1.7.10

Y.A. Una morte non contabilizzata ad Agrigento.


L’“Osservatorio permanente sulle morti in carcere”, costituito dai Radicali italiani, da diverse associazioni di volontariato (“Il Detenuto Ignoto”, “Antigone”, “A Buon Diritto”) dalle redazioni di due testate specializzate ( “Radiocarcere”, “Ristretti Orizzonti”), il 30 giugno ha dato notizia e fornito una lista degli ultimi “suicidati”. Nel mese di giugno, fino al 28, 6 si sono impiccati e 1 ha usato il gas. Spiega la nota che due di loro non rientrano nemmeno nelle statistiche ufficiali dei morti in carcere, perché queste comprendono solo le persone morte all’interno degl’istituti penitenziari, escludendo perfino i suicidi ritrovati in vita e morti lungo il percorso per l’Ospedale. L’Osservatorio trova molto discutibile questa procedura contabile, che a noi sembra perfino un po’ odiosa. “Morti in carcere” andrebbero considerati tutti coloro che muoiono, per “suicidio” o “per altre cause” (come accadde a Stefano Cucchi), mentre si trovano in “custodia” dei rappresentanti dello Stato.


Tra i suicidi non contabilizzati uno è stato registrato ad Agrigento il 27 giugno, nella camera di sicurezza della Questura: riguarda un giovane marocchino, Y.A., di 22 anni. Arrestato dai poliziotti, intervenuti per sedare una rissa, era stato rinchiuso in una camera di sicurezza della questura in vista dell’udienza di convalida del suo fermo. Forse aveva usato sostanze stupefacenti. Ma l’uomo – dice la versione ufficiale - eludendo la sorveglianza, durante la notte si è impiccato, utilizzando una cintura. A questa tragica decisione sarebbe stato spinto forse dal timore di essere rimpatriato. E’ una cosa ben strana che sia stata lasciata la cintura. Ma tant’è.


C’è, intorno alle carceri e a certe morti dubbie una giusta mobilitazione. Stefano Cucchi, Rudi Bianzino sono giustamente diventati simbolo di una battaglia di verità e di libertà per una minoranza combattiva di giovani e di democratici. Ma in quei casi l’indignazione, la mobilitazione è per molti aspetti facilitata: dalla possibilità che esistano e siano rintracciabili responsabilità individuali per quelle morti, dal fatto che Rudi e Stefano sono nostri connazionali, assomigliano a noi, hanno parenti che si battono perché si faccia giustizia.


Per Y.A. non è così. E’ marocchino, forse islamista, comunque proviene da una terra malfamata che esporta, insieme a tanti bravi lavoratori, anche tanti spacciatori. Forse è spacciatore lui stesso. E comunque fa a botte con altri. Non ha parenti, non ha neppure nome. Quasi certamente non c’è nella sua morte nessuna responsabilità personale. Eppure nel movimento che sta crescendo contro le discriminazioni e il razzismo, un gruppo facebook, una associazione, una rete, intitolata al non nome di questo ragazzo che si è impiccato ad Agrigento, per farne il simbolo dei detenuti stranieri e diversi da noi, “brutti, sporchi e cattivi”, sarebbe un vero salto di qualità, un segno di civiltà.

Nessun commento:

statistiche