Peccare senza vergogna,senza risveglio
perdere il conto delle notti e dei giorni,
e con la testa greve di ubriachezza
penetrare di fianco nel tempio divino.
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Tre volte inchinarsi fino a terra,
sette volte farsi il segno della croce,
sfiorare in segreto con la fronte calda
il pavimento coperto di sputi.
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Mettendo nel piatto un soldino di rame,
tre volte e poi sette volte di seguito
baciare il povero rivestimento di un'icona
nei secoli consunto dai baci.
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E tornando a casa, truffare qualcuno
per riavere quello stesso soldo,
e col piede scacciare dalla porta,
singhiozzando, il cane affamato.
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E sotto il lumino presso l’icona
bere il tè, facendo schioccare il pallottoliere,
poi, aperto il panciuto comò,
insalivare ancora una volta i tagliandi,
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e su sacconi di piume
piombare in un sonno pesante…-
ma anche così, Russia mia,
di tutte le contrade sei per me la più cara.
26 agosto 1914
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Da Poesia russa del Novecento, a cura di Angelo Maria Ripellino, Guanda, 1954
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