26.9.14

Lavatevi e godete. Sporco e pulito dal Medioevo a Pasteur (Elena Guicciardi)

Louis Léopold Boilly, À cheval sur le bidet (XVIII secolo)
Pulizia e sporcizia ci sembrano oggi due concetti ben precisi. Quanto siano stati invece fluttuanti nel corso dei secoli scorsi in Occidente, ce lo dimostra il sociologo Georges Vigarello in un saggio erudito, ma anche divertente, Le propre et le sale - L'hygiène du corps depuis le Moyen Age (Seuil).
"Igiene" non va inteso qui nel senso stretto, acquisito di recente: in passato era una nozione vaga, legata ai comportamenti etici e sociali, tant'è vero che, nell'Ottocento, nei programmi delle elementari era una materia inclusa nell'istruzione religiosa.
Nel Medio Evo la pratica dei bagni pubblici e dei "bagni di vapore", retaggio delle terme romane e prefigurazione della moderna sauna, è assai diffusa. Nel 1292 esistono a Parigi ben ventisei stabilimenti del genere: alcuni popolari, dove uomini e donne d'ogni età sguazzano insieme in tinozze circolari, come si vede nelle incisioni del tempo, oppure sudano in un'atmosfera promiscua, propizia agli approcci amorosi, spesso accompagnati da abbondanti libagioni; altri di lusso, che funzionano come alberghi, dove i gran signori si recano per i loro appuntamenti galanti.
L'istituzione è dunque legata a pratiche conviviali e libertine, poi degenerate al punto che molti stabilimenti si trasformano in autentici bordelli, dove spesso esplode la violenza (nei bagni di Gand, nel 1479, si registrano in dieci mesi 1.400 aggressioni): si tenterà di porvi rimedio istituendo dei bagni separati, o dei turni per gli uomini e per le donne.
Quando poi scoppiano le epidemie, i medici sollecitano la chiusura di questi stabilimenti; si teme il contagio della peste come della sifilide; si sostiene perfino che una donna, anche in mancanza di contatti intimi, possa essere ingravidata da uno spermatozoo vagabondo. Frattanto si sviluppa l'offensiva dei medici contro l'acqua e i vapori caldi che, dilatando i pori, rendono il corpo permeabile nei due sensi: lo aprono all'infiltrazione di "veleni" (oggi diremmo dei virus) e contemporaneamente favoriscono la fuoruscita degli "umori" biologici, con la conseguenza di indebolire l' organismo. Così l'acqua è proscritta, tranne per il lavaggio delle mani e lo sciacquo della bocca, e sostituita da frizioni a secco. Anche il corpo del neonato, dopo il bagno post-partum, viene "impermeabilizzato", cioè spalmato di cenere di cozze e corna di bue ridotte in polvere, o cenere di piombo diluita nel vino; e poi avviluppato in petali di rose tritati misti a sale, per otturare i pori.
La stessa preoccupazione si estende agli indumenti: li si consigliano a trama fitta e liscia, in raso o taffetas per i ricchi, tela cerata per i poveri, al fine impedire le infiltrazioni di miasmi. Il cambio della biancheria, in particolare della camicia, diventa l'indice esteriore della pulizia. L'interesse si appunta soprattutto sulle parti visibili, il colletto e i polsini, che per gli abbienti si orneranno di pizzi e di ricami. E qui interviene una prima discriminazione sociale. Il Re Sole cambia camicia tre volte al giorno (il cambio mattutino interviene durante il rito pubblico del "lever du roi"). Molière e Racine alla loro morte erano in possesso di trenta camicie, un lusso che i poveri non possono permettersi.
La sporcizia del corpo è uguale per tutti, e perciò tutti puzzano; ma mentre i poveri la puzza se la devono tenere, i ricchi la neutralizzano (o cercano di neutralizzarla) a forza di unguenti e di profumi, imbottendo di sacchetti aromatici il cavo delle ascelle, i risvolti del giubbetto, le pieghe delle gonne. Comunque pulci e pidocchi non risparmiano né sovrani né papi: l'azione dello spidocchiamento fa parte di un rituale quotidiano ed è considerata come una manifestazione di deferenza e di affetto: le donne spidocchiano i loro amanti, le figlie le loro madri, le serve i padroni; né mancano delle spidocchiatrici di professione.
