7.3.11

La morte di Ippolito Nievo. Il primo mistero dell'Italia unita.

Il monumento a Ippolito Nievo ai giardini Nuvolari in Mantova.
Opera del cremonese Carlo Cerati fu scoperto nel 1911,
in occasione del Cinquantenario dell'Unità d'Italia.
Foto e informazioni sono tratte dal sito "Due secoli di cultura"
curato da Cristina Beltrami.
Il 4 marzo scorso su “La Stampa” Maurizio Lupo rievocava Il naufragio di Ippolito Nievo, uno dei misteri della nascente Italia. E’ nella serata di lunedì 4 marzo 1861 che il telegrafo della Marina Regia comunica la scomparsa in mare del brigantino a vapore «Ercole» della «Società di navigazione Calabro-Sicula». Era partito da Palermo intorno a mezzogiorno, sfidando il maltempo, e mancavano notizie. Dalle notizie raccolte tra i naviganti in zona il naviglio potrebbe essere stato affondato da un violento colpo di vento, a 150 miglia da Palermo, ma altri pensano che il naufragio sia avvenuto nelle vicinanze di Capri, epicentro di un altro fortunale. Qualcuno, infine, ipotizzerà che il vapore spinto dai marosi sia arrivato a Messina e lì affondato dalla guarnigione borbonica che ancora resisteva nella cittadella. Ippolito Nievo, tenente colonnello del generale Garibaldi, era stato l’amministratore dei Mille e aveva con sé i libri contabili dell’«Intendenza» garibaldina, con i conti dettagliati fra il 2 giugno e il 31 dicembre 1860. Portava con sé quei libri per dimostrare l’assoluta regolarità delle spese dei garibaldini e respingere le illazioni messe in giro dagli ambienti monarchici.
Nulla fu recuperato dal misterioso naufragio e pertanto si parlò di complotto. Di chi contro chi? Taluni pensano che dai libri che Nievo conduceva seco trasparisse l’assoluta onestà del Generale e sua personale che egli dichiarava e per dimostrare la quale era andato a Palermo a recuperare quelle carte, ma che potessero emergere anche i comportamenti assai disinvolti di alcuni capi garibaldini in carriera. Ma l’ipotesi più accreditata è che il complotto, se vi fu, non nascesse in ambiente garibaldino, ma savoiardo, e tendesse ad annebbiare la verità per nascondere le grandi ruberie degli emissari di Cavour e Vittorio Emanuele.

1 commento:

Fausta ha detto...

Non mi convince: "per nascondere le grandi ruberie degli emissari di Cavour e Vittorio Emanuele". 1. L'emissario di Cavour, La Farina, giunse a Palermo il 6/6/'60 sotto falso titolo di diplomatico inglese. Smascherato, fu espulso dalla Sicilia il 7 luglio. Non ebbe allora incarichi di governo, né il tempo per rubare. 2. Il governo "piemontese" del Luogotenente Montezemolo si installò il 1° dicembre '60, quando Nievo stava lasciando la vice Intendenza al suo sostituto Salviati e si preparava a partire da Palermo, per un congedo in famiglia. Nulla poteva sapere, né avere carte su ruberie di uomini di Cavour: era estraneo al governo del Luogotenente Montezemolo. Ammanchi da parte garibaldina ce ne furono: i documenti dell'epoca ne parlano e Nievo affrontò con coraggio e a viso aperto il problema. Ma si può pensare a un complotto che mandi a fondo una nave con circa 45 persone, tra equipaggio e passeggeri, solo per coprire ladri? Non cercate ladri, ma corruttori: con l'Ercole andarono a fondo le carte e i testimoni, in particolare Salvatore Serretta e Giuseppe Fontana che avevano lavorato nella gestione "separata" dell'Intendente Generele Giovanni Acerbi, gestione che durò solo 13 giorni (28 maggio-10 giugno '60). Nievo sapeva che con riserve del Tesoro palermitano, attraverso quella tal gestione di Acerbi, erano stati comprati i generali borbonici, perchè abbandonassero Palermo senza più combattere. Sapeva che il denaro aveva modificato a favore dei garibaldini le sorti della guerra a Palermo.

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