21.12.10

Che fine ha fatto il Kosovo.

Vi ricordate il Kosovo? I bombardamenti di Belgrado? Il D’Alema che mise l’elmetto? La Nato, allora, scelse come interlocutore nella regione contesa l’Uck, l’ala militarista e oltranzista dell’indipendentismo kosovaro, contro i moderati e non-violenti alla Ibrahim Rugova. Oggi, al vertice del Kosovo, che ha nel 2008 proclamato la sua indipendenza con molti riconoscimenti occidentali, c’è come primo ministro uno dei capi dell’Uck, diventato leader del Pdk (Partito democratico del Kosovo). Il suo partito è primo nelle recenti elezioni parlamentari senza la maggioranza assoluta che si aspettava ed era alle prese con la difficile formazione del nuovo governo quando un organico dossier del Consiglio d’Europa ha prodotto un documentato dossier di accusa contro gran parte del vertice dell’antico esercito di liberazione Uck, incluso Thaci. Avrebbero agito come un’organizzazione mafiosa, dedita ad ogni tipo di traffico illecito, compreso quello di organi umani. Su quanto accade in Kosovo propongo qui di seguito due articoli tratti dalla rete. Il primo è di Matteo Tacconi, un giornalista free-lance esperto dei Balcani, tratto dal sito “Affari internazionali” racconta le dinamiche politiche nella regione dopo le elezioni e dopo lo scandalo. Un aggiornamento di ieri parla di un’alleanza già raggiunta tra Thaci e il partito personale dell’imprenditore Pacolli, ma la maggioranza non c’è ancoraIl secondo, dal sito “Swissinfo” è un’intervista a Carla Del Ponte, un tempo magistrato del Tribunale internazionale ed oggi ambasciatrice della Svizzera in Argentina, che aveva denunciato per prima in un suo libro il traffico di organi umani. (S. L. L.)

DOPO LE ELEZIONI.
Il Kosovo ostaggio del caso Thaci.
di Matteo Tacconi (“Affari internazionali”, 19 dicembre 2010)

In attesa che i reclami relativi a presunte frodi vengano verificati, le recenti elezioni parlamentari del Kosovo, le prime dalla dichiarazione di indipendenza del 17 febbraio 2008, permettono di trarre alcune indicazioni politiche. Sempre che lo scandalo che ha coinvolto il primo ministro Hashim Thaci dopo il voto non finisca per stravolgere completamente il quadro politico. Thaci è accusato dal Consiglio d’Europa di essere stato a capo di un’organizzazione mafiosa dedita all’epoca del conflitto del Kosovo a traffici d’ogni tipo, compreso quello di organi umani. Questi ultimi sarebbero stati espiantati da serbi e da albanesi non allineati con l’Esercito di liberazione del Kosovo (Uck), di cui Thaci era il capo politico.

Vittoria di Pirro
La prima indicazione è il risultato inferiore alle aspettative del partito di Thaci, il Partito democratico del Kosovo (Pdk), che si è confermato forza di maggioranza relativa con il 33,5% dei voti, ma è rimasto lontano dalla maggioranza assoluta a cui Thaci aveva puntato giocando la carta del voto anticipato.
La seconda è lo sdoganamento elettorale di Vetevendosje (Autodeterminazione), una forza antagonista guidata dall’ex leader studentesco Albin Kurti, che finora si è configurata esclusivamente come movimento di protesta . Vetevendosje ha ottenuto il 12,2%, accreditandosi come terzo schieramento del paese e come possibile ago della bilancia nelle trattative per la formazione del nuovo governo.
Il terzo elemento che ha caratterizzato le elezioni è la netta spaccatura all’interno della comunità serba. Nelle municipalità settentrionali, a maggioranza serba e contigue al territorio della madrepatria, il voto è stato boicottato. Nella municipalità centrale e in quelle meridionali i serbi si sono invece recati alle urne, il che può essere interpretato come una sia pur limitata apertura di credito verso le istituzioni democratiche kosovare. Nel complesso, l’affluenza alle urne è stata pari del 47%, segno della persistente e diffusa sfiducia nei confronti della classe dirigente.

