Era il 5 giugno 1944. Gli alleati erano appena entrati a Roma. Gran parte della città si sposta verso piazza San Pietro per sentire la parola del Papa, vescovo dell’Urbe. E’ in questo contesto che Ugo Pirro, in Celluloide, il libro che ricostruisce la genesi di Roma città aperta, inserisce l’aneddoto che segue che ha come protagonisti Totò e Cesare Zavattini. Zavattini aveva in precedenza contribuito alla sceneggiatura di un film con Totò (San Giovanni Decollato), poi – a mia memoria – per il “principe” avrebbe sceneggiato solo un episodio de L’oro di Napoli, quello del “pazzariello”. (S.L.L.)
Zavattini all’improvviso si trovò davanti a Totò: lo riconobbe subito, benché fosse travestito da principe de Curtis. Da anni pensava a un film che averbbe dovuto avere per protagonista Totò.
“Scusi, principe, se in questo momento le dicessero ‘fra un’ora devono iniziare le riprese del film, scelga lei il personaggio… il soggetto… Tutto!’…”.
Totò sorrise come se fosse su palcoscenico.
“Oh bella!... Sa che le dico, signor Zavattini? Non lo so… Anzi lo sapevo fino a ieri, oggi no… E lei che film farebbe, dica, con me?”.
Zavattini guardò in aria come a controllare se il cielo fosse al suo posto, controllò che nessuno lo spiasse, si avvicinò all’orecchio di Totò e sussurrò:
“Glielo dico in un orecchio… Io le farei fare il papa!”.
“Oh bella!... Il papa?!”.
“Il papa, principe…”.
Totò agitò il mento agitato da un altro pensiero.
“Scusi, Zavattini… siamo finalmente in democrazia… non mi chiami principe, non è il caso… mi chiami semplicemente ‘altezza’…”.
Ugo Pirro, Celluloide, Einaudi 1995
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