È tornato qualche anno
fa in libreria e ha conosciuto un certo revival di vendite dopo la
morte dell'autrice il libro I miei primi quarant'anni,
che Marina, nata Punturieri, poi sposata con il duca Lante Della
Rovere e il politico Ripa di Meana, pubblicò alla metà degli anni
Ottanta del secolo scorso, quando – entrata nella corte di Bettino
Craxi – era tra le protagoniste della romana mondanità.
Allora lo firmò “Marina Lante della Rovere”, con il cognome del duca, suo primo marito, da cui si era da qualche anno separata. Le successive edizioni portano invece la firma “Marina Ripa di Meana”, giacché le venne impedito di usare il cognome ducale anche come “nom de plume”. Ma - a quanto si legge - anche Ripa di Meana disponeva di qualche titolo nobiliare.
Allora lo firmò “Marina Lante della Rovere”, con il cognome del duca, suo primo marito, da cui si era da qualche anno separata. Le successive edizioni portano invece la firma “Marina Ripa di Meana”, giacché le venne impedito di usare il cognome ducale anche come “nom de plume”. Ma - a quanto si legge - anche Ripa di Meana disponeva di qualche titolo nobiliare.
L'articolo
che segue dà conto del clamore che la pubblicazione suscitò.
(S.L.L.)
Marina Punturieri con Rudolph Nureyev nel 1981 in una foto di Pizzi per "Re Nudo" |
ROMA
I corteggiamenti sono
talmente grotteschi che non importa se siano veri oppure no.
Le gite non sono mai in
motoscafo ma, per esempio, in sommergibile, "negli abissi del
Mediterraneo, alla Jules Verne, servita e riverita da marinai e
camerieri pronti a soddisfare ogni mio desiderio".
La torta fatta recapitare
a casa è così grande che bisogna chiamare una gru che la issi su,
facendola passare per la terrazza. E dentro la torta, scava scava,
naturalmente c' è un' ostrica, e dentro l' ostrica una perla
gigante.
I fiori sono così
insopportabilmente tanti e "la casa non è più una serra, ma
diventa un cimitero".
E c' è un' ombra di
ansia, come un "cupio dissolvi", dentro a queste levigate
memorie, I miei primi quarant'anni, che Marina Lante della
Rovere ha appena pubblicato con astuzia sfrontata e ruggente abilità
manageriale.
Nella sua lunga carriera
la duchessa usa e conserva il comodo cognome altisonante del primo
marito, giacché firmare - un libro come una vita - semplicemente
Marina Punturieri, il suo nome da ragazza, farebbe un effetto più
modesto. Lo disse anche Paolo VI quando benedì la giovane e nobile
coppia: "Punturieri chi? Punturieri... e basta?".
L'immagine sempre perfetta; il corpo lustro e abituato bene, la
fotografata carezza delle vestaglie di seta, o dei lucidi e sontuosi
abitini che scivolano sempre, ammaestrati a spalancarsi in spacchi
totali e imbarazzanti; la dedizione circospetta e appassionata alla
fortuna di un corpo snello e resistente, il culto per una bellezza
seduttiva e sottile conservata con maestria nella cassaforte dei
massaggi e delle diete vegetali: Marina Lante, professionale
"animatrice di night", noncurante stilista di moda, moglie
e madre con scatti estrosi, si lancia adesso nell'avventura
editoriale.
Qualcuno si duole che a
queste trecentocinquanta pagine farcite di grandiosi pettegolezzi
manchi un opportuno "indice dei nomi", che renderebbe più
semplice e maneggevole la consultazione. Ma le persone chiamate in
causa, con nomi e cognomi reali, non hanno perso tempo a ritrovarsi,
indignarsi, smentire. Ad esempio De Mita. La scena è Amalfi, un
ristorante all' aperto. Lei è "nuda, con indosso soltanto una
minitunica bianca". Visto che "tutti i posti sono occupati"
si siede "sulle ginocchia di un signore quasi calvo, con la
testa un po' a dirigibile...". Passa qualche minuto e "il
mio uomo-sgabello gorgogliava muovendo le ginocchia, quasi al ritmo
di Trotta trotta cavallino". Il giorno dopo i due si rincontrano
e prendono il caffè insieme: "Così lo conobbi meglio, era
Ciriaco De Mita". Il quale adesso insorge, dice che se fosse
vera una storia così se la ricorderebbe, e che ad Amalfi lui c'è
stato soltanto un paio di volte, figurarsi, oltretutto sempre con la
moglie e i bambini.
"Bugiarda, ma
spiritosa", dice di Marina Lante della Rovere Lucio Magri, che,
"unto di cocco passava ore immobile ad abbronzarsi con un
cartone d'argento", come lo trafigge l'autrice. Moravia che con
Bettino Craxi, Goffredo Parise e Antonio Giolitti è stato testimone
alle ultime e terze nozze di Marina, tradisce imbarazzo: "Il
libro non l'ho letto - afferma - non so se lo leggerò e comunque
anche quando l'avrò letto, non ne vorrò parlare". "Mi
sembrò che provasse un certo interesse e anche molta simpatia nei
miei confronti - è il ricordo che ha di lui l'autrice -. Tanto che,
a un certo punto mi disse: "Senti qui com'è duro" e, con
assoluta naturalezza, mi prese la mano e me la premette sui
pantaloni".
Negli anni in cui alcune
sue coetanee prendevano la strada del femminismo, lei rafforzava la
sua scelta, quella di una militanza erotica e sentimentale, donna
capace di grandi innamoramenti, di passioni, scenate, follie,
voluttà, stravaganze; divertita e orgogliosa delle scritte oscene
che i garzoni le tracciano sull'ascensore con pennarello indelebile,
e insieme testimone che racconta orgasmi importanti e descrive i
fasti di un centro-sinistra dorato e spendaccione, cronista
luccicante e spietata, nuda o seminuda spesso con paradossale
innocenza, e forse anche fondamentalmente casta nelle sue "tunichette
con niente sotto".
Ecco il pittore Franco
Angeli, che le ripete: "Sei la solita Bovary romana". Ecco
il giornalista Lino Jannuzzi, "un incrocio fra Groucho Marx e
Domenico Modugno". Ecco Craxi che, dopo la torta in faccia a
Maurizio Costanzo, si affretta a spedirle un telegramma: "Complimenti
Marina". Ecco, fra un capitolo e l'altro, intere parate di
fotografie, la storia faticosa di "una donna che vuole tutto
dalla vita": Marina a due anni sul vasino, Marina ragazza-bene
che pattina all'Acqua Acetosa. Marina in Vespa col primo marito;
Marina in hot pants a Leningrado; assieme all'inventrice del
Gerovital; in costume da gheisha nei giardini di Kyoto; con Laurence
Olivier; con Julio Iglesias; con Franco Piperno; Marina mascherata da
cardinale; Marina ipnotizzata dal mago Jukas Casella.
Il libro si chiude con
l'ultimo matrimonio, ancora in corso: quello, nell'83, col
parlamentare europeo Carlo Ripa di Meana, che lei con affetto sincero
chiama Orgasmo da Rotterdam.
“la Repubblica”, 20
aprile 1984
Nessun commento:
Posta un commento