28.4.13

Il tatcherismo (di Geoff Andrews)


L'annuncio della morte di Thatcher ha provocato molte reazioni. C'è una certa nostalgia nei ricordi di questi giorni, sia quando evocavano le sue avventure imperiali nel sud dell'Atlantico che la sua stoica opposizione ai burocrati europei. E inevitabilmente questioni complesse sono state ridotte a semplici messaggi.
La memoria storica è tuttavia un'arena politica soggetta a contestazioni; e questo è reso evidente dal «caso Thatcher». Ci sono stati i tributi dei politici Tory e New Labour, ma anche festeggiamenti per la sua morte nelle strade di Glasgow, Liverpool e Brixton. La figura di Margaret Thatcher - e, più specificatamente, il thatcherismo - ha avuto un influenza profonda nella politica contemporanea. Tutti i partiti hanno dimostrato rispetto per l'ex primo ministro descrivendola come un politico «sicuro di sé». Quella che segue è una riflessione sui limiti dei politici moderni, sempre più influenzati dal rumore di fondo della discussione pubblica e dai suggerimenti di spin-doctor che operano in un'era ideologica meno polarizzata che in passato.
Thatcher - e in particolare il thatcherismo - hanno avuto un forte impatto nella società inglese. Che sia stato coniato un «ismo» implica che si sono consolidate idee specifiche e una visione di come le cose dovrebbero essere. Per esempio, pochi parlano di «blairismo»; e se lo fanno si riferiscono a questioni di stile. La natura ideologica del thatcherismo ci aiuta invece a capire i cambiamenti in ambito politico, economico, culturale che hanno caratterizzato la Gran Bretagna negli ultimi decenni.
Molte tra le riflessioni pioneristiche sul thatcherismo si possono trovare nei lavori di Stuart Hall. Il suo primo articolo, scritto prima che Thatcher arrivasse al potere e mentre Hall era ancora al Centro studi culturali contemporanei, è una previsione dello «spostamento a destra» che stava avendo luogo nella società inglese.
Hall sottolineava il modo in cui Thatcher e la destra radicale avessero sviluppato una critica del modello social-democratico post-bellico e avessero tentato di costruire un consenso alle loro posizioni facendo leva sul «senso comune» e sulle paure della gente, insistendo sull'idea-guida della centralità del libero mercato e dello stato forte. Hall chiamava questa tendenza «populismo autoritario». L'analisi di Hall era permeata dalle idee di Antonio Gramsci attorno ai periodi di «crisi organica», in cui l'ideologia dominante, le consuetudini, gli accordi politici e logiche economiche non convincono più e sono messe in discussione.
Secondo Gramsci, le crisi organiche, che «possono durare decenni», sono momenti della politica in cui «il vecchio sta morendo ma il nuovo ancora deve nascere». Secondo Hall, la Gran Bretagna dalla metà degli anni Settanta in poi ha attraversato questo tipo di crisi. Thatcher lo aveva capito, cogliendo la perdita di consenso del modello socialdemocratico e keynesiano. Per avvantaggiarsi di questa situazione il Partito conservatore ha fatto sue l'ideologia del libero mercato, proponendo politiche sociali autoritarie.
In altri articoli, apparsi su “Marxism Today” e altrove, Hall, che ha iniziato a insegnare all'Open University come professore di Sociologia lo stesso anno in cui Thatcher diventava primo ministro, elaborava in merito un altro concetto gramsciano: l'«egemonia». Il thatcherismo, sosteneva Hall, è un progetto «egemonico». In quegli scritti Hall aggiungeva anche che la sinistra aveva fallito; non ha infatti capito la natura della crisi e non ha presentato un'alternativa. All'opposto, l'ideologia thatcheriana aveva estratto elementi dal lavoro di Milton Friedman applicandoli alla specifica situazione della Gran Bretagna. Questo tipo di individualismo, ora definito «radicalmente di destra», ha rappresentato un cambiamento «qualitativo» nell'agenda politica del partito conservatore.
In questo modo Thatcher, sostenuta da think tank della nuova destra, incluso l'Istituto di Affari economici, il Centro di Studi politici e l'Istituto Adam Smith, ha potuto affermare che il welfare state voluto dal Labour party e la sua agenda sociale stavano negando la libertà degli individui, incoraggiando la dipendenza dallo stato. Lo Stato sociale e il potere dei sindacati erano, per i conservatori, i responsabili della rovina economica britannica. Margaret Tatcher aveva gioco facile nel sostenere che il keynesianesimo, che aveva in parte permeato i governi conservatori e laburisti del passato, aveva fallito e aveva bisogno di essere sostituito con il pensiero monetaristico. Le privatizzazioni su larga scala di quello che i conservatori classici hanno considerato l'«argento di famiglia», sarebbero venute dopo.
Quando si ricorda il thatcherismo è anche importante considerare il vasto impatto culturale che ha avuto. Ha stimolato una risposta significativa in teatro, letteratura e musica e alcune delle più innovative critiche sono venute dagli artisti. Il thatcherismo ha, quasi da solo, incoraggiato un nuovo genere artistico: la drammaturgia di Alan Bleasdale, i film di Mike Leigh o la musica di Billy Bragg.
L'eredità del thatcherismo ha preso strade di diverso tipo. I politici New Labour gli hanno apertamente riconosciuto il loro debito ad esso per presentare le riforme economiche e sindacali una volta tornati al governo. Molti commentatori hanno inoltre sottolineato un parallelo stringente tra il linguaggio su welfare e povertà degli anni Novanta e le attuali agende governative.
Il thatcherismo ha lasciato il suo segno «ideologico» anche sull'educazione scolastica. Nei primi anni Ottanta, il ministro dell'Educazione Keith Joseph, insieme ad alcuni dirigenti del Dipartimento, erano stati visti ai corsi dell'Open University in cerca di orientamenti marxisti. Si spera che abbiano trovato qualcosa che abbia stimolato il loro interesse, ma leggendo l'agenda dell'Educazione, con la sua attuale attenzione alla «spendibilità» e ai «consumatori», è però settore dove il thatcherismo ha, per il momento, vinto.

trad. it. Giuseppe Acconcia
il manifesto 18 aprile 2013

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