Nell'autunno
del 1979 l’editore Cappelli mandò in libreria un'ampia scelta
delle Lettere di
George Sand, con prefazione di Angela Bianchini. Il quotidiano “la
Repubblica” ne pubblicò alcune come anticipazione. Ne riprendo qui
una su un soggiorno della scrittrice in Spagna, insieme a Chopin.
(S.L.L.)
A Charlotte
Marliani
BARCELLONA, 15
febbraio 1839 — Mia buona
cara, eccomi a Barcellona. Dio faccia che ne esca alla svelta e che
non rimetta mai piede in Spagna. È un paese che non mi si addice
sotto nessun aspetto e del quale vi dirò la mia impressione quando
«ne saremo fuori», come dice Lafontaine. Il clima di Maiorca
diventava sempre più funesto per Chopin. Mi sono affrettata a
uscirne. Un cenno sui costumi degli abitanti! per lasciare la mia
montagna avevo tre leghe di cammino molto scabroso fino a Palma.
Conosciamo dieci persone che hanno carrozza, cavalli, muli, ecc.
Nessuna ha «potuto» prestarci la sua. Si è dovuto compiere questo
tragitto su un barroccio non molleggiato preso a nolo, tanto che
Chopin ha avuto uno sbocco di sangue spaventoso quando è arrivato a
Palma. E perché questa scortesia? È che Chopin tossisce: in Spagna
chiunque tossisca è dichiarato tisico. Chiunque sia tisico, è
pestifero, lebbroso, rognoso. Non ci sono abbastanza pietre, bastoni
e gendarmi per mandarlo via dappertutto, perché secondo loro la tisi
si attacca, e per questo si deve, se si può, ammazzare il malato,
come si soffocavano gli arrabbiati 200 anni fa. Quello che vi dico è
alla lettera. A Maiorca siamo stati come «paria», a causa della
tosse di Chopin e anche perché non andavamo alla messa. I miei figli
erano accolti a colpi di pietra, per strada. Dicevano che eravamo
«pagani», che ne so? Bisognerebbe scrivere dieci volumi per dare
un’idea della viltà, della malafede, dell’egoismo, della
bestialità e della cattiveria di questa razza stupida, ladra e
bigotta. Credo che non potrò mai più rivedere la faccia di
Valldemosa.
Finalmente siamo arrivati a Barcellona, che in confronto ci sembra il paradiso. Abbiamo viaggiato sul battello a vapore in compagnia di 100 maiali, il cui odore infetto e le urla feroci non hanno certo contribuito a guarire Chopin. Ma il povero piccolo sarebbe morto di «spleen» a Maiorca e bisognava farcelo uscire a qualunque prezzo. Mio Dio! se lo conosceste come lo conosco io adesso, lo amereste ancora di più, cara amica. È un angelo di dolcezza, di pazienza e di bontà. Lo curo come un figlio e lui mi ama come sua madre. Dal battello maiorchino siamo stati trasportati sul brigantino francese che è in porto. Il comandante di stazione è molto gentile con noi, la sua nave è un salone per l’eleganza e la pulizia. Il medico della nave ha visitato Chopin e mi ha rassicurato sull’incidente dello sbocco di sangue che durava ancora e che si è finalmente arrestato questa notte all’albergo. Mi ha detto che era un petto eccessivamente delicato, ma che non c’era niente di disperato, che con il riposo e le cure avrebbe presto riacquistato la sua fragile salute...
Finalmente siamo arrivati a Barcellona, che in confronto ci sembra il paradiso. Abbiamo viaggiato sul battello a vapore in compagnia di 100 maiali, il cui odore infetto e le urla feroci non hanno certo contribuito a guarire Chopin. Ma il povero piccolo sarebbe morto di «spleen» a Maiorca e bisognava farcelo uscire a qualunque prezzo. Mio Dio! se lo conosceste come lo conosco io adesso, lo amereste ancora di più, cara amica. È un angelo di dolcezza, di pazienza e di bontà. Lo curo come un figlio e lui mi ama come sua madre. Dal battello maiorchino siamo stati trasportati sul brigantino francese che è in porto. Il comandante di stazione è molto gentile con noi, la sua nave è un salone per l’eleganza e la pulizia. Il medico della nave ha visitato Chopin e mi ha rassicurato sull’incidente dello sbocco di sangue che durava ancora e che si è finalmente arrestato questa notte all’albergo. Mi ha detto che era un petto eccessivamente delicato, ma che non c’era niente di disperato, che con il riposo e le cure avrebbe presto riacquistato la sua fragile salute...
"la Repubblica", 4 novembre 1979
2 commenti:
Diventare un blogger vuol dire scrivere, tanto.
Non so se sia così. Io non scrivo tanto, ma di tanto in tanto e uso il blog soprattutto per conservare a me e a qualche altro la memoria di testi, notizie, dibattiti che giudico interessanti. Forse non sono e non sarò mai un blogger. Ma non mi importa granché diventarlo.
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