Gomez e, più di recente, Travaglio hanno dedicato parole scritte e parlate al monumento sepolcrale che Silvio Berlusconi s’è fatto costruire già da vivo. Non si tratta di cosa recente, in qualche modo connessa, all’apparente declino politico del Cavaliere, ma di cosa che addirittura precede la sua famigerata “discesa in campo”.
Su una “talpa” del “manifesto” risalente al 1° novembre 1990 e dedicata al mercato “funerario”, un articolo di Bruno Gorni è dedicato alle sepolture dei ricchi da Falk a Motta, a Pirelli, in importanti cimiteri monumentali, soprattutto quello di Milano. Lì, come ha scritto Dino Buzzati in un succoso racconto del 1966, Wick end, si trovano “i potenti, i temuti, i leggendari gli infaticabili che tutte le mattine dell’anno alle sette precise davano l’esempio”; si trovano “nel giro di poche centinaia di metri quadrati … tutti i bisnonni i nonni i padri del boom”.
Berlusconi non ci sarà – almeno così spera – ha fatto costruire per sé e per pochi intimi amici un “mausoleo” nella Villa San Martino, ad Arcore. Sul “Panorama” 1216 del sei agosto 1989 apparve una definizione “luogo di pensieri di vita, non un monumento di morte”.
Del progetto è autore un pittore post-impressionista, Pietro Cascella, specializzato in immagini di Portofino e vedute campestri in cui poteva trasfondere il suo vivido senso del colore e nel frattempo defunto (2008). Da autore del “memorial” lo ha definito “grandioso, indubbiamente impressionante, maestoso e massiccio”, spiegando che “celebra al tempo stesso l’aldilà e la vita” e che “sprigiona un effetto di leggerezza grazie al colore della venatura di questo marmo delle Alpi Apuane, nonostante ne siano state impiegate ben centottanta tonnellate”.
Del progetto è autore un pittore post-impressionista, Pietro Cascella, specializzato in immagini di Portofino e vedute campestri in cui poteva trasfondere il suo vivido senso del colore e nel frattempo defunto (2008). Da autore del “memorial” lo ha definito “grandioso, indubbiamente impressionante, maestoso e massiccio”, spiegando che “celebra al tempo stesso l’aldilà e la vita” e che “sprigiona un effetto di leggerezza grazie al colore della venatura di questo marmo delle Alpi Apuane, nonostante ne siano state impiegate ben centottanta tonnellate”.
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