“La Stampa” del 19-08-2006, a corredo della recensione di una coeva antologia di Racconti matematici, pubblicava un frammento, che qui “posto”, di Kurd Lasswitz (1810-1910), matematico e fisico tedesco, autore di alcune tra le prime opere di fantascienza scientifica, costruite intorno a una possibile civiltà marziana. Il brano è intitolato La biblioteca universale e pare si tratti della fonte da cui trasse ispirazione Borges per la sua biblioteca di Babele. (S.L.L.)
«Ciononostante», osservò il professore, «si potrebbe rappresentare in lettere tutto ciò che l'umanità potrà mai recepire, siano essi fatti storici, la comprensione scientifica, la forza poetica o perfino gli insegnamenti della saggezza. Sempre che, ovviamente, siano traducibili in parole. Dopotutto, i nostri libri trasmettono il sapere dell'umanità e conservano il tesoro accumulato grazie all'azione del pensiero. Ma le possibili combinazioni di un certo numero di lettere sono limitate. Quindi tutta la letteratura possibile deve essere stampabile in un numero finito di volumi».
«Mio caro amico, parli ancora una volta più da matematico che da filosofo. Come può l'Inesauribile essere finito?».
«Se mi dai un istante, ti calcolo quanti volumi ci vorrebbero per comporre una Biblioteca Universale».
«Come?», disse la signora Wallhausen. «Tutto in una biblioteca? Le opere complete di Goethe? La Bibbia? Gli scritti di tutti i filosofi mai vissuti?».
«Si' e con tutte le varianti di stesura su cui nessuno ha ancora ragionato. Ci troveresti anche gli scritti perduti di Tacito e Platone e le relative traduzioni. Di più, le opere complessive e future di entrambi noi, tutti i discorsi dimenticati o non ancora pronunciati di tutti i parlamenti, la versione ufficiale della Dichiarazione di Pace Universale, la storia delle guerre che ne sono seguite».
«E l'orario nazionale dei treni, zio!», disse Susanne. «Non e' il tuo libro preferito?».
«Certo, e tutti i tuoi temi di tedesco per la signorina Grazelau».
«L'avessi avuto in collegio un libro così! Eppure penso si tratti di un volume... ».
«Mi permetta, signorina Briggen», intervenne Burkel. «Non dimentichi gli spazi. Anche un singolo verso potrebbe ottenere un tomo a se stante; il resto sarebbe vuoto. E potremmo avere anche le opere più lunghe, perché se non trovassero posto in un unico volume, potrebbero continuare in un altro».
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