Domenica 20 giugno si risposa Sergio Cofferati. Abbiamo appreso dal Secolo XIX che a maritare con lui Daniela Rocca sarà Walter Weltroni, a Genova, nella settecentesca Villa Serra di Comago, sulle alture di Bolzaneto. Non so a che titolo celebrerà: prete non è ancora, sindaco non più.
Sul Walter un facile gioco di parole spingerebbe ad assimilarlo ai cialtroni. E la battuta greve sarebbe autorizzata dalla facilità con cui fa pubbliche promesse e se le rimangia. Quando fu eletto sindaco di Roma, disse : “Fare il sindaco della mia città è l’ultima cosa che fo ‘da politico’, poi parto per l’Africa a dare una mano”. In Africa sono forse contenti che non l’abbia fatto, perché avrebbe procurato solo danni; in Italia, credo, lo siamo un po’ meno.
Sergio non giunse a tanto. Finito il primo mandato di sindaco a Bologna, disse: “Basta con la politica, voglio dedicarmi alla famiglia”. Poi gli offrirono un posto di europarlamentare, strapagatissimo, e seguì il motto di Oscar Wilde: “Se c’è una cosa cui non so resistere sono le tentazioni”.
Dato il suo antico mestiere di sindacalista e la sua strenua lotta per la difesa dell’articolo 18, Cofferati è stato intervistato sul diktat padronale di Pomigliano d’Arco, sull’accordo separato della Fiat con Cisl e Uil, sull’isolamento della Fiom, sul cosiddetto referendum che si farà tra i lavoratori in cui l’alternativa è “Sì o Licenziamento”. Da un bel po’ non mi è più simpatico, ma questa volta mi pare che dica cose sensate, specie se confrontate con quelle di suoi compagni di partito (vedi http://www.cnrmedia.com/notizia/newsid/11027/fiat-cofferati-a-pomigliano-nasce-il-lavoro-povero.aspx). Dice che “in quell'accordo sono presenti violazioni dei diritti delle persone che lavorano, addirittura violazioni dei diritti costituzionali come quello della possibilità di utilizzare lo sciopero”, chiede di “non lasciare le organizzazioni che si oppongono e le rappresentanze sindacali e aziendali, come la Fiom, da sole perché i loro argomenti sono fondati”. Non si esime da qualche cialtroneria (es. sul referendum “i lavoratori decideranno liberamente come hanno sempre fatto”), ma almeno aggiunge : “È un errore fare pronunciare i lavoratori su norme che violano la Costituzione, perché la lesione sul diritto di sciopero è del tutto evidente. È singolare che chi ha sempre osteggiato il referendum come strumento risolutivo nell'approvare gli accordi sindacali oggi lo proponga per un'intesa separata”. In un’altra intervista, a “la Repubblica”, aggiunge senza mezzi termini: "Penso che la Fiom abbia fatto bene a non firmare: non ho alcun dubbio. Ci sono cose che non si possono assolutamente condividere se si ha cuore il destino del sindacato, la qualità e la dignità del lavoro delle persone".
Veltroni, invece, s’è scatenato. Ha detto ieri al "Corriere della sera": “Questo accordo mi sembra inevitabile: è molto duro, però non avviene sotto un ricatto, bensì a causa di una condizione obiettiva che è figlia della nostra globalizzazione diseguale”. E poi, in forma obliqua: “Bisogna mettere sul piatto della bilancia le due alternative: o si rinuncia come Paese a 700 milioni di investimenti e a 15 mila posti di lavoro nel Mezzogiorno, oppure ci si confronta con una sfida, sicuramente difficile dal punto di vista delle relazioni sindacali, e si cerca di trovare il punto più alto di equilibrio tra le esigenze dell' azienda e i diritti dei lavoratori, il primo dei quali è diritto di sciopero”. Sarà che l’hanno assegnato alla commissione antimafia, ma il Walter parla da mafioso, non dice, ma allude, fa capire che il diritto allo sciopero, il diritto alla salute, diritti costituzionali possono essere sacrificati sull’altare di “un'azienda che ha comprato Chrysler, un'azienda in sviluppo che ha investito in Italia molti milioni di euro, uno dei pochi pezzi d'Italia che invece di essere acquistata, acquista e vuole passare, in cinque anni, da 700.000 a 1.600.000 auto prodotte nel nostro Paese”.
Ed Epifani? Epifani un po’ cialtroneggia anche lui: "La Fiat ha sbagliato con l’accordo separato, la Fiom ha sbagliato con la sua originaria indisponibilità sui turni". Aggiunge che “il referendum è democratico” e che ci sono due anni per mettersi d’accordo. Insomma, di fronte ad un attacco pesantissimo ai diritti costituzionali, l’omino che guida la Cgil tace e pretende di fare il mediatore. Come Veltroni, peggio di Veltroni.
1 commento:
Io non capisco perché nel mondo del lavoro non vengano fatte scelte improntate a maggiore fermezza. Si vuole salvare il salvabile a livello di posti di lavoro o l'apparato che ruota intorno ai lavoratori?
Da quando, penso fosse il '93, la
"concertazione" aprì la strada alla scelta di una linea morbida, agli accordi decisi attribuendo la priorità agli interessi del Paese, come è cambiata la condizione dei lavoratori? Dall'abolizione della scala mobile fino alla famigerata legge Biagi per arrivare dove? Tutto un sistema di garanzie, frutto di scioperi e battaglie sindacali, è stato scardinato, favorendo le imprese.
Sfacciatamente! In cambio di cosa?
Promesse non mantenute?
Mi lascia dubbiosa anche l'assegnazione a ex sindacalisti di poltrone prestigiose nei Consigli di amministrazione delle imprese, al Parlamento europeo, nei Consigli regionali...
Come mai tanta riconoscenza?
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