Gualtiero Marchesi, il grande chef, negli anni Ottanta tenne una rubrica su “L’Europeo”. Era la rivalsa del buon senso, della creatività del buon senso contro i “nuovismi” alla Galt e Millau, che da “L’Espresso” avevano propagato come un’infezione la “nouvelle cuisine”, quella che, dopo averti stupefatto, lasciava regolarmente inappagato ogni tuo appetito. Marchesi non forniva ricette, solo consigli sui fondamentali: la scelta degli ingredienti, il trattamento, le tipologie di cottura, i piccoli segreti. Esemplare del suo modo di condurre la rubrica intitolata “Oltre il fornello” può essere questa puntata dedicata all’uovo sodo (il ritaglio è senza data). Quando si finisce di leggere, ci si chiede: “Tutto qui?”.
L’uovo di Marchesi come l’uovo di Colombo. (S.L.L.)
L’uovo di Marchesi come l’uovo di Colombo. (S.L.L.)
Come si preparano le uova sode? Il procedimento di solito adottato consiste nel farle bollire. tuttavia la temperatura elevata a cui è sottoposto l’uovo durante la cottura provoca nel tuorlo una trasformazione chimica responsabile dell’odore sgradevole che esso presenta alla fine, colorandosi di poco invitanti sfumature verdognole. L’uovo sodo risulta così di difficile digeribilità e se la cottura è protratta in eccesso diviene addirittura tossico.
Eppure esiste un metodo semplicissimo che consente di rassodare le uova evitando tutti questi inconvenienti: le uova vanno messe in una casseruola riempita d’acqua per che le ricopra di almeno quattro dita. Una volta che il liquido abbia raggiunto la piena ebollizione, si allontana dal fuoco: le uova risultano a questo punto à la coque.
Lasciandole invece immerse nella casseruola (coperta), finché l’acqua non si sia completamente raffreddata, il calore avrà il tempo necessario per penetrare progressivamente al loro interno, rassodando l’albume senza alterarne l’originaria fragranza. L’uovo sodo così preparato presenta il tuorlo di un bel colore acceso, risulta gradevole all’olfatto e perfettamente digeribile.
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