25.9.14

Com'era brutta la bella Otero (Luciano Lucignani)

Era poi davvero cosi bella come vuole la leggenda, la bella Otero? Una delle fotografie che illustrano la dettagliatissima biografia dedicatale da Massimo Grillandi (La Bella Otero, Rusconi) ce la mostra in calzamaglia, con sulle spalle una pelliccia, naturalmente di visone, tenuta generosamente spalancata. E si deve proprio dire che il concetto di bellezza appartiene, più di altri, alla categoria delle «variabili», perché ai nostri occhi l'immagine è francamente deludente. Che cosa farebbe supporre in questa ragazzotta di paese, dal volto inespressivo e la figura piuttosto tarchiata, l'irresistibile fascino che all'epoca tutti le riconobbero e per il quale persero la testa i potenti di mezzo mondo? Pure, è quello che accadde; e questa biografia non ne fa certo mistero, anche se l'autore fa di tutto per convincerci che la sua eroina, danzatrice, attrice e cantante, aveva il sacro fuoco dell'arte nelle vene.
Fuoco, anche se non proprio artistico, l'andalusa Carolina Carasson, poi celebre soltanto come la Bella Otero, doveva averne senz'altro. E anche passione, soprattutto per il denaro. Ottenne entrambi, e in misura davvero eccezionale ; segno indubbio che qualche qualità doveva pur possederla. Come artista, a detta di molti, fu poco più che mediocre ; ma quella mediocrità le servì per costruire la sua vera carriera. Che fu, diciamolo in parole chiare, quella della cortigiana. La Bella Otero fu forse l'ultima grande cortigiana di quel periodo a cavallo tra la fine del secolo scorso e l'inizio del nostro che i nostalgici ricordano come «la Belle Époque», e sul quale scese definitivamente il sipario allo scoppio del primo conflitto mondiale.
Un luogo comune, certo, ma non per tutti. Sicuramente non per la maggior parte delle teste, coronate e non, che il fascino della procace andalusa fece girare, sempre in cambio di munifici regali. La collezione della Bella Otero abbonda infatti di re, principi, conti, duchi, marchesi e baroni (da Leopoldo del Belgio ad Alberto di Monaco, Edoardo d'Inghilterra, Nicola II di Russia, Alfonso XIII di Spagna, il Kaiser Guglielmo II, il Kedivé d'Egitto e lo Scià di Persia, per citare soltanto i più noti). Come varianti, ne fanno parte capi di governo (il Primo ministro francese, Aristide Briand), miliardari americani (William Vanderbilt e Paulo Sertori), impresari, banchieri e giovani ereditieri. Il criterio d'ammissione all'alcova della «grande artista» era uno solo: la notorietà del conto in banca. I suoi «ammiratori» non brillarono mai per avvenenza, gioventù o intelletto: alcuni anzi, come il barone Ollstreder, erano francamente ripugnanti, o, come lo Scià di Persia, non emanavano un «buon odore». Ma possedevano, è chiaro, altre risorse. Chissà come fece a introdursi nella coorte di questi benestanti anche il nostro D'Annunzio, che notoriamente era sempre alle prese con i creditori.
Ciò nonostante, i contemporanei idolatrarono la Bella Otero; fra loro, giornalisti, scrittori, poeti e pittori. Perfino i critici che recensirono le sue esibizioni non le furono avari di lodi (anche se, per la verità, rivolte soprattutto alla sua avvenente spregiudicatezza). Unica eccezione, una donna dallo sguardo lungo e la lingua non biforcuta, che la conobbe da vicino: Colette, l'autrice de La Vagabonde, che in Mes apprentissages ne parla come di una donna «arida, aggressiva, colma solo di sé». E disponibile, avrebbe dovuto aggiungere, per chiunque avesse cercato di avvicinarla disponendo delle note credenziali. Pare infatti, e la biografia di Grillandi lo conferma, che la Bella Otero non fosse di quelle che fanno perdere tempo.
Lo Scià di Persia, per esempio, malgrado la sua scarsa avvenenza e il cattivo odore che emanava, intrecciò una relazione con lei in quattro e quattr'otto, appena arrivato a Parigi. Questo Muzzaffar-ed-Din era d'una regolarità, nei suoi appuntamenti, da far invidia a un milanese. Arrivava a casa della Otero alle quattordici e se ne andava alle diciassette, scortato dai suoi giannizzeri. Poco dopo si presentava a casa dell'«artista» un ciambellano, con un cuscino sul quale era un cofanetto d'oro. Nel cofanetto, un prezioso gioiello, che la Otero prendeva, senza dire una parola perché l'ordine dello Scià era che i ringraziamenti fossero aboliti. Oriente misterioso? No, il poverino voleva semplicemente illudersi che il suo fosse, ogni volta, un incontro d'amore.
Dato il genere dei regali che riceveva e il numero dei donatori, è facile rendersi conto di quanto doveva essere ricca la Otero. Pure, dal 1918, anno in cui si ritirò a Nizza per vivere di ricordi e scrivere le sue memorie, fino alla morte, giunta il 10 aprile 1965, visse, quasi in miseria, prima di misteriosi aiuti anonimi (giunti forse da qualche antico spasimante) e poi della pensione, anzi del sussidio, di 5.000 franchi mensili, dell'amministrazione comunale. A rovinarla era stato il gioco: i giorni e le notti trascorsi ai casinò (soprattutto a quello di Montecarlo), vincendo una volta e perdendo novantanove. Uno dopo l'altro, i munifici doni presero la via degli strozzini, e una volta imboccata la china, non fu più possibile fermarsi. In fondo, il destino non è stato benevolo con la Bella Otero: facendola sopravvivere per quasi mezzo secolo alla sua vita vera, ha fatto in tempo a toglierle tutto quello che negli anni precedenti le aveva dato.
La biografia di Grillandi scorre veloce sugli ultimi anni della sua eroina: è un segno di pietà, o non c'era più nulla da dire? Propendiamo per la prima ipotesi. Un biografo come Grillandi, che passa con rapida disinvoltura dalla Russia degli zar (Rasputin) alla Roma papalina (Gioachino Belli); alla Francia della «belle époque», fatti ne trova sempre. E, se non li trova, se li inventa.


“la Repubblica”, ritaglio senza data, probabilmente 1982

1 commento:

Salvatore Lo Leggio ha detto...

Un anonimo mi fa notare che la bella Otero non era andalusa e sollecita chi scrive questo tipo di articoli a un po' più di ricerca. Purtroppo Lucignani è morto nel 2008 e non può tenere conto del suo invito.
Quanto a me, che, non sentendomi affatto obbligato a ulteriori ricerche, metto a disposizione i ritagli di stampa del mio archivio senza controlli, lascio all'autore i meriti di quanto ha scritto o la responsabilità di errori sempre possibili.
Ringrazio in ogni caso il lettore della segnalazione, che a una superficiale verifica (wikipedia) risulta puntuale. La bella Otero dovrebbe essere gallega. Se capitasse, qui e altrove in questo blog, fate liberamente le vostre correzioni. Nessuno se ne adonta.

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