1.11.11

Morti sul lavoro. L'internazionalismo proletario del padronato italiano (S.L.L.)

I compagni dell’Unione Sindacale di base mi girano da un blog indipendente sugli infortuni per lavoro un post sui morti non italiani ( http://cadutisullavoro.blogspot.com/2011/10/stranieri-morti-in-italia-per-infortuni.html ). Si tratta di un grafico abbastanza semplice, che qui riproduco, cui sono aggiunte alcune considerazioni di Carlo Soricelli, uno dei curatori del blog.
Dal grafico emerge che il totale dei morti è 549 e che di 34 di essi non si conosce la nazionalità. Dei 515 restanti i non italiani sono 57, l’11%. La percentuale – secondo Soricelli – sale al 15 per cento se si guarda solo all’industria e ai servizi, visto che gl’incidenti mortali in agricoltura (il 33 per cento del totale) riguardano quasi sempre pensionati italiani.
Perché un numero così alto? Gli stranieri eseguono i lavori più faticosi e pericolosi e sono più spesso degli altri precari e privi di tutele sindacali.
A detta di Soricelli questa condizione di svantaggio degli stranieri potrebbe essere presto colmata. Tra l’articolo 8 dell’ultima manovra e le “promesse” all’Europa della famigerata lettera, provvedimenti molto apprezzati da Confindustria e dalle altre organizzazioni padronali, la condizione di sicurezza dei lavoratori peggiorerà dappertutto e si attenueranno fino a scomparire le attuali distinzioni.
Come dire che l’“internazionalismo proletario”, un tempo bandiera della classe operaia, diventa ora prassi del padronato italiano. Il probabile aumento degli infortuni mortali (in realtà degli omicidi), infatti, colpirà tutti i lavoratori, tutti i proletari senza distinzione di razza, nazionalità, lingua o religione. (S.L.L.)

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