2.7.10

Lettere dal Carcere. Sandro Pertini (da Pianosa, 23 e 26 febbraio 1933).


Stabilimenti penali di Pianosa, 23 febbraio 1933
A Sua Eccellenza il Presidente del Tribunale Speciale .
La comunicazione che mia madre ha presentato domanda di grazia in mio favore, mi umilia profondamente. Non mi associo dunque a simile domanda, perché sento che macchierei la mia fede politica, che più di ogni cosa, della mia stessa vita, mi preme.
Il recluso politico
Sandro Pertini
-----

Stabilimenti penali di Pianosa, 26 febbraio 1933
Mamma,
con quale animo hai potuto fare questo?
Non ho più pace da quando mi hanno comunicato che tu hai presentato domanda di grazia per me. Se tu potessi immaginare tutto il male che mi hai fatto, ti pentiresti amaramente di aver scritto una simile domanda. Debbo frenare lo sdegno del mio animo, perché sei mia madre e questo non debbo mai dimenticarlo.
Dimmi mamma, perché hai voluto offendere la mia fede? Lo sai bene, che è tutto per me, questa mia fede, che ho sempre amato tanto. Tutto me stesso ho offerto ad essa e per essa con animo lieto ho accettato la condanna e serenamente ho sempre sopportato la prigionia. È l’ultima cosa di veramente grande e puro, che io porti in me, e tu, proprio tu, hai voluto offenderla così? Perché, mamma, perché? Qui nella mia cella, di nascosto, ho pianto lacrime di amarezza e di vergogna – quale smarrimento ti ha sorpresa, perché tu abbia potuto compiere un simile atto di debolezza? E mi sento umiliato al pensiero che tu, sia pure per un solo istante, abbia potuto supporre che io potessi abiurare la mia fede politica pur di riacquistare la mia libertà. Tu che mi hai sempre compreso, che tanto andavi orgogliosa di me, hai potuto pensare questo? Ma dunque, ti sei improvvisamente così allontanata da me, da non intendere più l’amore, che io sento per la mia idea? Come si può pensare che io, pur di tornare libero, sarei pronto a rinnegare la mia fede? E privo della mia fede, cosa può importarmene della libertà? La libertà, questo bene prezioso tanto caro agli uomini, diventa un sudicio straccio da gettar via, acquistato al prezzo di questo tradimento, che si è osato proporre a me. Nulla può giustificare questo tuo imperdonabile atto.
Lo so, più di te sono colpevoli coloro che ti hanno consigliata di compierlo. Vi sono stati spinti dall’amicizia che per me sentono e dalla pietà che provano per le mie condizioni di salute? Ma pietà ed amicizia diventano sentimenti falsi e disprezzabili, quando fanno compiere simili azioni. Mi si lasci in pace, con la mia condanna, che è il mio orgoglio, e con la mia fede, che è tutta la mia vita. Non ho chiesto mai pietà a nessuno e non ne voglio. Mai mi sono lagnato di essere in carcere e perché, dunque, propormi un così vergognoso mercato? E tu povera mamma ti sei lasciata persuadere, perché troppo ti tormenta il pensiero che io non ti trovi più al mio ritorno. Ma dimmi, mamma, come potresti abbracciare tuo figlio, se a te tornasse macchiato di un così basso tradimento? Come potrei viverti vicino, dopo aver venduto la mia fede, che tu hai sempre tanto ammirata? No, mamma, meglio che tu continui a pensarlo qui, in carcere, ma puro d’ogni macchia, questo tuo figliuolo, che vedertelo vicino colpevole però d’una vergognosa viltà. Che male ho fatto per meritare una simile offesa? Forse ho peccato di orgoglio, quando andavo superbo di te, che con fiera rassegnazione sopportavi il dolore di sapermi in carcere. E ne parlavo con orgoglio ai miei compagni. E adesso non posso più pensarti, come sempre ti ho pensata: qualche cosa hai distrutto in me, mamma, e per sempre. È bene che tu conosca la dichiarazione da me scritta, all’invito se mi associavo alla domanda da te presentata. Eccola. «La comunicazione, che mia madre ha presentato domanda di grazia in mio favore, mi umilia profondamente. Non mi associo, quindi, ad una simile domanda, perché macchierei la mia fede politica, che più di ogni cosa, della mia stessa vita, mi preme». Per questo mio reciso rifiuto la tua domanda sarà respinta. E adesso non mi rimane che chiudermi in questo amore, che porto alla mia fede e vivere di esso. Lo sento più forte in me, dopo questo tuo atto. E mi auguro di soffrire pene maggiori di quelle sofferte sino ad oggi, di fare altri sacrifici, per scontare io questo male che tu hai fatto. Solo così riparata sarà l’offesa, che è stata recata alla mia fede ed il mio spirito ritroverà finalmente la sua pace.
Ti bacio tuo Sandro.
P.S. Non ti preoccupare della mia salute, se starai molto priva di mie lettere.

2 commenti:

farostella ha detto...

Leggere una lettera come questa fa venire i brividi. Meglio che il povero Sandro non sappia da lassù quali sono gli uomini politici che l'hanno seguito e soprattutto quali sono le loro azioni. Come è possibile che solo in qualche decennio lo spirito di sacrificio per il bene di un paese di tanti uomini come Pertini sia cambiato in abietto individualismo, che sia dilagata la corruzione e che la politica sia solo un mezzo per arricchirsi lasciando che gli ideali siano solo una maschera da presentare al momento della campagna elettorale?
Ti rimpiangiamo tutti Sandro perchè sei stato un uomo vero.
Un abbraccio.
Alessandro

Tovalares ha detto...

Quando lo scoramento mi prende, per uno dei tanti motivi che assillano l'intero nostro popolo di onesti e integri lavoratori, quando vengo a sapere che qualche mio amico, o amica, non ha un solo €uro per comprare un piccolo pezzetto di pane… e una bottiglia d’acqua… allora rileggo la lettera che l’ultimo vero, autentico, Uomo Politico Italiano ha scritto a sua madre, tre giorni dopo quella scritta al Presidente del Tribunale Speciale e ne traggo forza e nuovo vigore.

statistiche