19.10.17

Maria Maddalena, la santa che tanto amò (Alfonso M. di Nola)

Tiziano, Maddalena penitente, Palazzo Pitti, Firenze
Il 3 giugno 2016 la Congregazione per il Culto Divino ha pubblicato un decreto con il quale, «per espresso desiderio di papa Francesco», la celebrazione di santa Maria Maddalena, che fino ad allora era soltanto “memoria obbligatoria”, venisse elevata al grado di “festa liturgica”. Secondo quanto riferiva su “Famiglia Cristiana” nel luglio scorso AntonioSanfrancesco, con le parole del Segretario del dicastero, arcivescovo Arthur Roche, il Papa ha preso questa decisione durante il Giubileo della Misericordia, «per significare la rilevanza di questa donna che mostrò un grande amore a Cristo e fu da Cristo tanto amata». Maria di Magdala faceva infatti parte del gruppo dei discepoli di Gesù, lo aveva seguito fino ai piedi della croce e, nel giardino in cui si trovava il sepolcro, era stata la prima testimone della resurrezione, “testis divinae misericordiae”, come la definisce Gregorio Magno.
Nello stesso articolo Sanfrancesco dà spazio a un recente intervento sulla santa del Cardinale Ravasi, il quale recisamente nega «la tradizione ripetuta mille volte nella storia dell'arte e perdurante fino ai nostri giorni, che ha fatto di Maria una prostituta. Questo è accaduto solo perché nella pagina evangelica precedente – il capitolo 7 di Luca – si narra la storia della conversione di un'anonima “peccatrice nota in quella città”, colei che aveva cosparso di olio profumato i piedi di Gesù, ospite in casa di un notabile fariseo, li aveva bagnati con le sue lacrime e li aveva asciugati coi suoi capelli. Si era così, senza nessun reale collegamento testuale, identificata Maria di Magdala con quella prostituta senza nome». Un elemento di ulteriore confusione sembra al cardinale l'identificazione di Maria di Magdala con la Maria sorella del Lazzaro risuscitato, che - anche lei – cosparge di olio profumato, ma quella Maria non è di Magdala, ma di Betania.
Questa stessa distinzione fra le “tre Marie” nel testo evangelico si può leggere nel vecchio articolo che segue, opera di uno storico delle religioni laico e marxista che a lungo collaborò con “il manifesto”, Alfonso Maria di Nola, il quale però lascia chiaramente intendere che la confusione di cui parla Ravasi fu incoraggiata da non poche autorità ecclesiastiche che nei secoli misero le prostitute sotto la protezione della santa Maddalena. L'articolo, peraltro, non manca di sottolineare altri interessanti aspetti della venerazione di codesta santa donna. (S.L.L.)
Il Santuario di Santa Maddalena a Vèzelay (Borgogna)
In uno degli episodi più densi e forse più inquietanti della narrazione evangelica, Gesù si fa scandalo ai suoi discepoli e sconvolge tutte le sicurezze del moralismo bigotto. Entra in un borgo della Galilea e accetta l’ospitalità sollecita di Simone, indicato nei testi come il Fariseo o il Lebbroso. E, mentre con gli ospiti è disteso sul triclinio a mangiare, un’anonima donna, ben nota per i suoi peccati, entra nella sala, si pone ai piedi di lui e li bagna di lagrime, asciugandoli poi con i suoi capelli e ungendoli con un balsamo profumato che ha portato con sè in un vaso. Secondo una differente versione evangelica, l'anonima peccatrice gli versa l'unguento sul capo. Gesù vanifica le aspre critiche sollevate dai discepoli con un memorabile detto che riscatta nell’amore vissuto nella carne e nello spirito ogni peccato: «I suoi molti peccati le sono stati perdonati perché ha molto amato».
C’è un’altra donna nelle giornate che precedono il dramma finale della crocefissione. Siamo a Betania, sei giorni prima della Pasqua, e Gesù visita Lazzaro che aveva resuscitato dal gelo cadaverico. Gli offrono una cena, e la sorella di Lazzaro, Maria, «presa una libbra di profumo di puro nardo, molto prezioso, unse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli» e la casa si riempì di profumo, mentre Giuda di Iscariot, il cassiere del gruppo dei seguaci, protestava per lo sperpero di una merce rara che, venduta, poteva rimpinguare il gruzzolo conservato dai discepoli.
Una terza immagine femminile, più decisamente delineata, è Maria di Magdala, presso il lago di Tiberiade, che Gesù libera da sette demoni che la posseggono, e la fanciulla, uscita dalla possessione che le scoteva le membra, resterà fra le più fedeli presenze nelle vicende terrene del suo liberatore. Segue il Maestro fino in Giudea, è ai piedi della croce sull’altura del Calvario e, all'albeggiare del sabato successivo alla morte, si porta a visitare la tomba che trova vuota, mentre un giovane in aspetto di angelo le rivela che quegli che era sepolto è resuscitato e la invita a portare ai discepoli assenti l’annunzio della letizia. Il Risorto, poi, prima che ad ogni altro, le appare dopo la resurrezione, quasi a premiare la sua tacita fedeltà.
Dalla commistione di queste tre diverse donne nasce nella devozione medioevale, nonostante la diversa opinione degli esegeti, difensori delle tre diverse identità, la leggenda fascinosa di Maria Maddalena, che le genti cristiane di Oriente e di Occidente commemorano il 22 luglio, data nella quale la si fa morire ad Efeso, la prima sede del suo corpo che fu poi portato, fra la fine del IX e i primordi del X secolo, a Costantinopoli, insieme a quello di Lazzaro, divenuto ormai, nella tradizione, suo fratello.