Calcoli sbagliati
Per arrivare alle elezioni anticipate Hashim Thaci ha fatto cadere il governo formato dal Pdk e, in qualità di socio minoritario, dalla Lega democratica del Kosovo (Ldk). Formazione quest’ultima che dopo la morte della sua guida carismatica, Ibrahim Rugova, icona della lotta nonviolenta per l’autodeterminazione kosovara, ha sofferto una grave crisi identitaria.
È a settembre che Thaci ha deciso di forzare la situazione assestando un colpo basso alla Lega. Forte del suo controllo sulla Corte costituzionale, Thaci ha indotto gli alti togati ad emettere una sentenza di incompatibilità nei confronti di Fatmir Sejdiu, presidente della Repubblica e allo stesso tempo presidente dell’Ldk (la Costituzione del Kosovo vieta al capo dello Stato di avere un ruolo in un partito politico). Sejdiu è stato quindi costretto a lasciare la carica di capo dello Stato e ha ritirato la Lega dalla coalizione, aprendo la strada alle elezioni.
Visto che l’incompatibilità di Sejdiu era un problema noto a tutti, da più parti ci si è chiesti come mai sia emerso solo a settembre e perché sia stato Thaci a sollevarlo. La spiegazione risiede nella momentanea uscita di scena di Ramush Haradinaj, compagno d’armi di Thaci al tempo della guerra, capo dell’Alleanza per il futuro del Kosovo (Aak) e unico politico - secondo gli analisti - capace di competere con Thaci per carisma e presa sull’elettorato. In estate Haradinaj è stato arrestato e portato all’Aja, dove dovrà riaffrontare presso il tribunale per l’ex Jugoslavia una parte del processo per crimini di guerra dal quale era stato assolto in precedenza. La ripetizione del processo è dovuta alla mancata comparizione di alcuni testimoni causata, secondo la corte, dalle minacce esercitate nei loro confronti. Senza l’ostacolo Haradinaj e con una Ldk in crisi perenne, Thaci ha deciso di tentare il colpaccio.
Ma la spregiudicatezza della sua mossa non è evidentemente piaciuta ai kosovari, che lo hanno inchiodato a un risultato politicamente non risolutivo. Ciò è anche dipeso dalla prontezza con cui la Lega ha sostituito Sejdiu con il popolare sindaco di Pristina, Isa Mustafa, riconquistando credibilità. La Lega è così riuscita a conquistare il 23,6%, superando la prestazione del 2007 (22,6%) e ottenendo 27 deputati: due in più rispetto alla precedente tornata.

L’avanzata dei “movimentisti”
La grande sorpresa di questo voto è rappresentata dal successo di Vetevendosje. Il leader del gruppo Albin Kurti ha presentato agli elettori una piattaforma incentrata sulla denuncia della corruzione della classe politica, il rifiuto della presenza internazionale in Kosovo, suggestioni panalbanesi e una forte attenzione alle questioni sociali. Vetevendosje ha raccolto molti voti fra i giovani, ma anche nelle regioni rurali del Kosovo, tradizionale bacino elettorale di Thaci.
Non è chiaro se Vetevendosje continuerà anche in Parlamento a puntare sulla denuncia politico-sociale o se smusserà il profilo movimentista del suo partito adottando una strategia più costruttiva. Certo è che sia Thaci, sia Mustafa si daranno ora da fare per corteggiare Kurti e la sua pattuglia di 13 parlamentari.

Serbi del nord e del sud
Questo voto ha dimostrato come i serbi che vivono nella aree dove operano le “strutture parallele” di Belgrado (scuole, uffici pubblici, banche, moneta) insistano sull’opzione dell’apartheid autoimposto. Al contrario, chi vive a sud del fiume Ibar, linea di demarcazione tra Kosovo serbo e Kosovo albanese, sta cercando una qualche forma di dialogo e integrazione con la maggioranza etnica del paese. È una posizione indotta dalla necessità di spezzare almeno parzialmente l’isolamento sociale, economico e politico che la vita in enclave comporta. Ma l’affluenza al voto, che in alcune aree popolate dai serbi ha toccato addirittura il 50%, fa emergere anche una sfiducia crescente nei confronti della Serbia, percepita come distante e incapace di offrire assistenza e garanzie. Belgrado ha reagito con un certo fastidio alla partecipazione elettorale dei serbi del Kosovo centro-meridionale. Chi è andato a votare - ha sostenuto qualcuno nella capitale serba - è come se avesse legittimato le istituzioni centrali di Pristina.

