28.3.11

Orvieto. Un suicidio, due vescovi, un generale di corpo d’armata. (da "micropolis" - marzo 2011)

Il diacono Seidita e il vescovo Scanavino
Nella storia che si è provvisoriamente conclusa con l’estromissione di monsignor Giovanni Scanavino da vescovo di Todi e Orvieto ci sono ingredienti e personaggi per un appassionante intrigo romanzesco: un suicidio, le lettere anonime, le rivalità, gl’interessi economici. La vicenda, insomma, è tutt’altro che lineare e non è facile venirne a capo, tra accuse vere e false, dichiarazioni e controdichiarazioni. Fissiamo perciò qualche punto.
L’ordinazione sacerdotale del ventinovenne Luca Seidita, per alcuni mesi segretario del vescovo e da molto tempo desideroso di farsi prete, viene bloccata da una deliberazione vaticana a pochi giorni della data fissata: non è maturo. Seidita si butta dalla Rupe. Pare che alla base della sospensione ci siano anonime accuse di omosessualità di dubbio fondamento; di certo questo è uno schiaffo per il vescovo, che molto si era impegnato nel condurre al sacerdozio un giovane dall’esperienza seminariale irregolare. Scanavino dà pertanto le sue dimissioni, che vengono immediatamente accettate. Ad amministrare la diocesi è chiamato, in attesa di una nuova nomina, un vescovo in quiescenza, il vecchio Marra che essendo stato ordinario militare è anche generale di corpo d’armata. Il vescovo estromesso, però, non sta zitto. Spiega che le dimissioni non sono state spontanee ma richieste. E, in più dichiarazioni, fa riferimento alla lunga guerra ingaggiata contro di lui, fin dall’insediamento, con accuse di ogni tipo, specie relative alla gestione del clero. Le ragioni di questa guerra sarebbero in primo luogo di potere: il prelato è monaco agostiniano e ha fatto voto di povertà, la Chiesa locale non manca invece di ricchezze e dentro di essa non manca chi vuol metterle a frutto. C’è un cancro – a parere di Scanavino – dentro la Chiesa orvietana.
Due considerazioni. Prima: tutte le volte che c’è di mezzo l’omosessualità nella Chiesa cattolica si perde la testa e da quando a guidarla c’è Ratzinger ancora di più. Chissà perché. Seconda: il mantenimento degli arcana imperii, dell’opacità del potere, è cosa che al Vaticano e alla Chiesa cattolica riesce meglio che non al potere politico, ma, tutte le volte che qualcosa, anche poco, viene fuori, l’impressione é di un verminaio puzzolente.
Per finire. Ci hanno chiesto e ci siamo chiesti se nella vicenda orvietana c’entrasse Paglia, il potente vescovo di Terni che guida la conferenza episcopale umbra. Consultati, alcuni amici ben inseriti nel mondo cattolico non hanno mostrato dubbi: Paglia c’entra sempre. 

Da "micropolis", marzo 2011 

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