palpiti non sono troppo leggeri, e noi soffriamo; ma sempre commentiamo e rappresentiamo.
Anche con il nostro corpo, come Quiqueg, l’indigeno dell’inizio di Moby Dick.

Corriere della sera, 31 dicembre 2013

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