Nel 1897 Oscar Wilde uscì di prigione di Reading, ove era stato rinchiuso per la sua scandalosa omosessualità. Dopo un soggiorno francese si trasferì a Napoli con il suo giovane amico Douglas, ma si sentiva circondato dalla generale ostilità per questa convivenza. E’ il tempo, durissimo, che prelude alla morte dell’autore di Dorian Gray. Ecco un brano della lettera indirizzata all’editore Leonard Smithers il 28 novembre. L’ho tratta da Verso il sole, un libretto di Renato Miracco edito nel 1981 da Colonnese che rievoca l’infelice permanenza partenopea dello scrittore. (S.L.L)
Spero che tu voglia fondare una Società per la Difesa delle Persone Oppresse. Ai nostri giorni c’è un grosso sodalizio europeo diretto da selvaggi e da avvocati contro di noi.
E’ veramente ridicolo che, dopo che la mia intera vita è stata rovinata dalla società, la gente intenda ancora esercitare la sua tirannia sociale su di me e cerchi di costringermi a vivere da solo, cioè nell’unica condizione in cui io non posso vivere.
Non credevo che alla mia liberazione mia moglie, i miei amministratori, i miei pochi amici (perché sono pochi) e la miriade dei miei nemici si sarebbero uniti per costringermi con la fame a tornare a vivere nel silenzio e nella solitudine.
E’ stato proposto di lasciarmi morire di fame o di gettare il mio cervello in un pisciatoio pubblico a Napoli.
Le persone morali, come vengono chiamate, sono bestie. Vorrei avere cinquanta vizi innaturali piuttosto che una virtù.
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