Silueta, Una foto di DanY Purcaru (2013 |
Quel che più meraviglia non è
la bellezza, per quanto profonda,
ma il classico slancio alla bellezza,
nel cuore della palude:
lo stradone a fondo cieco,
abbandonato quando il nuovo ponte fu a
termine.
Lì, ai due lati un ingresso
e su questo - cotta dal sole
la tinta che si screpola -
due gerani in un vaso.
Tu entra: su un muro
una targa dipinta raffigura
melograni maturi.
- e nell'andartene, osserva
giù sulla strada - su un'unghia,
puoi schizzarla sull'unghia d'un
pollice -
gradini di pietra
che erti arrancano su
al porticato
minuscolo d'un
secondo piano
acuto come il palato
d'un bimbo. Tanta sicurezza
dacci ancora mio Dio.
Cespi di rose
stanno ai due lati
dell'ingresso e susini
(uno morto) alla base
cinti da gomme d'auto
fuori uso! a che scopo
se non a gloria della Deità
che cacciò su le spalle reggendo
il biondo sporco delle chiome
da sotto le onde pazienti.
E noi? l'intero grande mondo
abbandonato
per un niente, intatto,
il mondo perduto della simmetria
e della grazia: sacchi di carbone
bene impilati sotto
la tettoia là dietro, e anche più
dietro
il fossato, un passaggio
traverso il fango,
trionfante! alla gioia;
gioia dell'andarsene in barca,
scorciatoia domenicale
per il placido fiume.
In “Arancia blu”, giugno 1991,
Traduzione di Vittorio Sereni
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