Il futuro governo e la “bomba” Thaci
La gestazione del nuovo esecutivo sarà molto complessa. Sul tavolo ci sono diverse ipotesi, nessuna di facile realizzazione. L’idea di rinnovare la coalizione tra Pdk e Ldk è, al momento, da scartare, visti i gelidi rapporti tra gli ex alleati. Thaci potrebbe farsi promotore di una nuova maggioranza con Vetevendosje e con l’Aak di Haradinaj, che per il momento, tuttavia, hanno dichiarato di non volersi coalizzare con il Pdk. Un’alternativa per Thaci può essere rappresentata da una coalizione con la minoranza serba (20 seggi in tutto) e la Nuova alleanza del Kosovo del discusso imprenditore Behgjet Pacolli. Ma il problematico rapporto tra quest’ultimo e Thaci rende problematica anche questa ipotesi.
Pesa inoltre il recente scandalo che ha coinvolto Thaci, accusato dal Consiglio d’Europa di essere stato a capo di una cricca mafiosa dedita all’epoca del conflitto serbo-kosovaro a traffici d’ogni tipo. La commissione che ha lavorato all’inchiesta, presieduta dall’ex magistrato svizzero Dick Marty, è giunta alle stesse conclusioni dell’ex procuratore capo dell’Aja, Carla del Ponte, che nel suo libro di memorie aveva rievocato la questione degli espianti. Una vera e propria bomba, questa, che potrebbe incidere pesantemente sia sulla carriera politica di Thaci - che ha criticato duramente il rapporto Marty definendolo diffamatorio - sia sulla formazione del prossimo governo kosovaro. Nel quale la presenza del Pdk e di Thaci non è affatto assicurata. Potrebbe infatti nascere una maggioranza con a capo la Ldk. Una cosa è comunque certa: il nuovo esecutivo non godrà di grande stabilità.
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CRIMINALI DI GUERRA.
Intervista a Carla Del Ponte.
di Norma Domínguez (“Swissinfo”, 16 dicembre 2010)

Il rapporto del Consiglio d'Europa, secondo cui il premier del Kosovo, Hashim Thaci è stato a capo di una rete mafiosa di traffico di organi, rappresenta l'ora della rivincita per Carla Del Ponte. L'ex procuratrice capo del Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia (TPIJ) è soddisfatta.
"Sono le rivelazioni nel libro La caccia che hanno condotto a questa inchiesta", sottolinea l'attuale ambasciatrice svizzera a Buenos Aires, nella prima intervista, rilasciata in esclusiva a swissinfo.ch, dopo la divulgazione del contenuto del rapporto preliminare.
Quest'ultimo rivela che alla fine della guerra in Kosovo tra il 1998 e il 1999, l'Esercito di liberazione del Kosovo (UCK) ha gestito prigioni segrete in cui ha deportato e tenuto in condizioni disumane serbi arrestati in Albania, per poi farli sparire.
Secondo il documento redatto per il Consiglio d'Europa dal senatore liberale radicale ticinese Dick Marty, in questo traffico era coinvolto l'attuale primo ministro del Kosovo. Nel rapporto si afferma che Hashim Thaci, alla fine degli anni '90, era a capo di un'organizzazione mafiosa ed era coinvolto in un traffico di organi, in ordini di assassinii e in altri reati.

