14.7.10

Enigma (di Marco Bardella e Franco Camarri - "il manifesto" 10 agosto 1986)

“L’enigma consiste in questo: dire quello che s’ha da dire mettendo insieme cose impossibili: il che, naturalmente, non si può avere congiungendo vocaboli nella loro significazione ordinaria, bensì ordinando i loro sostituti metaforici”. E’ Aristotele (Poetica 158A, Retorica 1405B) a fondare uno statuto dell’enigma, diverso così dalla favola come dal proverbio. Caratteristica dell’enigma è infatti quella di essere steso in un linguaggio oscuro, incomprensibile a prima vista, che deve però contenere tutti gli elementi per una soluzione. Parole dai molti significati, pause, punteggiature, metafore sono le sue caratteristiche. E’ giocare con la lingua, con le costruzioni sintattiche e grammaticali.

La parola, di origine greca, significa “esprimo copertamente, alludo” o anche “parlo celiando”. Vi era anche un altro termine per definire le domande oscure: grifo, che in Roma trovò il corrispondente nella parola il corrispondente nella parola scirpo (in origine “lego, intreccio con giunchi”), la cui caratteristica era spesso di mettere alla prova l’intelligenza dell’interlocutore più che quella di trovare una risposta univoca.

Le origini religiose dell’enigma caratterizzano la sua forma. Un dio non può parlare che per frasi oscure, allusive e a prima vista incomprensibili come un politico dei nostri tempi. Famosa è la profezia dell’oracolo di Delfo a un guerriero che doveva andare in battaglia: “Ibis redibis non morieris in bello”. Una frase che può assumere significati diametralmente opposti a seconda dove si opera una pausa o dove si mette una virgola: “Andrai, tornerai, non morirai in guerra” o, malauguratamente per il povero soldato “Andrai, non tornerai, morirai in guerra”. Comunque sia andata a finire l’oracolo ha predetto il futuro nella maniera giusta.

Roma considerava sacra una raccolta di questi enigmi. I Libri Sibillini erano costantemente consultati nei momenti più importanti della storia dell’Urbe per poter trarre da essi consiglio sulle decisioni da prendere. Di questa preziosa raccolta sono giunti a noi solo pochi frammenti. Il seguente è un tipico esempio di come fossero strutturati: “Io sono Colui che è. Mi rivesto del firmamento come di manto; il mare è la mia cintura; la terra il mio piedistallo; l’aria è sparsa intorno alla mia persona e davanti a me si agita in armoniosa cadenza il coro intiero degli astri. Ho nove lettere e quattro sillabe. Comprendimi bene: le prime tre hanno ciascuna due lettere e il resto l’altra: vi sono cinque consonanti. Del mio numero intiero fanno parte due volte 8 tre volte tre dozzine e 7. Se tu comprendi chi sono, sarai per mio mezzo iniziato alla saggezza divina”. La soluzione degli enigmi classici è affidata all’intelligenza e alla scaltrezza del solutore. La risposta dev’essere solo attinente all’enigma proposto e non esiste un’unica soluzione.

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