5.11.10

Quelli che non mollarono (di Angelo D'Orsi)

Questa sintetica ed intensa rievocazione dell'esperienza di Non mollare, il giornale clandestino degli antifascisti liberaldemocratici fiorentini nei primi anni del fascismo, è stata pubblicata nell'inserto "Tuttolibri" de "La Stampa" del 26 novembre del 2005. (S.L.L.)
"Non Mollare": Nello Traquandi, Tommaso Ramorino,
Carlo Rosselli, Ernesto Rossi, Luigi Emery, Nello Rosselli.
Nel 1925 in Italia si giocò l'ultima partita fra libertà e tirannide. Avrebbe vinto Mussolini, mettendo in mora lo Stato liberale per un ventennio, ma l'antifascismo, a prezzo di sacrifici enormi, seminò e anche se la Resistenza armata, nel '43-'45, non sarebbe stata la sua prosecuzione, certo ne avrebbe tratto incitamento e linfa. Furono eroiche minoranze quelle che tentarono, con mezzi scarsi e nessuna professionalità della lotta clandestina, di opporsi alla devastazione delle istituzioni liberali, al conculcamento dei più elementari diritti civili e politici, alla violenza cieca di un movimento che stava, con la complicità della Monarchia, dell'esercito, della magistratura (con pochissime, lodevoli eccezioni), trasformandosi in regime. Una delle ultime battaglie fu condotta da un manipolo di coraggiosi nella Firenze in cui esercitava il suo magistero quegli che era una delle poche personalità di respiro internazionale della cultura italiana, Gaetano Salvemini. Oppositore intransigente al fascismo, Salvemini cominciò a subire minacce e vessazioni nel suo lavoro di docente di Storia all'Università di Firenze, al punto da essere costretto alle dimissioni, per salvaguardare prima che l'incolumità fisica, la dignità del proprio insegnamento, che per lui era una autentica missione di verità. Ma accanto all'amore per la ricerca, in Salvemini viveva una fortissima passione politica, che nel momento della crisi finale della libertà italiana lo indusse ad associarsi ad altri, come Ernesto Rossi, Nello Tarquandi, i fratelli Rosselli, a tentare un'azione di disturbo nei confronti della marcia trionfale del fascismo. Ne nacque il Non Mollare, «primo esperimento di giornalismo clandestino in epoca fascista», come osserva Mimmo Franzinelli, curatore di una preziosa ristampa anastatica del foglio, con le note (almeno agli specialisti) prefazioni di Salvemini, Rossi e Calamandrei. Il giornale stampato alla macchia, in 1500 esemplari, distribuito di mano in mano («Chi riceve il bollettino è moralmente impegnato a farlo circolare», si legge in testata), ebbe la sua ragion d'essere nella voglia di smascherare le infinite menzogne del nascente regime, sia pure a pochi, impegnati però a diventar portavoce di quel che leggevano, in una vera e propria catena di verità, che da Firenze giungeva alla Milano di Parri e Bauer. Il giornale, il cui titolo era un invito pressante a non rassegnarsi ideato da Nello Rosselli, era una serie puntuale di denunce, spesso condite di sarcasmo, delle malefatte fasciste. Contro l'accomodante silenzio dei più, contro il rinunciatario perbenismo dei benpensanti, la pattuglia fiorentina sfidò la sorte, impavida, a dispetto di un clima persecutorio. Il Non Mollare stampò e distribuì ben 22 numeri, tra il gennaio e l'ottobre del '25. La lettura - non facilissima, trattandosi, come in un paio di precedenti edizioni degli Anni Sessanta, di un reprint di fogli malstampati e fortunosamente salvati - è davvero istruttiva. Ne emerge la miseria di quella che si candidava ad essere classe dirigente dell'Italia in camicia nera: tanti signor nessuno che si facevano strada con manganello, revolver e olio di ricino, protetti da una vergognosa immunità. Sbaglierebbe però chi ritenesse che si tratti di un giornaletto di satira antiregime. Il lavoro svolto dal Non Mollare fu invece quello di una forte, precisa documentazione: una vera e propria controinformazione rispetto alle voci allineate e coperte di un giornalismo corrivo al potere. Una lezione oggi più che mai attuale. Contro i regimi l'antidoto più efficace è la verità. Ma la verità ha un prezzo, che può essere anche altissimo: fra gli artefici del Non Mollare, Salvemini dové  rinunciare alla cattedra e fu vergognosamente trattato dai suoi colleghi universitari, espatriando, dopo essersi fortunosamente sottratto agli scherani del duce; Rossi e Traquandi passarono lunghi anni fra carcere e confino; sui Rosselli si abbatté, nel '37, la vendetta di Mussolini, trucidati da sicari francesi; Dino Vannucci anch'egli scampato per poco alla furia degli squadristi, riuscì ad espatriare; Poggi e Ramorino se la cavarono con un regime di sorveglianza speciale, mentre Calamandrei passò indenne la tempesta; assai peggio andò a Giovanni Becciolini, impiegato, Gustavo Console, avvocato, e Gaetano Pilati, operaio socialista, eletto alla Camera nel '19, trucidati barbaramente dalle camicie nere. Il processo finì in una burla, come tutti quelli che durante il Ventennio videro imputati i fascisti. Nomi - tranne, i Rosselli, Salvemini, Calamandrei e Rossi - caduti ingiustamente nel cono d'ombra della storia, mentre andrebbero ricordati ogni giorno, e non solo nelle ricorrenze, come questa degli 80 anni dal «Bollettino d'informazioni durante il ''regime fascista''»: autentici eroi della libertà. 

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