Louis Léopold Boilly,
À cheval sur le bidet (XVIII secolo)
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Pulizia e sporcizia ci
sembrano oggi due concetti ben precisi. Quanto siano stati invece
fluttuanti nel corso dei secoli scorsi in Occidente, ce lo dimostra
il sociologo Georges Vigarello in un saggio erudito, ma anche
divertente, Le propre et le sale - L'hygiène du corps depuis le
Moyen Age (Seuil).
"Igiene" non va
inteso qui nel senso stretto, acquisito di recente: in passato era
una nozione vaga, legata ai comportamenti etici e sociali, tant'è
vero che, nell'Ottocento, nei programmi delle elementari era una
materia inclusa nell'istruzione religiosa.
Nel Medio Evo la pratica
dei bagni pubblici e dei "bagni di vapore", retaggio delle
terme romane e prefigurazione della moderna sauna, è assai diffusa.
Nel 1292 esistono a Parigi ben ventisei stabilimenti del genere:
alcuni popolari, dove uomini e donne d'ogni età sguazzano insieme in
tinozze circolari, come si vede nelle incisioni del tempo, oppure
sudano in un'atmosfera promiscua, propizia agli approcci amorosi,
spesso accompagnati da abbondanti libagioni; altri di lusso, che
funzionano come alberghi, dove i gran signori si recano per i loro
appuntamenti galanti.
L'istituzione è dunque
legata a pratiche conviviali e libertine, poi degenerate al punto che
molti stabilimenti si trasformano in autentici bordelli, dove spesso
esplode la violenza (nei bagni di Gand, nel 1479, si registrano in
dieci mesi 1.400 aggressioni): si tenterà di porvi rimedio
istituendo dei bagni separati, o dei turni per gli uomini e per le
donne.
Quando poi scoppiano le
epidemie, i medici sollecitano la chiusura di questi stabilimenti; si
teme il contagio della peste come della sifilide; si sostiene perfino
che una donna, anche in mancanza di contatti intimi, possa essere
ingravidata da uno spermatozoo vagabondo. Frattanto si sviluppa
l'offensiva dei medici contro l'acqua e i vapori caldi che, dilatando
i pori, rendono il corpo permeabile nei due sensi: lo aprono
all'infiltrazione di "veleni" (oggi diremmo dei virus) e
contemporaneamente favoriscono la fuoruscita degli "umori"
biologici, con la conseguenza di indebolire l' organismo. Così
l'acqua è proscritta, tranne per il lavaggio delle mani e lo
sciacquo della bocca, e sostituita da frizioni a secco. Anche il
corpo del neonato, dopo il bagno post-partum, viene
"impermeabilizzato", cioè spalmato di cenere di cozze e
corna di bue ridotte in polvere, o cenere di piombo diluita nel vino;
e poi avviluppato in petali di rose tritati misti a sale, per
otturare i pori.
La stessa preoccupazione
si estende agli indumenti: li si consigliano a trama fitta e liscia,
in raso o taffetas per i ricchi, tela cerata per i poveri, al
fine impedire le infiltrazioni di miasmi. Il cambio della biancheria,
in particolare della camicia, diventa l'indice esteriore della
pulizia. L'interesse si appunta soprattutto sulle parti visibili, il
colletto e i polsini, che per gli abbienti si orneranno di pizzi e di
ricami. E qui interviene una prima discriminazione sociale. Il Re
Sole cambia camicia tre volte al giorno (il cambio mattutino
interviene durante il rito pubblico del "lever du roi").
Molière e Racine alla loro morte erano in possesso di trenta
camicie, un lusso che i poveri non possono permettersi.
La sporcizia del corpo è
uguale per tutti, e perciò tutti puzzano; ma mentre i poveri la
puzza se la devono tenere, i ricchi la neutralizzano (o cercano di
neutralizzarla) a forza di unguenti e di profumi, imbottendo di
sacchetti aromatici il cavo delle ascelle, i risvolti del giubbetto,
le pieghe delle gonne. Comunque pulci e pidocchi non risparmiano né
sovrani né papi: l'azione dello spidocchiamento fa parte di un
rituale quotidiano ed è considerata come una manifestazione di
deferenza e di affetto: le donne spidocchiano i loro amanti, le
figlie le loro madri, le serve i padroni; né mancano delle
spidocchiatrici di professione.
