12.12.13

Il grande Blek, un supereroe da osteria (di Francesco Sisci)

Il grande Blek è un trapper, alto biondo fortissimo, tira precisissimo e per vincerlo le giubbe rosse, o i gamberi rossi, cioè i soldati inglesi di stanza nelle tredici colonie americane durante la guerra d'indipendenza, potevano solo fracassargli il calcio di fucile in testa. Naturalmente il grande Blek non moriva per questa botta che avrebbe fatto stramazzare un bue, si limitava a svenire.
Blek accompagnato dal giovane e irruento Roddy e dal dottor Occultis, mago dei travestimenti, abita nella frontiera west. Ci sono gli indiani, le cavalcate, i boschi, le pistole e i terribili tomawack, i saloon e il whisky, mancano gli sceriffi e le colt 45, ma in compenso ci sono un'orda di trappers, i padri degli ancor più feroci cow boys. E' insomma un western del tipo meno praticato, quello della seconda metà del '700, quando ancora non c'erano praterie e i pellerossa non abitavano nei conici tepee ma in dei villaggi circondati da palizzate.
Negli anni '50 quando gli italiani con Kit Carson di Albertarelli e Tex di Galeppini e Bonelli si erano già lanciati nell'avventura west, anche se si trattava solo di quella della seconda metà dell'800. Ma anche gli autori di Blek non avevano trascurato questo solco. Avevano inventato Capitan Miki dove un ragazzetto gran tiratore e molto superbo faceva il capitano dei rangers, con tanto di divisa, e praticava gli sport western classici, caccia e sparatora con banditi, e inseguimento di indiani. Blek però era diverso. La sua forza titanica gli permetteva sempre di sentirsi dieci centimetri superiore alla media, e questo poi gli permetteva di essere ironico e spiritoso con i suoi avversari che si dimenavano — illusi — per ucciderlo. 
Bastava guardarlo: alto forse più di due metri con dei bicipiti gonfi come palloncini e quella criniera bionda — un po' effemminata per la verità — in testa. Non era un uomo, doveva essere un semidio. Ma non era figlio e tantomeno nipote di una divinità, era semplicemente un supereroe. In quegli anni in America nasceva Superman, importato da noi con il nome di Nembo Kid, ma soprattutto c'era un Tarzan per molti versi padre di tutti questi Super. Certo Superman e Tarzan, erano bruni, ma, a parte questo incidente, avevano anche loro una forza fisica disumana, erano buoni e indipendenti. Blek importava, così quasi camuffandolo, il mito del supereroe. La sua potenza era una cosa che nessun altro umano aveva, così come la giustezza della sua causa. I suoi nemici invece erano malvagi e iniqui, e su di loro Blek trionfava con la sua virtù ancor prima che con la sua forza, come uno dei supereroi del De Comics. Era un titano, ma alla buona, senza poteri fantascientifici, sguardo a raggi x o emanazioni mortali. Aveva un sapore di risse fatte in osteria, tranne che per un fatto : si sapeva sempre prima chi avrebbe vinto ai pugni, proprio come con i supereroi.

"il manifesto", 2 agosto 1987

1 commento:

giancarlo sacco ha detto...

Dopo aver letto il commento del Sig. Scisci..ho l'impressione Lui che sia in mala fede o piu' semplicemente che abbia letto veramente poco del personaggio..che ancora oggi a 60 anni dalla sua comparsa nelle edicole..continua ad essere considerato fra i CULT del fumetto italiano ed europeo, al pari di un Tex -Diabolik-Topolino e forse Dylan Dog.Il suo successo e' derivato delle oltre 500 mila copie che vendeva a settimana fra meta' anni 50 ed inizio anni 60 nel mitico formato " striscia " e i prezzi altissimi che ancora oggi accompagnano le sue edizioni di quel tempo!

Giancarlo Sacco-Torino

Lettore giovanile di Blek ed oggi appassionato e maniacale collezionista..

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