13.9.09

Il nemico interno e la corruttibilità delle masse



I regimi autoritari si reggono sulla paura. A intimidire e passivizzare giovano una polizia ben pagata, potente e occhiuta, il carcere e il confino per gli oppositori, discriminazioni di ogni tipo per i frondisti. 
Il totalitarismo richiede di più. Nella costruzione e nel consolidamento di regimi tendenzialmente totalitari è necessaria la colonizzazione delle coscienze, l'adesione quanto più possibile attiva delle masse.

La tentazione totalitaria è visibilmente presente nel presidente Berlusconi: non si contenta di essere votato da molti, vorrebbe essere amato da tutti (o quasi) e talora favoleggia di sondaggi che gli assegnano indici di popolarità assolutamente incredibili. Non credo che tra le forze politiche di governo tutti siano disposti ad assecondare queste inclinazioni. C'è la dichiarata opposizione di Fini, con il suo seguito di parlamentari, che pensa a una destra di tipo europeo, tradizionalista e autoritaria quanto basta, ma laica. Meno evidente, ma quasi sicuramente presente, è la resistenza di alcuni ex liberali o ex democristiani che, se potessero, raccomanderebbero moderazione. Il capo della Lega, Bossi, a sua volta, - lo ha dichiarato proprio oggi - considera l'attuale fase politica un momento di passaggio verso la totale indipendenza del Nord e la separazione dal resto d'Italia e dunque lavora perchè la crisi istituzionale non abbia un suo esito definitivo. A incoraggiare le tentazioni del dottor Silvio è una schiera di cortigiane e cortigiani pronti all'osanna che vanno dalle amate Gelmini e Carfagna al fido Bondi, all'entusiasta Quagliariello, al fratello di loggia P2 Cicchitto per giungere agli ex colonnelli di An La Russa e Gasparri.
Uno degli ingredienti essenziali del totalitarismo è l'individuazione dei nemici, la creazione di mostri in grado da una parte di suscitare la paura, dall'altra di attirare l'odio. I nemici esterni scelti dai berlusconidi somigliano moltissimo a quelli contro cui fascisti e nazisti puntavano le armi tra le due guerre: l'alta finanza mondiale più o meno massonica, la perfida e infida Albione, la grande stampa straniera pronta a denigrare e complottare, le istituzioni internazionali (Onu e Unione europea) sempre pronte a negare all'Italia il posto e il peso che meriterebbe. Un altro nemico viene soprattutto dal Sud, insieme esterno ed interno; lo stigmatizza e lo esecra soprattutto la Lega. Si tratta di quei migranti accusati di invadere le "nostre" città, di assediare le "nostre" case, di depredare le "nostre" sostanze, di insidiare le "nostre" (???) donne, cioè di quei poveracci che vengono "respinti" sotto le grinfie dei libici di Gheddafi, che vengono "accolti" in lager chiamati Centri d'identificazione o, addirittura, sono lasciati morire in mare.
Ma una cura particolare ha nell'agire totalitario l'individuazione del nemico interno. Al convegno eugubino del Pdl, conclusosi sabato, a tracciarne i connotati è stato il ministro Brunetta che con un piglio aggressivo ha distinto due Italie: quella di chi si "fa il mazzo" a lavorare, a rischiare, a competere e l'Italia di quelli che speculano e succhiano risorse senza alcun merito, a cui andrebbe fatto "il mazzo così". Al vertice dell'Italia parassita sarebbero naturalmente i banchieri (Brunetta non dice "ebrei", perchè non si può più dire, ma un po' lo lascia intendere), i magistrati e i baroni universitari; alla base ci starebbero i fannulloni del pubblico impiego che lui, la Gelmini e Sacconi hanno combattuto; nel mezzo c'è il "culturame" che non sta sul mercato, cineasti, teatranti, cantanti e orchestrali dei teatri lirici. "Chiudi i rubinetti, non dare più un centesimo" ha gridato Brunetta al suo collega di governo Bondi. Infine si è scatenato contro la "sinistra di merda" che rappresenta quest'Italia di merda e deve essere "fatta morire".
Su questo delirio qualche amico e compagno scherzava ieri alla festa della sinistra che si svolgeva a Perugia e non mancava chi legava codesta furia a un errore di sostanza o di dose. Saggiamente Fausto Gentili sottolineava quanto questo incanaglimento ricordasse Goebbels e l'efficacissima propaganda nazista e quanta forza abbiano tuttora siffatti discorsi a svegliare la "canaglia che è in noi".
