Quando nel 1994 Wu
Zhenwang ha aperto il suo primo negozio di sex toy a Wenzhou nella
Cina sudorientale, la quasi totalità dei locali non aveva mai visto
un vibratore né una bambola gonfiabile. «Negli ultimi vent’anni,
i cinesi si sono aperti al sesso» racconta a Forbes. «Il numero di
utilizzatori di sex toy è cresciuto in maniera incredibile,
circa del 60 per cento all'anno».
Wu ha fondato la Zhejiang
Lover Health Science and Technology, la prima azienda produttrice di
sex toy a quotarsi in borsa con 11 milioni di euro di azioni
all'asta. Secondo quanto racconta, la sua è sempre stata una
famiglia di imprenditori, ma nessuno di loro sapeva nulla
dell'industria del sesso fino a quando spinto da un articolo sul
primo sexy shop aperto a Pechino, andò a verificare con i suoi due
figli. Si accorse che la maggior parte degli oggetti erano importati
e costavano troppo per un cinese medio. Così aprì la sua fabbrica e
il suo negozio. Alla fine degli anni Novanta aveva già 20 punti
vendita, ma il mercato interno non decollava. Quando Wu Wei prese in
mano l'azienda di famiglia, decise di cominciare ad esportare e di
provare la vendita online. L'intuizione di vendere i suoi prodotti su
una piattaforma di Alibaba venne nel 2003, quando ancora l'attuale
gigante dell'e-commerce era sconosciuto ai più. Ma fu vincente.
Oggi, l'80 per cento dei suoi prodotti sono acquistati online.
Se il pudore della prima
Repubblica popolare considerava il sesso quasi un tabù, ora si stima
che il mercato di oggettistica ad esso correlato sia di oltre 1,2
miliardi di euro l'anno. In Cina, ci sarebbero più di mille aziende
produttrici di sex toy che si spartiscono il 70 per cento del
mercato mondiale. Sono tutte statistiche che vengono da ricerche di
mercato, quindi da prendere con le molle, ma è indubbio che la
produzione e il mercato sono immensi. Secondo alcuni produttori la
percentuale potrebbe essere addirittura più alta di quella
riportata.
La Cina non è nuova a
quelli che oggi chiamiamo sex toy. Già secoli fa, le
concubine li usavano per soddisfare il piacere dell'imperatore di
turno, ma quando il Partito comunista prese il potere nel 1949 le
politiche adottate mirarono a reprimere amore e desiderio sessuale a
favore del fervore rivoluzionario e del collettivismo.
Ma dagli anni Ottanta,
quando il Paese si aprì nuovamente ai modelli economici e alle
influenze culturali “capitaliste” e la ricchezza ricominciò a
circolare, si è ricominciato a prestare attenzione al sesso e al
piacere. Il primo sexy shop della Repubblica popolare aprì a Pechino
nel 1992. Oggi sono ovunque. Da anni ci sono fiere di sex toy nelle
città di Shanghai, Guangzhou, Wuhan, Macao e Pechino. Una delle
ultime si è svolta addirittura sotto lo slogan ufficiale di “sesso
sano, famiglia felice”. Nonostante la linea ufficiale del governo
sia ancora molto pudica sull'argomento, è evidente che quando si
tratta di business il Partito non teme contraddizioni.
Pagina 99, 30 aprile 2016
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