Un libro che ha indicato una via alla giustizia
La prima a lanciare l'allarme su questi crimini era stata l'ex procuratrice generale del TPIJ. Nel suo libro La caccia – Io e i criminali di guerra, Carla Del Ponte cita testimoni che denunciavano il presunto prelievo di organi di 300 serbi deportati dal Kosovo nel nord dell'Albania.
Nell'incontro con swissinfo.ch, mercoledì pomeriggio a Buenos Aires, l'ambasciatrice svizzera in Argentina, ha espresso un misto di sentimenti tra la preoccupazione e la soddisfazione di fronte all'arrivo imminente della "giustizia" per fatti aberranti.
"Nella primavera del 2008 ho attirato l'attenzione su racconti credibili fatti alla Procura del TPIJ circa sequestri e sparizioni di persone in Kosovo nel 1999, e su indizi che alcune vittime di tali rapimenti erano state uccise nell'ambito di un traffico organizzato per procurarsi e commerciare organi umani".
"Queste affermazioni indignate riportate nel mio libro di memorie, La caccia erano corroborate da indizi fisici credibili e verificabili, ottenuti durante una missione nel territorio della Repubblica d'Albania da investigatori del TPIJ e della Missione delle Nazioni Unite in Kosovo (UNMIK) in presenza di un pubblico ministero del governo dell'Albania", puntualizza Carla Del Ponte.
La diplomatica elvetica spiega di avere introdotto tali affermazioni nel suo libro proprio perché fosse avviata un'indagine seria su quella pista e, nel caso in cui i riscontri avessero provato le accuse, fosse promosso il perseguimento penale.

Quando le autorità non volevano ascoltare ...
"Questa indagine penale non poteva essere effettuata dal TPIJ, perché era fuori dalla sua giurisdizione. L'UNMIK e le autorità locali del Kosovo e della Repubblica di Albania sì, invece, avrebbero avuto la competenza di compiere questo sforzo", aggiunge Carla Del Ponte.
"So che sono i racconti citati in 'La caccia' che hanno condotto all'indagine da parte del Consiglio d'Europa, il cui rapporto, in forma preliminare, è stato pubblicato sul suo sito web martedì".
L'ex procuratrice capo è grata al Consiglio d'Europa di essersi incaricato di effettuare le indagini, nonostante le dichiarazioni di ex membri dello staff del TPIJ. "Quella del Consiglio d'Europa è stata l'unica inchiesta credibile mai intrapresa da un organo competente, locale o internazionale, su questa vicenda", afferma la Del Ponte.
"Sono scioccata e profondamente afflitta dai risultati presentati in questo rapporto preliminare e dal fatto che l'asporto di organi – vale a dire, l'uccisione intenzionale di prigionieri al preciso scopo di prelevare e vendere i loro organi per lucro - sia stato organizzato da membri di alto livello dell'UCK, comprese persone che oggi hanno alte cariche nel governo di quel paese", dice la magistrata.
L'ambasciatrice è "scossa" dalle rivelazione del rapporto, che sostiene che indizi raccolti durante la missione TPIJ-Missione europea di giustizia e polizia in Kosovo (EULEX) in Albania, insieme ad altre prove, sono stati distrutti per negligenza e senza che la Procura del TPIJ fosse messa al corrente e desse l'autorizzazione durante il suo mandato procuratrice generale.
"Le autorità del Kosovo e il governo e la giustizia della Repubblica di Albania non hanno effettuato alcuna verifica sulle dichiarazioni riportate nel mio libro. E ora hanno respinto le gravi accuse contenute nel rapporto del Consiglio d'Europa".

Che siano giudicati i criminali
"Perciò imploro l'Unione europea (UE), gli Stati Uniti, altri paesi interessati e l'ONU di fornire all'EULEX in Albania tutto il sostegno politico e materiale necessario per svolgere l'indagine penale e di perseguire tutte le persone sospettate di aver partecipato a questi crimini", lancia Carla Del Ponte.
"Inoltre, imploro tutti costoro di intensificare gli sforzi per sviluppare e implementare le capacità necessarie per l'applicazione della legge e lo sradicamento del traffico illecito di organi, in particolare il 'prelievo di organi' da esseri umani contro la loro volontà".
Secondo Carla Del Ponte, è chiaro che il mondo ha bisogno di un sistema migliore per fornire organi sani a malati che ne hanno bisogno per sopravvivere. "Ma la depravazione del traffico di organi umani, e il rifiuto della gente di credere che i criminali sono anche capaci di uccidere persone innocenti, al fine di estrarre i loro organi e venderli, riflette, forse, la reticenza della stampa e della giustizia di portare alla luce questi problemi e la riluttanza delle autorità responsabili di perseguirli".
"Facciamo sì che le accuse del Consiglio d'Europa si trasformino in un grido affinché la comunità internazionale faccia quello che serve per risolvere questo problema", conclude l'ambasciatrice svizzera.

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