Pensavo di proporre una paginetta dal Viaggio in Italia di Guy de Maupassant, da Palermo, datata 4 giugno 1885 che così si apre: “I siciliani sembrano essere compiaciuti nell’ingrandire e moltiplicare le storie di banditi al fine di spaventare i forestieri; ancor oggi si esita ad entrare in quest’isola, tranquilla come la Svizzera”. In giro per la rete ho trovato che il magazine di un portale scientifico ( http://www.naturamediterraneo.com/), nel suo numero 4 di luglio 2006, della vicenda che Maupassant narra pubblica una versione particolareggiata e ottimamente scritta da Marcello Romano, autore anche delle splendide foto. Mi è piaciuto riprenderla. (S.L.L.)
Polyphilla Ragusa |
Quella che sto per raccontarvi, anche se può sembrare incredibile, è una storia vera, avvenuta in Sicilia intorno al 1880 e riportata sulle pagine de “Il Naturalista Siciliano”, prestigiosa rivista scientifica nata a Palermo nel 1881 e pubblicata ancora oggi.
I protagonisti sono due entomologi, un coleottero Melolontide endemico di Sicilia da sempre ricercato dai collezionisti per la sua bellezza e rarità (Polyphylla Ragusae) e, suo malgrado, un povero contadino siciliano.
La Polyphylla Ragusae, all’epoca in cui i fatti si svolgono, è ancora chiamata Polyphylla Olivieri. Solo dopo qualche anno uno specialista tedesco (Kraatz) ne riconoscerà il valore specifico e la separerà da quest’ultima, specie più orientale, per assegnarle il nome di P. Ragusae, dedicandola al più grande entomologo siciliano: Enrico Ragusa. Questo particolare, apparentemente insignificante, risulta come vedremo importante nella nostra storia.
L’entomologo siciliano Teodosio De Stefani, ricercatore presso l'Istituto di Zoologia dell'Università di Palermo, non possiede ancora in collezione questo raro esemplare e così si rivolge all’amico Giuseppe Miraglia, di Sciacca (in provincia di Agrigento) che in passato gli aveva procurato altre specie. Questi però gli risponde di non averne visto neanche uno in quell’anno. A qualche giorno di distanza il De Stefani riceve una lettera da un altro entomologo di Trapani, un certo Lombardo, che gli comunica di averne invece trovati più di cinquanta.
Così il De Stefani decide di scrivere una lettera in tono scherzoso al Miraglia, in cui fra l’altro si possono leggere queste due righe: “…Caro Giuseppe, la Polyphylla Olivieri, avendo conosciute le tue intenzioni assassine, ha preso un’altra rotta, ed essa si è trovata sulle coste di Trapani, dove il mio amico Lombardo ne ha catturato più di cinquanta individui…”.
Quella lettera e queste poche parole furono causa di gravi dispiaceri per un malcapitato contadino! Il caso, una serie di incredibili coincidenze e la “superficialità” di un delegato di Questura che interpretò quella lettera alla stregua di un “pizzino” di Provenzano, giocarono un brutto scherzo al pover’uomo.
Riprendiamo la nostra storia. Giuseppe Miraglia, dopo aver letto la missiva dell’amico de Stefani e vedendo che non contiene nulla d’importante, la cestina. La lettera finisce insieme ad altri rifiuti di ogni genere che periodicamente un contadino del luogo viene a raccogliere per portarli in campagna ed usarli come concime. L’uomo nota fra i rifiuti quel pezzo di carta appallottolata e se lo mette in tasca, con l’unica intenzione di servirsene laddove necessità fisiologiche glielo impongano (allora non andava, come oggi, tutto… a rotoli).
Qualche giorno dopo il contadino, che vanta qualche conto aperto con la giustizia, viene perquisito dal delegato della questura del suo paese. In tasca questi gli trova la famigerata lettera.
