30.10.09

Garibaldi a Perugia (da "micropolis" luglio 2007)


Giuseppe Garibaldi a Perugia arrivò la prima volta sul finire del 1848, quando raccoglieva forze per la costituenda Repubblica Romana. Pare che le sue parole, pronunciate nell’odierna Piazza della Repubblica, “fulminassero i tiranni”. Una seconda venuta fu preparata e annunziata nel settembre 1867. Cercherò di raccontarne la storia sulla scorta delle gazzette del tempo.
Già da qualche mese l’Eroe aveva riesumato per sé l’incarico di Generale conferitogli nel 49 dalla Repubblica Romana e aveva favorito la costituzione a Firenze, a quel tempo capitale del Regno, di un Centro dell’emigrazione romana per organizzare, con comitati in quasi tutte le città dell’Italia centrale, i liberali e i patrioti costretti all’esilio dalla reazione di Pio IX. L’obiettivo, reso possibile dal ritiro dell’esercito francese, era la liberazione di Roma attraverso un’insurrezione popolare nell’Urbe e l’azione esterna di un esercito di volontari. Garibaldi contava sulla complice solidarietà di settori dell’esercito e dello stesso governo, che dal canto suo sperava di usarlo senza pagare dazio nei rapporti con la Francia di Napoleone III.
Già nel giugno a Terni s’era radunato un centinaio di volontari a recuperare le armi lì nascoste nel 1862. Avevano tentato di varcare il confine, ma il governo di Rattazzi li aveva fermati e ne aveva fatto arrestare un buon numero. Mazzini dall’Inghilterra criticava le imprudenze, ma l’Eroe non demordeva e nelle case le patriote cucivano camicie rosse a tutto spiano.
Ai primi di settembre l’Eroe, muovendosi tra Firenze, Orvieto, Arezzo e Siena, coordina l’agitazione. A Perugia sia il Comitato locale dell’emigrazione romana che l’Associazione Democratica decidono di inviare delegazioni per invitare il Generale nel capoluogo umbro. Il giornale democratico del Trasimeno, “La Frusta”, che si stampa a Città di Castello, in una corrispondenza da Perugia, del 5 settembre, lascia intravedere contrasti e spaccature. “La Nuova Sveglia”, il giornale dei “democratici” perugini, pubblica un’indignata risposta: “La Democrazia Perugina si sente così forte e autonoma nel pensiero, e nell’azione da respingere qualunque sospetto che Altri la possa padroneggiare”. Si aggiungono le proteste degli esuli romani, ancora più vibrate. “La Frusta” è costretta a mettere in sonno “il giovane corrispondente da Perugia”, probabilmente un mazziniano.
Intanto Garibaldi è partito per la Svizzera, partecipa tra l’8 e il 9 al Congresso internazionale della Lega per la libertà e per la pace. Sulla sua presenza a Ginevra, sui contatti con gli emissari di Marx, sul suo paradossale intervento il più bel resoconto è nel Mazzini e Bakunin di Nello Rosselli. La cosa che più gli interessa, in verità, è raccogliere solidarietà nel suo attacco al Papato, baluardo del dispotismo. A metà mese è di nuovo in Toscana, attivissimo.


Lunedì 23 sul quotidiano semiufficiale di Perugia, la “Gazzetta dell’Umbria”, una “breve” informa di un telegramma del sindaco di Arezzo: Garibaldi sarebbe arrivato nel capoluogo umbro martedì 24, verso sera. Che i perugini lo accogliessero mostrando “sentimenti di italianità”.
La Società di Mutuo soccorso tra operai e artisti, in via dei Priori a Perugia, conserva alcuni documenti riguardanti i preparativi per l’imminente visita. Una lettera dell’Associazione Democratica, datata 22, invita la società mutualistica ad indicare i nominativi per il comitato d’accoglienza; dello stesso giorno (domenica) è la delibera che li individua in Rosso, Bavicchi, Zanetti e Omicini. Il giorno 23 all’Associazione Democratica giunge la lettera di Garibaldi: “Cari amici, vedrò con piacere Perugia questa patriottica città sulla quale i mercenari del Papa fecero fino all’ultimo istante, crudelmente, sentire il peso del dominio del loro padrone”.
Si provvede intanto, il 22, alla stampa di un manifesto di accoglienza, con gli slogan “Roma degli Italiani, Roma all’Italia”, ma, spiega il giornale democratico, “le autorità erano in reazione e fu sequestrato senza che si possa in buona fede comprenderne la ragione”. L’indomani la Società di Mutuo Soccorso solennemente elegge Giuseppe Garibaldi suo Presidente Onorario e fa richiesta scritta al Sindaco per l’illuminazione del Corso e dei pubblici edifici durante la visita. Nella mattinata del 24 settembre si compila la comunicazione al Generale della sua nomina a Presidente dell’Associazione mutualistica. Ma non la si potrà consegnare.
Il perché lo spiega “La Nuova Sveglia” del 28 settembre in una sua anonima cronaca. Stranamente, fin dalle prime ore del mattino del 24, alcune Guardie di Sicurezza vigilano davanti alla porta della tipografia ove si stampa il giornale (la Martini, nel convento di San Severo di via Raffaello, più o meno ove oggi è la sede di “micropolis”). Alle 10 portano all’Associazione democratica un telegramma: per “un caso inaudito” il Generale non arriverà all’ora stabilita, un nuovo dispaccio fornirà ulteriori ragguagli. Scrive il giornale: “Come di leggieri si comprende i commenti furono infiniti, ma tutti previdero una sventura che non tardò a verificarsi al giungere del treno in cui doveva trovarsi l’illustre Viaggiatore. Masse di popolo si diressero verso le stazioni prossime quasi non prestando fede alle voci che prima si erano sparse. Il resto della popolazione dapprima fu minaccioso e si credette per un momento che si facesse una dimostrazione ostile al governo in sull’imbrunire della sera. Ma molti sconsigliarono di non aggiungere al lutto nazionale disgrazie cittadine”.
Qual era il caso inaudito? Lo spiega, sullo stesso giornale, una corrispondenza firmata Pietro Del Vecchio. Costui, lunedì 23, aveva di persona accompagnato a Sinalunga Garibaldi, ove questi aveva passato “la sera nella gioia più cordiale” ma, “martedì 24, alle 5 del mattino, in sull’albeggiare una compagnia del 37° fanteria circuiva la casa”. Riassumo i concitati accadimenti: un luogotenente dei Carabinieri mostra un ordine d’arresto a Garibaldi che è ancora a letto. Il Generale chiede di poter fare un bagno: gli concedono mezz’ora. Adeguatamente scortato il detenuto partirà dalla vicina stazione di Lucignano intorno alle 6 verso il Nord.
Nell’affollatissima adunanza del 25 settembre la Società democratica perugina protesterà “per l’atto codardo e illegale iniquamente consumato”.
Il resto lo si trova nei libri di storia: condotto e rinchiuso nella fortezza di Alessandria e poi confinato a Caprera, Garibaldi ne evaderà astutamente per guidare la sfortunata spedizione nei territori del Papa conclusasi con la sconfitta di Mentana. A Perugia non avrà più modo di tornare.

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