7.10.17

Fotografia. Chi ha iniziato a dire «cheese»? (Ermanno Cavazzoni)

Da un provocatorio articolo di Cavazzoni sul sorriso nelle fotografie e sul suo significato riprendo un ampio stralcio. (S.L.L.)
[…] Sembra che il primo ad inventare “cheese” sia stato il presidente americano Roosevelt nel 1943 e l’esempio si sia poi sparso e rafforzato. Voglio far notare che il 1943 era l’apice della guerra mondiale e Roosevelt aveva di che essere preoccupato; però doveva mostrare di essere ottimista; non ridanciano, che un presidente ridanciano sembrerebbe considerare lo Stato una barzelletta e la guerra in corso una comica, con evidente dileggio per i morti e le sofferenze del Paese; e neppure doveva apparire troppo certo e determinato sugli eventi futuri, come fanno mostra in genere i dittatori, che sono dittatori appunto per questo, infatti né Stalin, né Hitler o Mussolini sorridono, né Francisco Franco, Salazar e via dicendo. Invece Roosevelt anche nella tragedia mondiale doveva apparire ottimista, e questo ottimismo obbligato si è sparso a poco a poco in tutto il mondo occidentalizzato, la gente in foto si è messa a sorridere, anche nelle foto tessera (dove, mi chiedo sempre, cosa ci sia da ridere a proposito della patente o della carta d’identità); un’indagine americana ha appurato che i denti in foto appaiono dagli anni ’50 per le femmine, per i maschi poco più tardi.
Ed è così naturale oggi sorridere che è diventato un riflesso condizionato, automatico, di fronte a qualcuno che scatta una foto, come se una foto non sorridente fosse mal riuscita, cioè non obbediente ai canoni della foto ben fatta. Ci sono siti internet dove si insegna a sorridere, come e quanto per un miglior risultato, è dato per scontato si debba sorridere, tanto che ci si chiede come mai prima non si sorrideva, né in foto né nei ritratti, capovolgendo così la questione, perché invece mi risulta che da quando il volto umano viene raffigurato, da almeno seimila anni, è raffigurato in stato normale, né corrucciato né ridente; non si riuscirebbe neppure ad immaginare la statua di Giulio Cesare ridente, o di Ottaviano Augusto o di Cicerone, sembrerebbero degli stolti che voglion piacere ed esser simpatici; neppure Nerone o Eliogabalo nella loro teatralità sorridono, l’impero romano sembrerebbe una buffonata; o comunque se Giulio Cesare ci sorridesse passando il Rubicone, la conquista della Gallia parrebbe una passeggiata di piacere, e se sorridesse anche Pompeo, l’immensa e sconvolgente guerra civile e la finale battaglia di Farsalo sembrerebbero uno scherzo di due buontemponi. Non sorrideva neanche mio bisnonno Angelo Fuchs, ingegnere e sindaco di Gardone all’inizio del ‘900, lo si vede in foto con l’aria dell'uomo occupato dai suoi pensieri e dal suo lavoro, a cui probabilmente hanno chiesto: le possiamo fare una foto ingegnere? E lui avrà detto: fate pure; come una cosa che non implicava nessun atteggiamento falso e di convenienza; e in tutte le foto della mia famiglia paterna e materna nessuno sorride fino agli anni ’50, come penso in tutte le famiglie normali e di buon senso.
Quindi la questione non è: perché non sorridevano? ma: perché si son messi tutti a sorridere da un certo punto in avanti. In internet, in siti autorevoli, si dice che questo è stato possibile grazie alla foto istantanea (senza tempi lunghi di posa) e grazie alle cure dentistiche. Il che equivale a dire che mio bisnonno avrebbe voluto sorridere ma avendo i denti cariati ha preferito rimanere impassibile, e così tutti gli altri miei parenti, tutta la mia famiglia coi denti cariati e di conseguenza bocca chiusa pur con l’impulso contrario. Oppure, secondo la prima ipotesi, tutti avrebbero voluto sorridere fin dall’antichità ma stare in posa sorridenti davanti allo scultore, al pittore o al fotografo era una tale fatica, che per sbrigarsela presto preferivano restare seri. Secondo questa ipotesi Giulio Cesare avrebbe voluto farsi ritrarre allegro mentre gli scappava da ridere, ma dovendo star troppo in posa, la voglia gli passava. Come capirete sono ragioni che non stanno in piedi, perché l’anomalia del sorriso è recente e ingiustificata, e soprattutto falsa, si sorride come un tempo ci si metteva la parrucca incipriata in pubblico, quelle parrucche barocche vistose e abbondanti, che oggi ci sembrano ridicole; chissà che la moda non voglia tutt’ad un tratto che in foto si sbadigli per dar l’idea di una persona tranquilla che non ha bisogno di psicofarmaci per addormentarsi; o la moda voglia si sia piangenti, perché la nostra è tutta una valle di lacrime, la vita un’illusione e la morte là in fondo in attesa. Le mode sono imprevedibili, ma dicono molto sullo spirito di un’epoca. Oggi è di moda la felicità, che la vita sembri una scampagnata colta dal flash in mezzo alle barzellette, al buonumore e alla socialità (si sorride solo in presenza di altri).
Scrivo questo pezzo per invitare la popolazione ad essere seria, o normale, o almeno attonita in foto. Mi preoccupo per il futuro. [...] Dal 1943 al 2017 l’umanità è stata cinica, ormai è irrimediabile, negli archivi si vedranno le facce smaglianti, strafottenti, in tante foto ricordo o foto tessera, tutti che se la ridono superficialmente, mentre serpeggiava la guerra in Medio Oriente, una bomba esplodeva in una scuola, le torri gemelle bruciavano, la fame distruggeva parte dell’Africa, la droga e l'Aids dilagavano. Poi dalla fine del 2017, o diciamo dal 2018, per dare un po’ di tempo a chi deve ricredersi, sarebbe bello che nessuno più ridesse in fotografia, come fino a 74 anni fa, e chi non riesca ad essere attonito si faccia ritrarre almeno malinconico, o malcontento, avvilito, preoccupato per le sorti del genere umano e del pianeta … 

"Il Sole 24 Ore Domenica", 6 agosto 2017

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