Il Settecento segnerà l'inizio della riabilitazione dell'acqua e del bagno. Mentre Luigi XIV possedeva a Versailles una vasca da bagno, di cui però non si servì mai (finì nel Parco come portafiori), Luigi XV, attorniato dai suoi cortigiani, assiste al bagno di Madame de Chateauroux: pratica che non solo conferma il potere della favorita, ma lancia una moda, in un primo tempo riservata a una stretta élite. Intorno al 1730 si inventano anche i bidets - mobili preziosi, come quello della Pompadour in legno di rosa con ornamenti in bronzo dorato, tuttora assai ricercati dagli antiquari - e poi si installano i primi gabinetti "lieux à l' anglaise". Parallelamente, a partire dal 1760 si scatena la grande battaglia intorno ai bagni caldi o freddi. Il primo stabilimento di bagni caldi, a tariffe ancora proibitive (un ingresso costa tre volte il salario quotidiano di un artigiano), viene inaugurato nel 1761 a bordo di un natante sulla Senna; la Facoltà di medicina vanta gli effetti terapeutici dell'acqua calda, che distende i muscoli e calma i nervi.
Altri luminari esaltano invece le virtù dell'acqua fredda e del nuoto, che attivano la circolazione del sangue, il funzionamento della vescica, del fegato e della milza e combattono la "mollezza": "finché i romani, uscendo dal Campo Marzio, andavano a tuffarsi nel Tevere, furono i padroni del mondo". La crociata contro la "mollezza" di un'aristocrazia decadente si ricollega alla dottrina di Rousseau sul "ritorno alla natura". Il modello della sua Sophie, unicamente adorna della propria bellezza naturale, che non conosce "altra fragranza se non quella dei fiori", finirà per trionfare sugli artifici "depravati": chiome incipriate e acconciate a piramide, alla Maria Antonietta, trucco che altera la pelle, profumi ambrati o muschiati che provocano cefalee e "vapori".
Sul finire del XVIII secolo, sotto la spinta di considerazioni socio-economiche e demografiche, ci si comincia preoccupare dell'insalubrità dei quartieri popolari e a gettar le basi di un'organizzazione sanitaria collettiva. Si sgomberano i cimiteri dai centri urbani, si installano pompe per ripulir le strade dalle immondizie, si creano dei "bains-douches" a prezzi modici, che coesistono coi bagni di lusso: come i "bagni cinesi" dei Boulevards, con contigue sale di riposo e di lettura.
Intanto cambia anche la pedagogia: secondo i manuali d'igiene popolare che si moltiplicano, "la sporcizia è la livrea del vizio"; per esorcizzare, quest'ultimo bisogna imporre al povero la pulizia, garanzia di ordine e di moralità. La Chiesa prende la testa di questa nuova crociata (però negli istituti religiosi si diffida sempre del bagno, perché può indurre a "cattivi pensieri"; fino a un'epoca recente, le educande dovranno fare il bagno in camicia).
Nuova svolta alla fine dell'Ottocento. Quando Pasteur comincia a penetrare i misteri dell'universo batteriologico, l'acqua acquista virtù antisettiche, distrugge i microbi. Il pregiudizio sociale si sposta allora in un'altra direzione: il povero diventa sospetto come portatore potenziale di virus, poichè "ci sono cinquanta volte più microbi nell' alloggio di un povero che nell'aria della cloaca più infetta". Il percorso si chiude con due ultime conquiste: la privatizzazione della stanza da bagno (non sono più le ancelle che lavano la padrona, e tanto meno i valletti, come si usava nel Settecento, quando un domestico non era considerato "un uomo", per cui il suo sguardo non poteva offendere il pudore) e la separazione del W.C., che diventa "un santuario" dove nessuno, "soprattutto non lo sposo amato", deve penetrare quando è occupato dalla sposa.


la Repubblica, 5 marzo 1986  

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