Il riferimento mi pare tutt'altro che peregrino. Per quanto mutati paiano scenari e comportamenti, viviamo tutt'oggi nella "civiltà di massa" che il Novecento inaugurò. Fino a vent'anni fa noi di sinistra pensavamo le "masse" come insiemi strutturati e organizzati, consapevoli dei propri interessi e attenti alla cosa pubblica. Il modello erano le "masse operaie" della grande fabbrica, prodotte dallo sviluppo capitalistico e capaci di autorganizzarsi nella lotta, e proprio per questo diverse dai tradizionali agenti della piccola produzione, gli artigiani o i contadini ad esempio, che secondo l'immagine di Marx erano "come le patate nel sacco", non facevano "massa".
In realtà fin dagli anni Venti ci sono altre "masse", quelle folle che Mussolini, mal rimasticando Machiavelli, considerava "materia" inerte, da manipolare. Furono sovente queste "masse" a favorire la caduta, da destra, dei regimi liberali (secondo Hobsbawm nel ventennio 1922-1942 solo dodici dei 65 stati sovrani conservarono ininterrottamente libere istituzioni).
Dopo la guerra e l'olocausto Eric Fromm intravide le radici di questa catastrofe nella "folla solitaria", tipica dell'Occidente novecentesco, luogo di una "fuga dalla libertà" di individui atomizzati in cerca dell'identità perduta. Non è un caso pertanto che negli anni Trenta gli stessi autocrati del nuovi regimi si allontanano dal modello mussoliniano del "demiurgo" e tendono a presentarsi come incarnazione della "gente comune". La loro "eccezionalità" caso mai si manifesta nell'incarnare al massimo grado i caratteri e le aspirazioni più profonde del popolo.
La personalizzazione della politica della fine del Novecento e la potenziata utilizzazione dei mezzi di comunicazione di massa (specie quella tv che esalta le caratteristiche della "folla solitaria") si iscrivono in questa storia. C'è di sicuro una dialettica tra gli "istinti" canaglieschi già presenti nella società e quelli istillati attraverso le televisioni, ma l'elemento decisivo non è ciò che la "gente comune" pensa, ma ciò che alla fine del giro le si fa pensare determinandone gli odi prima ancora che gli amori.
Se ci riportiamo all'Italia dei nostri giorni non è difficile vedere in atto questo tentativo di "adeguamento" della massa a una rappresentazione della realtà schematica e fantasiosa. Da un lato ci sono i nemici, potentati stranieri, sudici invasori, parassiti di ogni tipo, sindacati e politici di sinistra che li proteggono; e ci sono i traditori e gl'ingrati che sputano nel piatto dove hanno mangiato e tramano, le Veroniche e i Fini. Dall'altro c'è Lui, che pensa e agisce "come noi", che è uomo maschio e cerca la gnocca, che è uomo d'affari e non bada a regole coi concorrenti, col fisco, coi clienti, ma è anche "uno dei nostri" e perciò protegge dai cattivi,"fa i fatti" e mantiene le promesse. Questa raffigurazione ha i suoi momenti chiave: Berlusconi che fa sparire i rifiuti da Napoli, Berlusconi che piange i morti del terremoto in mezzo al popolo e lontano dalla casta, Berlusconi che consegna le prime case. E' per questo che martedì sera non ci dev'essere programma televisivo che possa fare concorrenza allo "speciale" di Vespa, ove tale consegna sarà mostrata alla brava e buona gente italiana, o che possa mettere in qualche capo la pulce del sospetto.
Dicono in tanti (da D'Alema a Casini ) che Berlusconi è alla frutta, che s'è coperto di ridicolo nel mondo con le sue bravate, contraddizioni, correzioni, smentite e battute arroganti. Dicono che Fini, che la Chiesa, che la Confindustria, che la Lega, che l'America, che l'Europa... Dicono che non ce la farà a chiudere il cerchio della crisi di regime, che durerà (forse) per il quinquennio della legislatura ma non di più. Ma, come succede alla mia amica, la cantante e scrittrice Marilena Monti, io, anche per effetto dei pronunciamientos di Gubbio, sento una "puzza nera", "di marcio e di fascio". Esiste una "logica oggettiva delle cose" che le spinge oltre le stesse intenzioni delle persone e credo che per la sinistra sia un grave errore affidarsi ad altri. L'unica possibile resistenza ritengo sia la ricostruzione di una opposizione ampia e unita, politica e sindacale, sociale e culturale, capace di fare breccia tra le masse corrotte da Berlusconi (e dagli alleati concorrenti della Lega). Ma, tra guerre intestine, congressi, personalismi e manovre, niente sembra fare ben sperare.
Un compagno ottimista, ragionando in particolare della confusione che sembra attraversare l'area della sinistra, anche in conseguenza della spasmodica ricerca di posti al sole nelle elezioni della prossima primavera, mi diceva: "Fortuna che, dopo le regionali, per tre anni non ci sono elezioni. Forse si potrà ragionare di politica e costruire una politica". Forse. Ma - umilmente chiedo - dopo, nel 2013, ci saranno ancora elezioni libere? (S.L.L.)

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