Da
un vecchissimo numero di “Giovane Critica”, la rivista catanese
del giovane Mughini, riprendo una bella pagina cinematografica di
Antonin Artaud. La premessa esplicativa è di Goffredo Fofi che curò
una scelta di brani artaudiani a corredo di un suo articolo su Artaud
e il cinema. (S.L.L.)
Antonin Artaud |
E' noto l'entusiasmo
con cui i surrealisti, e dietro a loro un po' tutta l'intellighenzia
francese del tempo, scoprirono nel 1931 i film dei Fratelli Marx. Da
Breton a Sartre, l'ammirazione per la libertà e la distruzione di
ogni regola — il desiderio come base e stimolo ad ogni loro azione
—, e di conseguenza lo sconvolgimento di un mondo di convenzioni e
di repressioni, suscitarono commenti di un entusiasmo, giustificato,
inferiore solo o quello che la generazione precedente aveva provato
per Chaplin. Giù giù, fino a Kyrou e a Benayoun, non saranno
mancati gli esegeti attenti della comicità Marxiana, ma tra tutti il
testo di Artaud, pubblicato dapprima nella “Nouvelle Revue
Française” del primo gennaio 1932, è ancora uno dei testi più
interessanti, sia perché Artaud vi individua immediatamente
l'essenza stessa della comicità dei Brothers, sia perché vi scopre
elementi di contatto con le proposte che egli stesso andava
elaborando. E' significativo il fatto che Artaud l'abbia ripreso,
unico testo sul cinema, in appendice a “Le Théàtre et son
double”. (Goffredo Fofi)
II
primo film dei Marx Brothers visto in Francia, Animal
Crackers, mi è parso, e cosi è
stato visto da tutti, come una cosa straordinaria, come la
liberazione per mezzo dello schermo di una magia particolare che i
rapporti consueti delle parole e delle immagini abitualmente non
rivelano, e se esiste uno stato caratterizzato, un grado poetico
distintilo dello spirito che sia possibile chiamare surrealismo,
Animal Crackers ne
partecipava per intero.
Dire
in che consista questa specie di magia, è difficile, e in ogni caso
è qualcosa di non specificamente cinematografico forse, ma che non
appartiene neanche al teatro, e di cui solo certe poesie surrealiste
riuscite, se ve ne fossero, potrebbero dare un'idea. La qualità
poetica di un film come Animal Crackers
potrebbe rispondere alla definizione dell'humour,
se questa parola non avesse da molto tempo perso il suo significato
di liberazione integrale, di dilacerazione di ogni realtà nello
spirito.
Per
comprendere l'originalità possente, totale, definitiva, assoluta
(non esagero, cerco semplicemente di definire, e che importa se mi
lascio trascinare dall'entusiasmo) di un film come Animal
Crackers, e a tratti (comunque
in tutta la parte finale) come Monkey Business,
occorrerebbe aggiungere all'humour la
nozione di un qualcosa di inquietante e di tragico, di una fatalità
(né fausta né infausta, ma gravosa a formulare) che gli si
insinuasse dietro come la rivelazione di una malattia atroce su un
profilo di assoluta bellezza.
In
Monkey Business
ritroviamo i fratelli Marx, ognuno col suo tipo particolare, sicuri
di sé e pronti, lo si sente, a scontrarsi con le circostanze, ma
laddove in Animal Crackers,
e fin dall'inizio, ogni personaggio perdeva la faccia, qui
assistiamo, e per tre quarti del film, a scherzi di clown
che si divertono e fan burle, alcune peraltro riuscitissime, ed è
solo alla fine che le cose prendono vigore, che gli oggetti, gli
animali, i suoni, il padrone e i suoi domestici, l'ospite e i suoi
invitati, che lutto quanto si esaspera, si dimena ed entra in
rivolta, con i commenti volta a volta estasiati e lucidi di uno dei
fratelli Marx, trascinato dallo spirito che è riuscito infine a
scatenare e di cui sembra il commento stupefatto e passeggero. Niente
è insieme tanto allucinante e terribile come quella specie di caccia
all'uomo, come la battaglia di rivali, come l'inseguimento nelle
tenebre di una stalla di buoi, di un fienile in cui pendono da ogni
parte tele di ragno, mentre uomini, donne e bestie snodano la loro
ronda e si ritrovano in mezzo ad un mucchio di oggetti eterocliti dei
quali il movimento o il rumore avranno tutti, volta a volta, la loro
utilizzazione.
Quando,
in Animal Crackers,
una donna si rovescia all'improvviso, gambe in aria, su un divano, e
mostri, lo spazio di un secondo, tutto quel che avremmo voluto
vedere, quando un uomo si lancia bruscamente in un salone addosso ad
una donna, muove assieme a lei qualche passo di danza e poi la
sculaccia ritmicamente, vi è in tutto questo come l'esercizio di una
specie di libertà intellettuale in cui l'inconscio di ciascuno dei
personaggi, compresso dalle convenzioni e dalle usanze, si vendica, e
vendica contemporaneamente il nostro. Ma quando in Monkey
Business un uomo braccato si
lancia su una bella donna che egli incontra, e danza con lei,
poeticamente, in una specie di ricerca dell'incanto e della grazia
degli atteggiamenti, la rivendicazione spirituale si presenta
raddoppiata, e presenta tutto quel che vi è di poetico e forse di
rivoluzionario negli scherzi dei Marx Brothers.
Ma
quando la musica al cui ritmo danza la coppia dell'uomo braccato e
della bella donna è una musica di nostalgia e di evasione, una
musica di liberazione, ciò indica abbastanza l'aspetto pericoloso di
tutti questi scherzi umoristici, e che quando esso si esercita lo
spirito poetico tende sempre ad una specie di anarchia ribollente, ad
un disgregamento integrale del reale attraverso la poesia.
Se
gli Americani, al cui spirito questo tipo di film appartiene,
vogliono intendere questi film solo in chiave umoristica, e in fatto
di humour non vanno
mai oltre ai margini facili e comici del significato di questo
termine, peggio per loro; questo non ci impedirà però di
considerare la fine di Monkey Business,
come un inno all'anarchia e alla rivolta integrale, una fine che
mette il muggito di un bue sullo stesso piano intelletuale e gli
attribuisce la stessa qualità di lucido dolore che il grido di una
donna spaventata, una fine in cui nelle tenebre di un fienile
sudicio, due servi rapitori infieriscono a piacer loro sulle spalle
nude della figlia del loro padrone, e trattano da pari a pari il
padrone sconcertato, e tutto in mezzo all'ebbrietà, anch'essa
intellettuale, delle piroette dei Marx Brothers.
E
il trionfo di tutto questo è in quel tipo di esaltazione allo stesso
tempo visiva e sonora che tutti questi avvenimenti assumono nelle
tenebre, nel grado di vibrazione che essi toccano, e in quel tipo di
inquietudine possente che la loro riunione finisce per proiettare
nello spirito.
“Giovane
critica”, n.12, Estate 1966
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