Addizioni apocrife, cui era interessato il santuario di Vèzelay in Borgogna, una delle meraviglie dell’architettura francese, ampliano verso territori narrativi molto ricchi il primo nucleo mitico, connettendolo a quella Provenza che diverrà il centro di diffusione europea del culto.
Per riassumere in poche linee la rielaborazione agiografica di Jacopo da Varagine, che, nella Legenda Aurea, riconnette le intricate fila di una tradizione già antica alla sua epoca, gli Ebrei, ancora una volta vittime di accuse cristiane, dopo la morte di Gesù affidano Lazzaro, Marta, la Maddalena e Massimino, il primo evangelizzatore della Provenza, ad un periglioso vascello, privo di vele e di remi. I santi profughi, abbandonati alle intemperie del mare, approdano, per intervento divino, a Marsiglia e evangelizzano l’intero territorio. Mentre Marta si ritira in un convento, Maria Maddalena sceglie l’eremitaggio in una grotta dell’orrido deserto della Sainte-Baumme, a pochi chilometri da Saint-Maximin. Ivi resta trent’anni, nutrendosi soltanto di erbe selvatiche e di radici di alberi, e, quando i suoi abiti cadono logori, Dio le copre le nudità con i capelli lunghi fino ai piedi. Gli angeli la sollevano sette volte al giorno fino al cielo, trascrizione mitica, questa, delle estasi cui la portava la sua rigida ascesi. Al termine dei trent’anni, San Massimino la visita, assiste alla sua esperienza estatica, la comunica, mentre ella si spegne fra gli angeli che la sollevano cantando e salmodiando, al cielo.
Il Santuario di Santa Maddalena a Vèzelay (Borgogna) - Interno
In questa nuova versione agiografica, il corpo della santa sarebbe stato portato a Vèzelay dalla prima sede, quella di Aix-en-Provence, quando il monaco Badilone lo sottrasse furtivamente. Ma con Vèzelay concorreva la chiesa di Saint-Maximin, che, possedendo varie reliquie della Maddalena, divenne meta di pellegrinaggi imponenti da tutta l’Europa.
Fama di miracoli circondò subito il culto, cui si aggregavano i pesanti interessi economici dei monaci in lotta fra loro. Proprio questi interessi spiegano l’eccezionale moltiplicazione delle pretese reliquie: oltre quello di Vèzelay, cinque corpi venerati o conservati a Costantinopoli, a Roma (diviso in due parti, una a S. Giovanni in Laterano, una a S. Maria del Popolo), a Monserrato, a Napoli, a Saint-Maximin in Provenza; un frammento di pelle a Parigi; il mento a Saint Denis; un braccio a Marsiglia; i capelli in molte chiese. E tale era la scomposta passione di garantirsene la magica protezione che sant’Ugo di Lincoln (XII sec.), nella sua visita a Fècamp, «estrasse con un morso due piccoli frammenti dell’osso del braccio della veneratissima seguace del Cristo».
Modello della prostituta convertita e della penitente esemplare, la santa diviene, con santa Pelagia, santa Maria Egiziaca e sant'Afra, patrona delle meretrici, anche in memoria della vita lubrica precedente la conversione e spesa fra tentazioni, lussurie, gioielli, danze e banchetti, prossima all'immagine della cortigiana, quale la pittura andò rappresentandola fino alle soglie dell’età nostra. In una delle tante sacre rappresentazioni, che il pubblico medioevale divorava, la santa confessa: «A tutti io sono abbandonata, / venga ciascuno, nunabbia alcuna paura,../ Ecco.il mio.corpo che io presento / a chiunque voglia possederlo».
Le case conventuali di penitenti, di converse, di femmine «di malo affare» appaiono spesso a lei intitolate in molte città di Europa. Nel 1520, a Roma, che aveva 50000 abitanti e un migliaio di prostitute, Giulio dei Medici fa costruire sul Corso un monastero per convertite sotto il titolo di S. Maria Maddalena, ammettendovi soltanto le prostitute piovani e belle. Ancora nel 1865 in via di San Francesco di Sales un padre camillino erigeva un ricovero per le traviate sotto lo stesso nome, che, nel 1870, ospitava trentotto donne. A Napoli nel famigerato vicolo del Malpasso, la regina Sancia fece erigere per le «donne perdute» quella Maddalena, che divenne poi, il brefotrofio dell’Annunziata.
Sorsero ordini e congregazioni religiose dedite al recupero della «traviate» e presero il significativo nome di Maddalene o Madelenettes o Penitenti della Beata Maria Maddalena.
Tema caro alla miniatura medioevale, alle xilografie e ai rami rinascimentali e seicenteschi, passa poi ai grandi pittori barocchi, ora nelle forme di femmina gaudente e ammaliatrice nella sua provocante procacità, ora nel tetro ritiro della Santa Grotta, spesso con il teschio e la fiala dei profumi. E la sua fortuna, anche nelle plebi contadine, è dovuta agli altri patronati a lei attribuiti contro il cattivo tempo e a protezione delle vedove, delle vergini, dei profumieri e aromatari, degli ammalati di infezioni dermiche che erano unti con una mistura preparata con una formula in suo nome. I contadini, poi, nel XIII sec., scrutavano il cielo notturno e vedevano nelle macchie della luna le lagrime salutari della grande penitente, una credenza connessa al potere a lei attribuito sulle malattie degli occhi che vengono liberati dalle lagrime se li si bagna con l’acqua di una delle molte fonti a lei dedicate.


“il manifesto”, Domenica 16 luglio 1989

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