7.8.18

Oscar Luigi Scalfaro, Totò e il caso del “prendisole”


Oscar Luigi Scalfaro fu protagonista il 20 luglio del 1950 di un episodio che fece molto scalpore sulle cronache dell'epoca, il famoso "caso del prendisole". Il fatto ebbe luogo nel ristorante romano "da Chiarina", in via della Vite, quando insieme a due colleghi di partito, ebbe un alterco con una giovane signora, Edith Mingoni in Toussan, da lui pubblicamente ripresa in quanto il suo abbigliamento, a suo parere, era sconveniente poiché ne mostrava le spalle nude.
Secondo ricostruzioni d'epoca, la signora si sarebbe tolta un bolerino a causa del caldo e Scalfaro avrebbe attraversato la sala per gridarle: “E' uno schifo! Una cosa indegna e abominevole! Lei manca di rispetto al locale e alle persone presenti. Se è vestita a quel modo è una donna disonesta. Le ordino di rimettere il bolerino!”. Secondo alcuni, il futuro presidente della Repubblica avrebbe dato anche uno schiaffo alla signora, ma Scalfaro ha sempre definito la cosa una "leggenda". Di certo uscì dal locale e rientrò con due poliziotti. In Questura la giovane donna, militante del Movimento Sociale Italiano, lo querelò per ingiurie.
Ne nacquero interrogazioni alla Camera e al Senato, presentate soprattutto da parlamentari di sinistra. Dalla rubrica che sul “manifesto” Alberto Piccinini qualche anno fa curava riprendo stralci di una sorta di autodifesa che Scalfaro produsse, intervenendo alla Camera dei Deputati.
"Ciascuno di noi, quando ha accettato l'elezione a deputato, non ha cessato di essere, non dico cristiano, ma uomo e, eventualmente anche padre di famiglia, in questo senso il deputato (...) non può non sentire il desiderio che la patria comune sia il più possibile pulita.
E se vi sono indumenti (...) che si chiamano «prendisole» - e non li ho battezzati io così - si usino per prendere il sole e non per andarsi ad accomodare in un locale chiuso, dove il pubblico ha il diritto di mangiare e non di... pascolare.
Vi sono dei diritti nei cittadini di una patria che sono i diritti alla pulizia, e quando ci si appella a questi, onorevoli colleghi, non ci si appella a dei principi di cristianesimo, ma a dei principi umani. L'uomo che affianca una donna, chiunque essa sia, alla quale voglia comunque bene (e non chiedo se a titolo lecito o no) deve sentire quello che sente la mia bimba di sei anni quando torno a casa e, non avendo ella il dono di avere con sé la sua mamma, si aggancia più facilmente ai pantaloni del suo papà e dice: «Questo è il mio papà».
L'aggettivo possessivo, onorevoli colleghi, dice molto. Chi vi ha rinunziato e non ha più il coraggio o la possibilità di dirlo nei confronti di una donna che, per le eccessivi manifestazione pubbliche, non è più privata (Applausi al centro e a destra - Proteste alla estrema sinistra), non ha calpestato i principi cristiani, ma i primi valori umani."
on. Oscar Luigi Scalfaro
Intervento alla Camera dei Deputati, 14 novembre 1950

Nessun pentimento e nessuna scusa dunque da parte del deputato, al punto che il padre della signora, un colonnello in pensione dell'Aeronautica, un pluridecorato, lo sfidò a duello. Scalfaro respinse la sfida adducendo come motivazione le sue convinzioni cristiane. Gli rimproverò pubblicamente questa scelta il Principe Antonio De Curtis, in arte Totò che gli indirizzò una puntuta lettera aperta.
"Ho appreso dai giornali che Ella ha respinto la sfida a duello inviataLe dal padre della signora Toussan, in seguito agli incidenti a Lei noti.  La motivazione del rifiuto di battersi da Lei adottata, cioè quella dei princìpi cristiani, ammetterà che è speciosa e infondata.
Il sentimento cristiano, prima di essere da Lei invocato per sottrarsi a un dovere che è patrimonio comune di tutti i gentiluomini, avrebbe dovuto impedire a Lei e ai Suoi Amici di fare apprezzamenti sulla persona di una Signora rispettabilissima.
Abusi del genere comportano l’obbligo di assumerne le conseguenze, specialmente per uomini responsabili, i quali hanno la discutibile prerogativa di essere segnalati all’attenzione pubblica, per ogni loro atto.
Non si pretende da Lei, dopo il rifiuto di battersi, una maggiore sensibilità, ma si ha il diritto di esigere che in incidenti del genere, le persone alle quali il sentimento della responsabilità morale e cavalleresca è ignoto, abbiano almeno il pudore di sottrarsi al giudizio degli uomini, ai quali questi sentimenti e il coraggio civile dicono ancora qualcosa."
principe Antonio Focas Flavio Comneno De Curtis
"Avanti!", 23 novembre 1950

Scalfaro riuscì ad evitare anche una sentenza sulla querela della signora, che chiedeva risarcimenti, grazie all'amnistia del 1953.

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