1.11.10

Marcegaglia, Berlusconi e la questione morale

Le ultime notizie su Berlusconi ci dicono che cadrà abbastanza presto. Non sappiamo se riuscirà a trattare e ad ottenere la propria impunità, ma siamo certi che non è più questioni di anni, ma di mesi se non di settimane. E lo intuiamo soprattutto da come si muovono quelli che più si sono giovati della sua intrinseca debolezza: il padronato che ha fatto carne da macello di diritti e conquiste sociali, frutto di decenni di lotte popolari; la gerarchia vaticana e clericale che ha usato gli enormi vantaggi economici ottenuti e la patente di depositaria pressoché unica di valori, per ristabilire il proprio potere dogmatico sulle spinte di libertà e di democrazia, in primo luogo quelle dei cattolici italiani. Padroni e prelati hanno incassato dal Cavaliere tutto quello che potevano ed oggi sembrano anche loro convinti che a farlo scendere da cavallo. In campo cattolico ad attaccare l’anziano satiro non è più soltanto “Famiglia cristiana”, ma anche alcuni vescovi a lungo considerati simpatizzanti della destra, in Confindustria a porre senza giri di parole la questione morale è la stessa presidente. Oramai a porre la questione morale è Emma Marcegaglia, la focosa presidente di Confindustria. Le sue recenti dichiarazioni che parlano di “dignità delle istituzioni” esplicitamente alludono alle scostumatezze dell’attuale capo del governo. Vengono dopo una sequela di polemiche sul dossieraggio operato contro l’industriosa Emma dai segugi del “Giornale”. Per quel che se ne dice quel dossier era costruito con notizie già note sugli inquinamenti dei Marcegaglia e gli scandali nella circostanza sono almeno due: quello di un giornale che adotta sistematicamente la “cura Boffo” e quello di una capitana d’industria che telefona di qua e di là per bloccare l’uscita di notizie sul suo conto. Anche per questo la signora Marcegaglia aveva levato contro la congiura un solo grido a voce non molto alta. Ora, in buona e ampia compagnia, parla forte e chiaro, ma continua a non rispondere alle domande difficili.
Lo scorso anno i giornalisti Meletti e Dragoni, nel loro libro La paga dei padroni, ponevano la questione morale a “lor signori”, quelli che, crisi o non crisi, si assegnano compensi da nababbo, quelli che delocalizzano, licenziano, comprano, vendono e in questi tortuosi giri continuano a lucrare appannaggi regali, profitti, rendite, liquidazioni e benefit. In chiusura del libro ricordavano a lady Confindustria un evento recente. Una settimana prima dell’ascesa al vertice confindustriale della signora Emma il fratello di lei, il socio alla pari, che con lei condivide la guida della Marcegaglia S.p.a., patteggiando la pena per corruzione, vuotò il sacco con i giudici : aveva pagato una grossa bustarella a un manager pubblico, per comprare a prezzo stracciato una società dell’Enipower. “Ci tenevo molto” – disse per giustificarsi. Appena insediata in Confindustria, madame Emma tuonò: caccerò via dalla nostra associazione gl’imprenditori che pagano il pizzo alle mafie. Giustissimo: l’imprenditore non può farsi complice delle organizzazioni criminali, deve resistere alle pressioni anche se corre seri rischi. Ma quelli che, senza alcuna minaccia per la propria pelle e le proprie sostanze, corrompono i pubblici funzionari e da impuniti lo confessano in Confindustria ci possono restare? Emma Marcegaglia non risponde. Evidentemente essa considera moralmente disdicevole il “bunga bunga”, ma il “magna magna” le va benissimo.

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