14.3.11

Il Giappone insegni! Via il nucleare. Senza aspettare il referendum.

Giappone. La centrale nucleare di Kashiwazaki Kariwa
Sul nucleare una riflessione breve, di “politica politicante”.
I fenomeni terribili che scuotono il Giappone e i rischi che in quell’area nascono dalla presenza di centrali nucleari, in grado di moltiplicare gli effetti catastrofici, di estenderli nello spazio e prolungarli nel tempo, non possono non avere riflessi sulla politica italiana, ove un governo affaristico e irresponsabile che ha fortemente puntato sul nucleare. Peraltro neppure il più moderno e sicuro, e in un paese dalla sismicità alta e frequente.
Abbiamo sentito nei giorni scorsi Cicchitto e pochi altri dichiarare che il programma nucleare italiano prosegue “a prescindere”; ma non c’è dubbio che anche tra i berlusconidi più cinici e insensibili alle tragedie del mondo si avverte un pericolo, magari non per l’ambiente o per la sicurezza delle popolazioni, ma per il governo e il sistema di potere e affari che ha costruito. I più avveduti tra loro sanno che nel referendum del 12 giugno il tema del nucleare può avere un effetto trainante sugli altri due e far raggiungere quorum e successo; e sanno che tutto ciò può avere un effetto dirompente per il governo.
Non basterebbero più i diversivi studiati per creare confusione, compresi i pareri, non innocenti, di “sinistri” come Chicco Testa o di scienziati come il cancerologo Veronesi.
Io credo che una tattica l’abbiano studiato. Per un po’ terranno il punto, silenziando quanto potranno la questione, poi, a campagna referendaria iniziata, forse vicina al termine, con un atto plateale il Cavaliere comunicherà la rinuncia (provvisoria) al programma nucleare in attesa di approfondimenti, segno della profonda sollecitudine del “capo” per le ansie e le angosce del “suo” popolo. Tanto dovrebbe bastare a depotenziare gli altri due referendum e a trasformare ancora una volta la sconfitta in vittoria, il “criminale” in “eroe”: ci verrebbe mostrato un leader che è ugualmente preoccupato delle esigenze dello sviluppo e dell’ambiente, capace di recedere da decisioni già assunte in sintonia col sentire della “gente”.
Intanto, nei due mesi che restano, il governo proseguirà con la politica-ponte, la stessa che segue per il ponte sullo stretto di Messina. Poco importa all’affarismo berlusconico di oggi se il ponte si farà o non si farà, nell'immediato importa distribuire ad amici e compari gli appalti per progettazioni, perizie, scavi, eccetera, onde siano i beneficiari del (poco) denaro disponibile sottraendolo ad altri impegni.
Vale anche per il nucleare. Vedrete che nei prossimi giorni Romani e gli altri "decisori" assegneranno incarichi a tutto spiano a contrattori, società di progettazione eccetera: tutto l’assegnabile. Agiranno con la tempestività delle emergenze, perché di emergenza si tratta: una volta affidati gli appalti gli affidatari amici, si facciano o no le centrali del programma, avranno una parte del bottino.
Questo sudicio gioca va smascherato per tempo, da subito. Bisogna che i Comitati promotori, le associazioni, tutte le realtà di base, la sinistra di Internet, la stampa, le forze politiche d’opposizione (dalla parte ragionevole del Pd a Vendola e Di Pietro), chiedano il ritiro del programma nucleare. Lo chiedano oggi, e non domani. E lo facciano in forma clamorosa, usando tutti i mezzi possibili, dalla piazza, alla rete, alle istituzioni rappresentative. Per esempio assemblee dappertutto. E poi una nuova grande manifestazione di piazza. Una solenne mozione parlamentare. Documenti da far votare in ogni Consiglio regionale, provinciale e comunale, a significare la condanna di massa all’irresponsabilità ladronesca dei governativi. Con una parola d’ordine chiara: il nucleare è incompatibile con un paese ad alto rischio sismico come l’Italia.
Si chieda il ritiro del programma delle centrali. Oggi. E non domani. Se il governo resisterà, avrà più forza la campagna referendaria per il sì. Se Berlusconi cederà, la vittoria sul nucleare sarà il migliore viatico agli altri referendum, per l’acqua pubblica e la legge uguale per tutti.  

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