5.12.13

Viaggio a Racalmuto (di Gesualdo Bufalino)

Racalmuto, Santuario della Madonna del Monte, Statua della Vergine
Può capitare che uno alla fine dell'estate si rechi una domenica senza preavviso a salutare Sciascia nella sua casa di campagna, fra le pergole d'uva gialla, e arrivi due ore troppo tardi, e non trovi nessuno, ma indovini soltanto, poliziescamente, nel terriccio ancora umido d'un'aiola l'affettuoso arrivederci della signora Maria ai suoi fiori, prima di partire per l'esilio cittadino. Sarà il caso allora, in alternativa, di proseguire qualche chilometro fino a Racalmuto, la "Regalpetra" delle "Parrocchie", a cercarvi una controprova fisica, l'occasione d'un tuffo non più esclusivamente mentale nella carnalità umana e storica del luogo: il modo migliore, forse, di ri-convertire in moneta di luce, odore, sapore, sangue il ricordo di tante pagine care.
E si cominci, dunque, col farsi amici certi piccoli vecchi, seduti sulla soglia d'un Circolo di Zolfatari e Salinari in pensione. Sudori antichi, raccontano quelle facce, e colpi di piccone per anni e anni sulle pareti d'una caverna, e prismi d'abbagliante salgemma strappati con le mani ai soffitti di sottoterra... I loro occhi ne bruciano ancora, mentre si levano verso la chiesa della Madonna del Monte, qui dirimpetto, dove una scalinata s'impenna, e a luglio vi si recita una festa religiosa d'impareggiabile brio.
Noi contentiamoci d'arrampicarci lassù (ma ci vorrebbero polmoni più giovani) ad ammirarvi un bell'altare di pietra scolpita, un tabernacolo aureo, una Vergine di scuola gaginesca, due meticolose ingenue pitture che svolgono il miracolo della statua, quando i buoi che la trasportavano rifiutarono di muoversi, e fu segno che qui essa dovesse avere culto e sede perpetua.

Restano a questo punto da visitare la Matrice, le chiese minori, il Castello, e bisognerà chiedere la strada ai passanti. Chiediamola almeno tre volte: a un giovane, a un vecchio, a un ragazzo. Dalla reticenza, sollecitudine, innocenza, malizia delle rispettive risposte impareremo qualcosa sulla Sicilia, sul ricambio delle generazioni, sul confronto invasore-invaso, perfino sul mistero mafioso... Prima d'andarcene, l'insegna d'un locale, dov'è dipinto un inopinato sombrero, per un istante ci sbalordirà: « Parapam-pamponero»... (Dimenticavo: tutto questo è a venti minuti da Agrigento, sulla via per Canicattì. Colazione al sacco).

L'Espresso, 14 novembre 1982

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