Dal corvo della
Nuova Caledonia al colibrì le osservazioni dimostrano che gli
uccelli sono uno dei più grandi successi evolutivi in natura
Ci conosciamo?: come i
piccioni riconoscono volti umani che hanno già visto; La
sintassi dei gorgheggi della cincia; La discriminazione
linguistica del passero di Giava; I pulcini amano gli accordi
musicali consonanti; Le differenze della personalità alla
base della leadership nell’oca facciabianca; I piccioni alla
pari con i primati nella competenza numerica. Questi sono gli
stupefacenti titoli di alcuni dei tanti studi pubblicati a
dimostrazione dell’intelligenza degli uccelli.
Sono capaci di
cogliere l’ambiente circostante,
comprendere e risolvere problemi
La giornalista
scientifica Jennifer Ackerman, nel suo coinvolgente saggio Il
genio degli uccelli (La Nave di
Teseo, 2018), spiega tuttavia che gli uccelli possiedono anche
modalità di conoscenza che vanno al di là della nostra comprensione
su base sperimentale, e così più che di intelligenza è giusto
parlare di genio, vocabolo che in latino indica uno «spirito custode
presente sin dalla nascita di un individuo, un’abilità o
un’inclinazione innata».
Gli uccelli sono pieni di
genio e Ackerman, entrando nella loro testa con ingegnosità
letteraria, esalta l’unicità di questi animali dei quali ha sempre
ammirato la natura scaltra, gioiosa, saggia e competitiva, che
manifestano con imprese ben al di sopra delle loro capacità
apparenti. «Cervello di gallina: una simile opinione è ormai del
tutto superata».
Nell’ultima ventina
d’anni, racconta Ackerman, osservazioni sul campo e ricerche di
laboratorio condotte in tutto il mondo hanno fornito numerosi esempi
di uccelli capaci di prodezze mentali paragonabili a quelle di un
bambino di cinque anni. Per averne un’idea, è sufficiente
rintracciare in rete il video del famoso corvo della Nuova Caledonia,
conosciuto come «007» (esteticamente, epoca Pierce Brosnan)
impegnato a risolvere un problema di meccanica dei fluidi per
recuperare un pezzettino di carne posto in un cilindro: si resta
stupefatti.
A quanto pare, il
cervellino degli uccelli che sfida la gravità, adatto a librarsi e
disegnare arabeschi nel cielo, a fare manovra in spazi ristretti e
migrare oltreoceano, quella piccola zucca che rappresenta lo scotto
cognitivo che da sempre facciamo pagare agli uccelli per essere i
padroni indiscussi dell’etere, possiede invece un numero altissimo
di neuroni lì dove davvero conta, con densità, legami e connessioni
molto simili ai nostri.
«Un uomo verrebbe
sfinito in pochissimo tempo
da una tale intensità di vita»
Strizzando l’occhio ai
sillogismi aristotelici, si potrebbe ormai dire che: l’uomo è
intelligente, la gallina ha un cervello intelligente, l’uomo ha un
cervello da gallina. Una bella rivincita del mondo aviario.
Questo libro procede per
grandi e meritate rivincite, ma tiene anche conto che l’intelligenza
esiste su un larghissimo spettro, e Ackerman fa quindi una lista
breve ma rappresentativa sia degli uccelli intelligenti sia di quelli
stupidi. Stupidi, per esempio, come l’emù: per catturarlo, ci
basterebbe sdraiarci per terra, sollevare una gamba, e lasciare che
il grande uccello australiano pensi che siamo un emù anche noi.
Oppure come il pavone che per sei, sette volte di seguito tenta di
aprire la sua ampia coda mentre soffia il maestrale e puntualmente
cade, o i pettirossi che quando fanno il nido a casa Ackerman
aggrediscono il finestrino laterale dell’automobile beccando
furiosamente il loro stesso riflesso. «Ma chi di noi», ammette
Ackerman, «non è stato tradito dalla vanità, o non ha trasformato
la propria immagine in un nemico?».
Attraverso numerosi
aneddoti frutto di una lunga osservazione sul campo che va dalle
Barbados al giardino di casa sua, Ackerman ci introduce nella vita di
queste brillanti creature che rappresentano forse il più grande
successo evolutivo in natura: il loro genio è inteso come la
capacità di cogliere l’ambiente circostante, comprendere le cose e
scoprire come risolvere problemi, è l’attitudine ad affrontare le
sfide ambientali e sociali con acume e flessibilità, facendo spesso
qualcosa di innovativo.
«Hanno grandi storie da
raccontare, storie che chiariscono cosa probabilmente succede nella
mente di un uccello e che forse possono gettare luce anche su ciò
che succede nelle nostre menti. Tutti questi uccelli, in fondo, ci
sollecitano a riflettere in maniera inedita su cosa significa essere
intelligenti».
Ha scritto Louis Halle:
«Un uomo verrebbe sfinito in pochissimo tempo da una tale intensità
di vita». Il genio degli uccelli è un’immersione in quest’altra
vita di cui non saremo mai capaci, a partire dal volo. È, come
Melville scriveva in Moby Dick parlando della sua balena, un
invito non tanto ad allargare le nostre menti, quanto ad affinarle.
Tuttolibri La Stampa, 2 giugno 2018
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