30.7.10

Il sapone.

Lo conosciamo da 400 anni ma è solo da poco che siamo riusciti a scoprirne, grazie alla diffrazione dei raggi X, la struttura fisico-chimica.

L’invenzione del sapone è stata attribuita di volta in volta a sumeri, fenici, egizi, ebrei. E’ vero che ciascuno di questi popoli utilizzò liscivie alcaline ottenute da ceneri vegetali, ma solo per gli egizi ci sono prove certe che impiegarono “per lavare” il prodotto ottenuto, combinando a soluzioni alcaline degli oli animali o vegetali. E alla scoperta, è da credere, giunsero per caso. Siccome allora si usava, per le circostanze festive, spalmarsi i capelli di grasso, è probabile che il sapone sia stato ottenuto accidentalmente, dal mescolamento di alcali (soda e potassio) con esteri di acidi grassi e di glicerolo.

Favola è, naturalmente, la storia che un pescatore di Savona (da cui il nome…) abbia ottenuto per caso una saponetta riscaldando liscivia di soda in una pentola ancora sporca di olio di oliva. La prima notizia certa sul sapone è del I secolo dopo Cristo e la trova nella Naturalis historia di Plinio il Vecchio, che ne attribuisce l’invenzione agli abitanti della Gallia: “I Galli hanno scoperto una sostanza che è chiamata sapo, con cui tingono in rosso i capelli. La migliore si ottiene mescolando grasso di capra e cenere di legno di faggio. Si usa sapo di due tipi, solido e liquido, e ne fanno uso nella Gallia sia gli uomini che le donne”. In realtà per codesti prodotti la saponificazione dei grassi doveva essere tutt’altro che completa, dato l’alto livello di carbonati presenti nelle ceneri: perciò quel sapo era una specie di pomata composta da grassi poco saponificati, grasso e cenere. Insomma il “sapone” era ben poco.

Dopo Plinio diverse fonti documentano che nei primi secoli dell’era volgare che l’uso del sapo si era ampliato e che veniva consigliato a scopi terapeutici (malattie della pelle). La patria del sapone è Wiesbaden: dalla città sul Reno si diffonde in Europa, prima come medicamento, poi – è Galeno a consigliarlo – “per nettare il corpo e gli abiti”. Un salto di qualità si ha quando entrano in scena gli arabi: stimati alchimisti, con loro si realizza, per la prima volta, una saponificazione pressoché perfetta. E’ nell’Alto Medioevo che dai paesi arabizzati e islamizzati che, attraverso la Spagna, il sapone arriva a Marsiglia, che fin d’allora diviene un grande centro di saponificazione (è tuttora in uso il “sapone di Marsiglia”). Venezia, poi, mescola per prima i saponi ai profumi: nasce il “sapone da toilette”.

Nell’Ottocento il chimico francese Eugene Chevreul studia per primo, alla luce della scienza moderna, le componenti del sapone. negli anni Quaranta del Novecento l’americano Mc Lain ed altri studiano il processo di saponificazione distinguendo ben sei fasi. Intorno al 1970 si tracciano i diagrammi delle diverse mescole “saponose”, in funzione delle diverse temperature cui si porta la miscela e del tempo a cui viene sottoposta a quelle temperature.

Anche il concetto di detergenza, apparentemente semplice, corrisponde all’interazione di condizioni chimiche complesse. Scopo dell’impiego del sapone è l’eliminazione dalle fibre della sporcizia attraverso l’uso di una soluzione di lavaggio che lo vede mescolato ad acqua. Perché il detergente agisca occorre che abbia con la fibra da lavare un’affinità superiore a quella della sporcizia e che riesca pertanto a rendere solubile lo sporco. La schiuma, nell’azione di lavaggio, ha un carattere secondario, come reattivo. Essa è la spia che nel liquido c’è una riserva di colloidi molecolari sufficiente per l’azione di lavaggio. quando si forma il sapone può adempiere la sua funzione di eliminazione dello sporco. E lo fa appunto perché il sapone è tuttora, dopo tanti secoli, uno tra gli strumenti più efficaci inventati dagli uomini per pulire.

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La fonte di questo post è un ritaglio da "L'Europeo". Il periodo dovrebbero essere i primi anni 80, il compilatore è probabilmente Giuliano Ferrieri, che al tempo curava la divulgazione scientifica per il settimanale.

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