11.8.18

Imbrogli, scandali e migrazione. Lo sport italiano agli albori del ’900 (Pasquale Coccia)



Altro che la fuga in garage dell’ex capitano dell’Atalanta Cristiano Doni. Un secolo fa, esattamente nel 1914, al malcapitato fantino fu necessario fuggire all’estero per sottrarsi alla rabbia degli scommettitori, i quali scoprirono il truffaldino accordo con un bookmaker in occasione del Gran Premio del Commercio di Milano, la manifestazione sportiva nazionale con il premio più ricco. Le agenzie di gioco asiatiche sulle quali puntano i giocatori italiani coinvolti nello scandalo scommesse e gli «zingari» che circolano nei ritiri estivi per corrompere alcuni giocatori del massimo campionato di calcio italiano? Dilettanti rispetto ai bookmakers che operavano a bordo campo a inizio Novecento. Le puntate venivano accettate a partita in corso e prevedevano che lo scommettitore desse una «mancia» al calciatore che segnava un gol. In occasione del derby giocato nel 1911 tra Genoa e Dona, le puntate arrivarono fino a 10 mila lire.
Dallo scandalo scommesse alla prima tangentopoli dello sport il passo è breve. All’Inief (Istituto nazionale per l’incremento dell’educazione fisica), riconosciuto ente morale nel 1910, per la costruzione dello stadio di Roma furono assegnate 450 mila lire, una somma che sollecitò gli appetiti del sottobosco politico, che provvide nel giro di poco tempo a prosciugarla del tutto. Il ministro Credano, chiamato a dar conto in Parlamento, ammetterà il «rapinamento di fondi». Nulla da invidiare alla lievitazione sproporzionata dei costi per la costruzione o l’ampliamento degli stadi in occasione dei campionati mondiali di calcio disputatisi nel 1990 in Italia.
Le giocate più consistenti, però, le registra il ciclismo: a Milano nel 1897 scoppiano tumulti al ciclodromo Fossati dove le combine tra concorrenti sbancano gli scommettitori. Che i fautori di imbrogli e i maneggioni di soldi la facessero da padrone è testimoniato anche da un’opera d’arte dello scultore Medardo Rosso, che nel 1894 denominò una sua scultura «Bookmakers». Il non plus ultra, però, è testimoniato dalle scommesse sul tiro al piccione: i tiratori potevano scommettere su se stessi, e a seconda della posta in gioco, infallibili tiratori sui quali si puntava a colpo sicuro, diventavano dei brocchi, il tutto a vantaggio di improbabili vincitori.
Medardo Rosso, Bookmaker
Racconta questo e molto altro Felice Fabrizio, pioniere in Italia della storia dello sport, che nel suo ultimo libro Fuoco di bellezza. La formazione del sistema sportivo italiano 1861-1914 (Sedizioni), analizza il difficile percorso della formazione delle organizzazioni sportive italiane a livello locale e nazionale. La diffusione di società sportive prevalentemente nel nord Italia (Torino, Milano, Genova) a fronte di una situazione del centro sud pressoché inesistente, se si eccettua Roma.
L’autore accenna anche al rapporto tra il fenomeno migratorio di vaste proporzioni verificatosi tra il 1880 e la fine del secolo e la nascita di società sportive nei paesi di approdo degli emigranti italiani: società ginnastiche sorgono a Marsiglia, Strasburgo, il Cairo; circoli di velocipedisti a New York, Sao Paulo e Buenos Aires; numerose società di canottaggio a Concepcion, Porto Alegre, Lima e Montevideo. A San Francisco fu costituito un Comitato coloniale per lo sviluppo dell’educazione fisica, a Santiago del Cile nel 1910 sorge l’Audax Club Italia, mentre a Sao Paulo nel 1914 nasce Palestra Italia. A Buenos Aires il Club Ciclistico Italiano, fondato nel 1898 conta più di mille soci. A fondarle sono gli immigrati della prima ora, quelli che più di altri avevano colto la necessità di accogliere i nuovi arrivati e offrire loro momenti di collettività italiana attraverso lo sport.
I rimpatri che si susseguono tra il 1885 e il 1900 (il 45%) e quelli che avvengono nella prima decade del Novecento (il 60%), rappresentano un’occasione di contaminazione e di introduzione di pratiche sportive estranee alla nostra tradizione. In tempi di globalizzazione, la ricerca storica sul rapporto tra emigranti e società sportive tra Ottocento e Novecento è un tema di estrema attualità. Felice Fabrizio ha scritto uno dei libri più interessanti pubblicati dall’editoria sportiva nei dieci anni del nuovo secolo e ci auguriamo che si cimenti presto in sfide altrettanto impegnative.

Alias il manifesto, 3 marzo 2012

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