9.4.13

Rifiuti spaziali (di Giorgia Fletcher)

Dalla rubrica “terraterra” del “manifesto” riprendo questa bella nota sui cosiddetti “rifiuti spaziali” che risale, all’incirca, a un anno e mezzo fa. Per quel che ho potuto appurare in rete la situazione non è migliorata. (S.L.L.)
La quantità di rifiuti alla deriva è ormai fuori controllo: «Abbiamo perso il controllo dell'ambiente», commenta (alla Bbc) Donald Kessler, lo scienziato che ha diretto un gruppo di ricerca del National Research Council degli Stati uniti. Il rapporto di questo gruppo di scienziati è l'ultimo allarme sui rifiuti spaziali - nel senso proprio del termine: oggetti di scarto in orbita intorno alla terra. Kessler e colleghi avvertono che siamo arrivati a un punto di soglia: la quantità di space junk, spazzatura nelle basse orbite terrestri, è ormai tale da rappresentare un pericolo. Il rischio che uno di questi rifiuti orbitanti si scontri con un satellite, o con una stazione spaziale, è ormai molto alto (in giugno dei frammenti hanno mancato per poco la International Space Station: i sei astronauti a bordo si erano già precipitati nelle loro capsule per una evacuazione forzata verso la Terra).
Non è la prima volta che sentiamo parlare di spazzatura spaziale. I rifiuti orbitanti si sono accumulati in mezzo secolo di attività umane nello spazio: pezzi rilasciati da vecchi razzi vettori a più stadi, satelliti in disuso, rottami vari. Oggi oltre 22mila pezzi sono monitorati di continuo, ma sono solo i più grandi e visibili. Si stima che circa mezzo milione di altri frammenti larghi tra 1 e 10 centimetri sia lassù in orbita, e milioni di frammenti più piccoli del centimetro. E' roba che si muove a parecchi chilometri per secondo, velocità sufficiente perché anche piccoli frammenti diventino pericolosi proiettili, se da esempio colpiscono una stazione spaziale (la International Space Station circola a poco più di 28mila chilometri l'ora).
Il fatto è che anche i satelliti sono sempre più numerosi: negli ultimi 10 anni ne sono stati lanciati in media 76 all'anno e nel prossimo decennio potrebbero raddoppiare (un'analisi europea sulle prospettive dell'industria spaziale stima che circa 1.145 satelliti saranno costruiti tra il 2011 e il 2020, per lo più per le telecomunicazioni). Dunque più recenti linee guida internazionali per l'industria spaziale raccomandano di assicurare che ogni satellite abbia abbastanza propellente, alla fine della sua vita "utile", da essere spinto in un'orbita diversa (chiamata orbita «cimitero»). E che le fasi dei razzi non portino depositi di carburante in modo che non esplodano (creando ulteriori frammenti che restano in orbita). Lo scopo sarebbe che ogni oggetto mandato nelle basse orbite terrestri ne sia rimosso nel giro di 25 anni dal lancio. Ma la quantità di rifiuti già accumulata resta alta. Anzi, dice il rapporto diffuso qualche giorno fa, due eventi negli ultimi anni hanno vanificato gli sforzi fatti finora per ripulire le orbite. Uno è stato nel 2007: la Cina ha deliberatamente distrutto un suo satellite dismesso per sperimentare un suo missile anti-satellite. Il test è riuscito, il satellite distrutto: ovvero rotto in oltre 300mila oggetti visibili alle apparecchiature di monitoraggio da Terra, e 150 mila frammenti e rottami più grandi del centimetro. Un paio d'anni dopo si sono scontrati due satelliti, uno defunto e uno attivo - il Cosmos 2251 e l'Iridium 33: involontario, ma anche questo evento ha creato grandi quantità di spazzatura. Secondo la ricerca diffusa giorni fa, questi due eventi hanno «raddoppiato la quantità di frammenti nell'orbita terrestre, vanificando 25 anni di sforzi», spiega Kessler. Lo studio non suggerisce come ovviare al problema: anche perché rimanda a un precedente studio del Pentagono, che già illustra diverse tecnologie possibili: arpioni spaziali, reti magnetiche, un dispositivo a forma di ombrelli: sistemi per spedire i rottami verso la Terra (a bruciare nell'impatto con l'atmosfera), o più lontano. Spazzini spaziali.

“il manifesto”, 7 settembre 2011

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