13.8.15

Antoine di Saint-Exupéry (Donatella Brindisi)

Antoine di Saint-Exupéry sul suo F5 (1944)
Il 31 luglio 1944 scompariva l’aereo su cui volava Antoine de Saint-Exupéry, decollato dalla Corsica per una ricognizione in solitaria verso l’est della Francia. Era una mattina di sole e la guerra non era ancora finita. A lungo la morte del celebre scrittore francese è stata avvolta dal mistero e probabilmente la verità continuerà a sfuggirci, sebbene in seguito al recente ritrovamento di alcuni resti del suo F-5 nel mar Tirreno sia giunta anche la tardiva (e non troppo attendibile) confessione di un ex pilota della Luftwaffe (che nel 2008 ha dichiarato di averlo deliberatamente abbattuto). Molti sostengono ancora l’ipotesi dell’incidente, alcuni quella del suicidio, altri preferiscono immaginare che l’impavido e malinconico scrittore sia scomparso tra le stelle come il protagonista del suo racconto più celebre, quel Piccolo Principe che, tradotto in oltre 250 lingue, continua a essere uno dei libri più letti (e a vendere circa 2 milioni di copie l’anno). Tra le varie iniziative editoriali che celebrano la doppia ricorrenza dei 70 anni dalla scomparsa di Saint-Exupéry e dell’apparizione del Piccolo Principe (la cui prima edizione fu pubblicata a New York nel 1943) spicca Il Pilota e il Piccolo Principe (traduzione di Michele Orti Manara, Adelphi, 2014), emozionante e poetica graphic biography che il pluripremiato scrittore e illustratore Peter Sis dedica all’avventurosa vita di Saint-Exupéry.
Con tratto sontuoso e raffinato, alternando maestose e visionarie illustrazioni a doppia pagina a pagine fitte di immagini, dettagli, aneddoti e minuziose descrizioni che si arrampicano intorno a carnei di familiari, amici e compagni di volo, Peter Sis racconta la storia della passione divorante a cui Saint-Exupéry consacrerà l’intera esistenza: volare.
Antoine nasce a Lione nel 1900. Siamo ai primordi della storia dell’aviazione, ma nel cielo sulla tenuta di famiglia già si vedono volteggiare i primi aerei. Il bimbo ne resta talmente affascinato da trascorrere buona parte delle giornate costruendo fallimentari macchine volanti fino a quando a 12 anni, nel vicino campo di aviazione di Ambérieu-en-Bugey, riesce a convincere un pilota a portarlo con sé su un Berthaud-Wroblewski per un breve volo. Da allora Antoine non penserà ad altro che a tornare lassù, ma da pilota. Tra alterne vicende riesce a realizzare il suo sogno nel 1926, quando è assunto dalla prima compagnia postale aerea per la quale volerà dapprima in Francia e, in seguito, aprirà nuove rotte verso la Spagna e il Nord Africa (Antoine ricorda gli anni di stanza nel deserto marocchino come i più felici) e infine in Sud America, dove conosce Consuelo, artista salvadoregna e sua futura moglie. Lo spericolato spirito da pionieri del cielo non salva sempre Antoine e i suoi compagni da incidenti, a volte anche gravissimi (tutti i suoi più cari amici aviatori moriranno in volo). Eppure, anche reduce dalle più dolorose convalescenze, Saint-Exupéry torna sempre a volare, con determinazione e caparbietà. L’unico potente arresto al suo entusiasmo è determinato dallo scoppio della guerra: per un breve periodo presta servizio nell'aviazione militare, ma quando la Francia si arrende all’occupazione nazista, non riesce ad accettare di vivere in un paese non più libero e decide di trasferirsi in volontario esilio a New York. Sono i suoi anni più difficili, in preda alla nostalgia, all’ansia e alla solitudine. Ed è in questa drammatica situazione di quasi cattività che un giorno, acquistata una confezione di acquerelli, Saint-Exupéry (all’epoca già noto come scrittore di racconti ispirati alle proprie avventure aeree) comincerà a disegnare la storia del piccolo viaggiatore interstellare giunto da un asteroide lontano per scoprire il significato dell’amore e dell’amicizia. Proprio mentre il Piccolo Principe viene pubblicato a New York, il suo autore riesce a tornare in Europa insieme all’esercito alleato americano e a riprendere i voli in quel cielo in cui verrà avvistato l’ultima volta nell’assolata mattina del 31 luglio 1944. E su quest’ultimo volo si chiude il suggestivo e coinvolgente racconto di Peter Sis, anch’egli scrittore e illustratore approdato a New York nel 1982 in fuga dal proprio paese natale (la Cecoslovacchia isolata dalla Cortina di Ferro), particolare che forse spiega ancor di più la natura commossa e sincera di questo evocativo omaggio illustrato con cui Sis è magistralmente riuscito a mostrarci un po’ di quell’essenziale di norma invisibile agli occhi.

"pagina 99 we", sabato 12 luglio, 2014



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