4.8.15

Storia del Pci. 1986, Natta va da Raffaella e rivela: “Ho una chiesetta” (Beniamino Placido)

Un passaggio importante nella vicenda dell'ultimo Pci è rappresentato dalla partecipazione del Segretario del partito ad una trasmissione televisiva di intrattenimento leggero, cosa che né Togliatti né Berlinguer avevano mai fatto, anche se il secondo aveva ricevuto più di un invito. 
Di sicuro esagero e l'analisi va condotta con più precisione, evidenziando le sfumature, ma a me sembra che mai come in questo caso – per dirla con MacLuhan – “il mezzo fosse il messaggio”. L'utilizzazione di quello spazio televisivo da parte del leader comunista segnalava l'omologazione, la fine della “diversità” cara a Berlinguer. 
Se ne avvide e, con la grazia che lo caratterizzava, lo fece notare Beniamino Placido nel commento che qui è postato. Da leggere. (S.L.L.)  
Anche Natta. Anche lui. Anche il segretario del Pci è andato da Raffaella Carrà, ieri sera. Perché: che c'è di strano, che c'è di male?
Per carità: niente di male, niente di strano. "Buonasera Raffaella", che è andata in onda ieri sera, come ogni giovedì sera, su "Raiuno", è una normale trasmissione televisiva di intrattenimento: come tante altre. Anzi, più di tante altre.
Nella prima puntata, ha provveduto a santificare una unione irregolare fra due fidanzati che vivevano sotto il medesimo tetto pur senza essere sposati (ohibò!) unendoli nel sacro vincolo del matrimonio: "coram populo", in diretta. Ma nelle puntate successive ha fatto di più. E' passata dai sentimenti ai miracoli. Come quella volta che il ministro della Difesa Spadolini ha concesso il congedo illimitato a un soldato con moglie ammalata. Come quella volta che il ministro della Pubblica istruzione Franca Falcucci ha concesso la maestrina che ci voleva alla bambina delle isole Eolie. Come ieri sera, quando Raffaella ha ottenuto (o quasi) una costosissima, modernissima apparecchiatura per intervenire sul cuore di un bambino ricoverato presso l' ospedale di Bergamo.
Naturalmente non abbiamo nulla contro i miracoli. Anche perché non sono di nostra competenza. Però persone degne di fede ci hanno assicurato che i miracoli non confermano la Fede: la insidiano. Dio non è un prestigiatore. Tanto è vero - lo sappiamo tutti - che Gesù, insidiato dal diavolo nel deserto, si rifiutò di trasformare le pietre in pane (Luca IV: 1-13). Allo stesso modo, lasciateci dire che questi miracoli burocratici fatti "in diretta" non rafforzano la democrazia. La democrazia essendo quel sistema di governo in cui le cose alle quali si ha diritto - dal congedo illimitato alla maestrina patentata all' efficienza ospedaliera - dovrebbero essere ottenute non per grazia (televisiva) ma per giustizia.
"Buonasera Raffaella" è una trasmissione popolar-taumaturgica, dove la semplice imposizione delle mani di Raffaella opera il miracolo. Cosa ci è andato a fare l'onorevole Natta ieri sera? Oltretutto egli è il capo di un partito di opposizione. Non ha il potere, non è al governo. Lui, i miracoli non li può fare. Eppure ieri sera ci è andato, perché? Ci è andato - perbacco - per far vedere che i miracoli li sa fare anche lui.
Si è fatto dire da Raffaella che è un bell'uomo ("grazie: e lei è così brava"). Si è fatto rammentare da Raffaella che lui è di Oneglia, come Edmondo De Amicis, autore del libro Cuore. Libro che lui riscriverebbe oggi ma con l'occhio (e il cuore, si è capito) rivolto soprattutto ai giovani (ma chi l'avrebbe detto?). Si è fatto chiedere da Raffaella: come sono gli italiani? "Sono buoni, sono generosi" (altroché: "anema e core"). Si è fatto domandare, infine, se è vero che possiede una chiesetta e che la darebbe volentieri purchè ci fosse un sacerdote disposto ad officiarvi. E' vero! Quindi è partito il pubblico appello, televisivo, in diretta (se non è un miracolo questo: "c'è una casetta, amor, nascosta in mezzo ai fior").
Insomma, abbiamo capito: l'onorevole Natta è andato da Raffaella mosso dal vecchio desiderio del Pci di dimostrare di essere "come tutti gli altri". Perché non andare da Raffaella? Così fan tutte. Così fan tutti. Facciamo così anche noi. Dimostriamo che anche noi comunisti siamo buoni e generosi. Abbiamo un cuore. Anzi il Cuore di De Amicis. Forse non un cuore e una capanna (il problema casa è ancora aperto) ma un cuore e una chiesetta, sì. Non c'è dubbio che in questo modo i comunisti riusciranno benissimo a dimostrare di essere buoni e generosi "come tutti gli altri". In fondo è da quarant'anni che ci provano. E molto spesso ci sono riusciti. Anche troppo. Ma è proprio quello che da loro - e di loro - non vorremmo. Noi li vorremmo un po' "diversi". Un po' cattivi. Meno concilianti. Meno accomodanti. Politicamente e culturalmente più incisivi.

“la Repubblica”, 10 gennaio 1986  

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