3.4.13

Berte. La musica estiva di Lampedusa (di Carlo Grande)

L’ho sentito anch’io il canto struggente delle berte, molti anni fa, quando in fuga da me stesso, non sapendo dove andare, mi aggregai a uno strano trio di operai bresciani, due maschi e una femmina, simpatizzanti per il Mls (Movimento dei lavoratori per il socialismo), in viaggio verso Lampedusa, nel 1976.
L’ho sentito e lo ricordo, come ricordo l’acqua limpidissima di certe cale ove pescavi i gamberi con le mani.
Per questo leggere sulla “Stampa” l’articolo che segue, nella rubrica di Carlo Grande dedicata agli animali, è stata per me cagione – nello stesso tempo – di nostalgia per la giovinezza perduta e di incomprensibile allegria. (S.L.L.)

Berta in volo
Quando è buio, al largo delle coste di Lampedusa e di Linosa, si può sentire il loro canto, simile a un lamento. Sono le berte, uccelli pelagici come l'albatro - che passano la vita in mare aperto e tornano a terra solo durante la stagione riproduttiva, soprattutto d'estate. Hanno formidabile apertura alare (oltre un metro) e sono grandi veleggiatrici del mare, poiché percorrono grandi distanze scivolando quasi sull'acqua, alternando al volo planato battute lente e profonde delle ali.
Le berte si possono ascoltare poco prima del tramonto, quando formano grossi stormi vicino alla costa, e al buio, quando la colonia ritorna a terra, ai nidi tra le fessure delle rocce: il canto è struggente, si dice che siano le anime dei compagni di Diomede (l'eroe omerico prediletto da Atena) condannate a vagare in cerca del loro condottiero scomparso in battaglia.
Chi va a Lampedusa, coraggioso avamposto di un'Italia sbandata, può ascoltare questa colonna sonora «naturale» dell'estate, come le cicale o lo stridere delle rondini (tv accese, radio e motorini sono un altro discorso). In questi giorni sull'isola si svolge anche un festival cinematografico, il Lampedusainfestival, con proiezioni, mostre fotografiche, reading letterari.
Le berte, che mangiano piccoli pesci, gamberi, calamari senza disdegnare qualche tuffo per andarseli a prendere, nidificano in poche altre isole e coste del Mediterraneo e dell'Atlantico: Tremiti, Canarie, Azzorre, le isole di Capo Verde. Lampedusa, però, è speciale: le Pelagie sono la quintessenza delle isole, Vincenzo Consolo ne ha scritto pagine meravigliose. Sono un ponte fra Africa e canale di Sicilia, molti migratori vi giungono stremati. E non solo gli uccelli, è ovvio.
Il canto delle berte - più penetrante per il maschio, più rauco per le femmine - è il simbolo della bellezza e della fatica della natura. Nelle notti di luna gli uccelli indugiano ancora, come clochard insonni, spinti da chissà quale tormento a fare «petit matin». Ma le berte non sono nottambule, perché tornano a casa: e alle prime luci dell'alba, riprendono il mare. Proprio mentre i pescatori rientrano. Viene in mente Buontempo, di Ivano Fossati, oggi che non si rischia né pioggia né vento, che non si sogna di navigare, e si sta in spiaggia a salutarlo, il mare. Dunque: il Mediterraneo, il canto delle berte al tramonto. Cos'altro serve, all'estate?


“La Stampa” 19/07/2011

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