17.8.15

La poesia del lunedì. Roberto Roversi (Bologna 1923 - 2012)

Roberto Roversi
Il brano che segue, talora antologizzato come “frammento su Corbari”, è parte del poemetto Tedesco imperatore, nella raccolta Dopo Campoformido (1965). Dell'epopea del partigiano romagnolo dal coraggio proverbiale si parla nella prima parte, della seconda sono scenario le Langhe, in Piemonte, nel pieno della vittoriosa Resistenza, nella terza il tempo è quello della Liberazione, del faticoso inizio della nuova Italia. Ho tratto la poesia da I poeti del Novecento di Franco Fortini, Letteratura Italiana Laterza, 1977. (S.L.L.)
Il partigiano romagnolo  Sirio Corbari detto Silvio
fucilato in piazza a Castrocaro Terme il 18/8/1944

Nelle luride stalle di Romagna
il nome1 è bisbigliato, una candela
brucia intanto le foglie del dolore.
Trasformato in vecchietto questuò
sul sagrato, ridendo
al nemico in agguato
e lo infuriò, poi,
terribilmente vivo.
Era un ragazzo dall’ala lucente.
Solo, o con pochi, rapidi
disfarono il nemico sul ponte,
prima con scherno poi con rabbia e fuoco:
liberi nell’arena
lo colpirono alla fronte.
Per lui era viva la Romagna.
Questo giuoco di morte e vino
iniziò sui tavoli della sua terra,
calpestata da chiodi e da giovani fosse;
era lui il pellegrino
che guarda la divisa del nemico
nera contro la torre del Comune
e lento vuota un bicchiere di vino.
Per prati e campi verso Modigliana
intorno è tutto un cimitero.
Gli uomini sono sepolti nella spagna.

Passano i tedeschi nelle Langhe,
strisciano i piedi sull’asfalto.
Stridono ruote, battono i fucili
contro gli elmetti vuoti, per la strada
di campagna, dinanzi all’osteria
sporca di mosche, ancora insanguinata
per la morte di una donna fulminata
con bicicletta e pane
accartocciato, l’insalata, il sale,
da un colpo di pistola.
Un cavallo al galoppo, ombre, voci
correnti lungo l’argine, per le sponde
mescolate di fango e erba nuova.
Poi al mattino le Langhe sono azzurre
nell’abbraccio delle Alpi deserte.

Carri armati posano
sotto gli alberi, i negri
ridono, stendono le mani,
la gente nelle vie,
tutte le finestre al sole.
Giorno sacro d’aprile. Alti vocianti
feroci uomini nuovi.
«È finita la guerra», questo
il popolo grida; gli anni si frantumano,
un mondo nuovo affiora ribollendo
dalla schiuma aspra del dolore.
La piazza di calce, bianca nell’aria d’aprile,
tacque; un uomo2 apparve sul palco,
parlò poche parole aprendo
la nuova storia.

1 - “Silvio Corbari, partigiano romagnolo, preso e impiccato in piazza nell'agosto 1944. In Romagna, per definire un eroismo, si dice adesso: come ai tempi di Corbari” (Nota dell'Autore)
2 - “Ferruccio Parri, nel mattino di maggio del 1945” (Nota dell'Autore)

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