Scorrendo i primi righi trasale: è sicuro di trovarsi di fronte ad un messaggio criminale cifrato. Anche allora come oggi andavano molto in voga fra i malavitosi siciliani certi messaggi cifrati scritti su carta. In Sicilia certe abitudini fanno fatica a morire! Chi è mai questa Petronilla Olivieri? Così viene letto, storpiandolo, il nome della Polyphylla Olivieri scritto dal De Stefani che, per sua stessa ammissione, non aveva quella che si può definire una buona calligrafia. Nella lettera si parla di cattura, di rotta cambiata, di cinquanta individui e di Lombardo. Il caso vuole che proprio in quei giorni, nelle campagne di Trapani, sia stato sequestrato a scopo d’estorsione, un certo Lombardo, che non è però l’amico del De Stefani.
Per il delegato la frase “catturato più di cinquanta individui” va letta come la richiesta di un riscatto di cinquantamila lire alla famiglia del Lombardo, mente Petronilla Olivieri è un nome convenzionale usato dai malfattori.
Sulla lettera c’è solo il nome di battesimo del destinatario, Giuseppe e quello del mittente, Teodosio. A chi appartengono questi due nomi? Il contadino deve certamente conoscerli. Viene messo sotto torchio ma continua a raccontare la storia poco credibile di avere trovato la lettera fra i rifiuti e di averla presa con sé (maledetto quel momento), solo per servirsene in caso di necessità. Il disgraziato viene così sbattuto in cella.
Intanto il solerte delegato decide così di scoprire da solo a chi appartengano quei misteriosi nomi e dà ordine di convocare in questura tutte le persone con il nome di battesimo Giuseppe che abitino nelle vicinanze del luogo dove il contadino dice di aver trovato la lettera.
Dopo svariati e infruttuosi tentativi, finalmente viene chiamato in Questura Giuseppe Miraglia, l’amico del De Stefani. Inizia l’interrogatorio. “Mi dica, Sig. Miraglia, conosce lei certa Petronilla Olivieri di Palermo?”
“È questa la prima volta che sento pronunziarne il nome” risponde lui, non potendo in alcun modo collegarlo con quello del bel Melolontide siciliano.
“Eppure, caro sig. Miraglia, lei deve certamente saperne qualcosa, visto che è finita nelle nostre mani una lettera, a lei indirizzata, dove si parla di questa donna, incalza il delegato.
“È possibile vedere questa lettera?”.
“Eccola”.
Tutto può aspettarsi il delegato, tranne che l’interrogato, appena lette le prime righe, scoppi in una sonora e irrefrenabile risata.
Cercando ancora di trattenersi, il Miraglia spiega all’incredulo interlocutore, che era lui, effettivamente, il destinatario di quella missiva, ma il contenuto della lettera era assolutamente diverso da come era stato interpretato: non si parlava di Petronilla Olivieri ma di Polyphylla Olivieri, un bel coleottero grande poco meno di un pollice, che l’amico entomologo Teodosio De Stefani di Palermo ricercava per la sua raccolta!
Questa versione dei fatti non convince più di tanto l’uomo dell’ordine che telegrafa al Questore di Palermo per fare interrogare il De Stefani, inviando contemporaneamente copia delle dichiarazioni di Miraglia al giudice istruttore di Sciacca perché sia nuovamente sottoposto ad interrogatorio.
Così anche il De Stefani viene convocato in Questura a Palermo, ma questa volta, come lui stesso riferisce: “il giudice ed il questore non erano della stoffa del delegato, risero di tutto cuore dell’equivoco, ci furono gentilissimi domandandoci anche scusa dell’incomodo cagionatoci, e allora il povero contadino fu rilasciato libero, dopo tre mesi passati in carcere!”.
L’incredibile vicenda non sfuggì però a Guy de Maupassant che nel suo Viaggio in Sicilia riporta l’episodio, probabilmente riferitogli da Enrico Ragusa, che oltre ad essere stato un grande entomologo, era allora anche il proprietario del più lussuoso albergo di Palermo, il “Grand Hotel Des Palmes”, dove anche lo scrittore soggiornò. (Marcello Romano)
Postilla
Maupassant, che racconta la storia più sbrigativamente, così la conclude: “Pertanto, uno degli ultimi briganti siciliani fu, a dire il vero, una specie di maggiolino conosciuto dagli scienziati con il nome Polyphilla Ragusa. Nulla è meno pericoloso oggi che percorrere la temuta Sicilia, sia in vettura, sia a cavallo, sia persino a piedi…”.
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