Senza firma “La Stampa” di venerdì 7 settembre 1951 (era ancora, e sarebbe rimasta per qualche tempo, “La Nuova Stampa”, il nome assunto dopo la Liberazione per segnalare la rottura con il passato fascista) dà notizia della traslazione delle spoglie di Guido Gozzano dal cimitero di Agliè alla Chiesa di San Gaudenzio. Segue una cronaca commentata della cerimonia, firmata fr.ant., vale a dire Franco Antonicelli. E’ una bella pagina di giornalismo letterario. Riporto qui, l’uno di seguito all’altro come nel giornale, i due “pezzi” per la gioia degli appassionati. (S.L.L.)
CI SONO PUR SEMPRE LE ROSE
Gozzano da ieri riposa
nella chiesa di S. Gaudenzio
Ivrea, 6 settembre.
Dal loculo del cimitero di Agliè, ov'erano stati collocati 35 anni or sono, i resti di Guido Gozzano, sono stati stamane traslati nella tomba del senatore Mautino, nonno materno del poeta nella vicina chiesa di San Gaudenzio.
Al rito officiato dal clero locale, hanno presenziato il fratello Renato con i familiari, il sindaco di Agliè, un piccolo gruppo di amici di Guido, tra i quali Franco Antonicelli. Sulla tomba è stata murata una lapide che verrà benedetta nel pomeriggio di domenica 16 settembre, alla presenza del ministro della Pubblica Istruzione on. Segni, che parteciperà alle cerimonie rievocative del Poeta in occasione del 35° anniversario della morte. Nella sala di Arduino del castello ducale, Salvator Gotta parlerà del poeta; Emma Gramatica e Ruggero Ruggeri diranno alcune poesie. Il prof. Carlo Calcaterra che rievocherà Guido Gozzano a Torino, al Carignano, ha dettato l'iscrizione che è stata scolpita sulla lapide. Essa dice: « Ha qui pace — Guido Gozzano — che nel suo Canavese — ha trovato la via del rifugio — e nei colloqui con gli uomini — salì purificato a Dio ».
LA TRASLAZIONE
Ieri i resti mortali di Guido Gozzano (ancora intatti, dicono) han lasciato la loro celletta nel cimitero di Agliè e sono stati collocati nella chiesa attigua di San Gaudenzio, nella cappella di quelli che furono 1 suoi avi materni, a fianco del nonno, il senatore Mautino, l'amico del Farini e di Massimo d'Azeglio. Era una giornata velatissima e inerte, ma spiritualmente serena, di questo profumato settembre canavesano, e quel trasporto, attraverso un viottolo campestre, non aveva nulla dì funereo e nemmeno di triste. Intanto sono passati trentacinque anni e nessuno oserebbe pensare più a quel povero corpo nella bara con un viso che fosse spento e di morte: quel viso ha già l'aspetto delle cose divenute immortali, estranee ad ogni pensiero caduco, già modellate dalla leggenda. Quel viso non è che il bel viso marmoreo dall'acuto e nobile profilo che fu di un poeta e Guido Gozzano che non possiamo più immaginarci distrutto e diverso.
Trentacinque anni! Due guerre e quali mutamenti, e ancora in quale tempesta viviamo! Ieri sembrava che riseppellissero le memorie, i canti, le nostalgie del passato, un mondo finito, ma non sostituito ancora. Ma ch'egli, il poeta Guido Gozzano, ha come incantato e lasciato vero e improbabile a un tempo, e comunque fermo e preciso. Si gira e si guarda questa campagna verde d'alberi e prati e grigia di profili e molle e femminile nell'onda delle colline, e si dice: «serenità canavesana », si va al Meleto, alla casa dove visse giovine e poetò, vedendo rose arrampicate a una balaustra di legno fin sotto la sua finestra, e alti vasi di fiammeggianti gerani, e si cantilena: « ci sono pur sempre le rose, - ci sono pur sempre i gerani »; e nel salotto si toccano curiosamente quei ninnoli bàroccamente inutili, e si mormora compiaciuti « le buone cose di pessimo gusto». Cose sue perché parole sue. E passi dinanzi a un'altra casa di bellissimo aspetto gentilizio e ti dimentichi che ci abitano i carabinieri, ma sempre la chiami la casa di Totò Merùmeni. Se c'è un modo di dire e di sorridere e di vedere che diciamo gozzaniano, se la mestizia e l'ironia meritano d'essere battezzate anche con quell'aggettivo, come credere che quella di ieri fosse la seconda sepoltura di un giovane morto in una età travolta da così spaventose tragedie? La lapide che resterà al cimitero a ricordare quest'ultimo trapasso di spoglie mortali umilmente attesta che tutto ciò non fu che la preoccupazione dei superstiti, una delle piccole cerimonie in cui i viventi si sforzano di essere qualcosa di simile ai loro ideali, al loro desideri, alla loro religione: ma di Guido Gozzano, che a queste sollecitudini avrebbe guardato con ironica indulgenza, di Guido Gozzano che vive sentenzia nobilmente: «La sua anima è in cielo - la sua poesia dappertutto ».
Al cielo egli sempre aspirò, e al cielo cattolico di Dio e del Santi credette morendo; perciò pensiamo che la sua anima non sia stata delusa. Quanto alla sua poesia, quella che fu « una fiorita di esili versi consolatori », essa è davvero dappertutto, perché il tempo, cosi invidioso, non l'ha rifiutata, e il canto di elegia con il quale Gozzano chiuse le porte dell'Ottocento ci arriva ancora con la dolcezza con la quale si cullano i sogni.
fr. ant.
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