Il Settecento segnerà
l'inizio della riabilitazione dell'acqua e del bagno. Mentre Luigi
XIV possedeva a Versailles una vasca da bagno, di cui però non si
servì mai (finì nel Parco come portafiori), Luigi XV, attorniato
dai suoi cortigiani, assiste al bagno di Madame de Chateauroux:
pratica che non solo conferma il potere della favorita, ma lancia una
moda, in un primo tempo riservata a una stretta élite.
Intorno al 1730 si inventano anche i bidets - mobili preziosi,
come quello della Pompadour in legno di rosa con ornamenti in bronzo
dorato, tuttora assai ricercati dagli antiquari - e poi si installano
i primi gabinetti "lieux à l' anglaise".
Parallelamente, a partire dal 1760 si scatena la grande battaglia
intorno ai bagni caldi o freddi. Il primo stabilimento di bagni
caldi, a tariffe ancora proibitive (un ingresso costa tre volte il
salario quotidiano di un artigiano), viene inaugurato nel 1761 a
bordo di un natante sulla Senna; la Facoltà di medicina vanta gli
effetti terapeutici dell'acqua calda, che distende i muscoli e calma
i nervi.
Altri luminari esaltano
invece le virtù dell'acqua fredda e del nuoto, che attivano la
circolazione del sangue, il funzionamento della vescica, del fegato e
della milza e combattono la "mollezza": "finché i
romani, uscendo dal Campo Marzio, andavano a tuffarsi nel Tevere,
furono i padroni del mondo". La crociata contro la "mollezza"
di un'aristocrazia decadente si ricollega alla dottrina di Rousseau
sul "ritorno alla natura". Il modello della sua Sophie,
unicamente adorna della propria bellezza naturale, che non conosce
"altra fragranza se non quella dei fiori", finirà per
trionfare sugli artifici "depravati": chiome incipriate e
acconciate a piramide, alla Maria Antonietta, trucco che altera la
pelle, profumi ambrati o muschiati che provocano cefalee e "vapori".
Sul finire del XVIII
secolo, sotto la spinta di considerazioni socio-economiche e
demografiche, ci si comincia preoccupare dell'insalubrità dei
quartieri popolari e a gettar le basi di un'organizzazione sanitaria
collettiva. Si sgomberano i cimiteri dai centri urbani, si installano
pompe per ripulir le strade dalle immondizie, si creano dei
"bains-douches" a prezzi modici, che coesistono coi bagni
di lusso: come i "bagni cinesi" dei Boulevards, con
contigue sale di riposo e di lettura.
Intanto cambia anche la
pedagogia: secondo i manuali d'igiene popolare che si moltiplicano,
"la sporcizia è la livrea del vizio"; per esorcizzare,
quest'ultimo bisogna imporre al povero la pulizia, garanzia di ordine
e di moralità. La Chiesa prende la testa di questa nuova crociata
(però negli istituti religiosi si diffida sempre del bagno, perché
può indurre a "cattivi pensieri"; fino a un'epoca recente,
le educande dovranno fare il bagno in camicia).
Nuova svolta alla fine
dell'Ottocento. Quando Pasteur comincia a penetrare i misteri
dell'universo batteriologico, l'acqua acquista virtù antisettiche,
distrugge i microbi. Il pregiudizio sociale si sposta allora in
un'altra direzione: il povero diventa sospetto come portatore
potenziale di virus, poichè "ci sono cinquanta volte più
microbi nell' alloggio di un povero che nell'aria della cloaca più
infetta". Il percorso si chiude con due ultime conquiste: la
privatizzazione della stanza da bagno (non sono più le ancelle che
lavano la padrona, e tanto meno i valletti, come si usava nel
Settecento, quando un domestico non era considerato "un uomo",
per cui il suo sguardo non poteva offendere il pudore) e la
separazione del W.C., che diventa "un santuario" dove
nessuno, "soprattutto non lo sposo amato", deve penetrare
quando è occupato dalla sposa.
la Repubblica, 5 marzo
1986
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