22.8.13

Lettera dall'osteria. Una poesia di Camillo Sbarbaro (estate 1913)

Camillo Sbarbaro nel 1910
Lettera dall’osteria
In istato di grazia, amico Volta,
di notte da una bettola ti scrivo.

Stato di grazia: ché non so più grande
bene, di contemplare
tra la nebbia del vino i paesaggi
di cui rozz’arte ornò all’intorno i muri,
e l’ostessa baffuta o la ridente
ragazzotta che reca la terrina.

Attaccare discorso con chi capita
vicino; a chi sorride
sorridere; voler a tutti bene;
scantonato dal tempo e dallo Spazio,
guardare il mondo come un padreterno.

E uscire dalla bettola leggero
come la mongolfiera che s’invola;
sentir come tappeti di velluto
i lastricati sotto il piede incerto;
e voglia di cantare a squarciagola.

Per il mondo cambiato mi piloto,
nave che sbanda, al consueto porto.
Fuggir di gatti innanzi al passo sordo.
Rettangolo di luce prepotente,
nel vicolo che fruscia di fantasmi.

Acre odore, allo svolto, di cloruro.

In questo mi rifaccio, amico Volta.
Poi che dato non m’è d’amare alcuno,
m’aggrappo come naufrago alle cose.

Quante volte guardai come uno scampo
i bastimenti ch’escono dal porto!
New York, Calcutta, Londra: nomi immensi.
Perdermi là sognavo, essere un altro,
dimenticarmi sino del mio nome.

Anche questa illusione ora è caduta;
la mia vigliaccheria mi pesa al piede
come palla di piombo al galeotto.

E dunque così tragga la mia vita,
oggetto di pietà per voi, di riso
agli altri;
e mi basta riscuotere il consenso
dei magnanimi amici, gli ubriachi…

Finché giorno verrà, spero, ch’io esca
di qui con passo fermo e m’incammini
a qualche piazza vuota, a qualche buia
acqua di fiume…

Amico, so che Venere ti tiene
ora in balìa.
Felice te! ti corre
il sangue nelle vene più gagliardo,
ti si chiude la gola a volte a sosta
come per morte il battere del cuore.

Ma se tempo verrà – né venga mai –
che del fuoco la cenere sol resti,
e tu allora a cercar vieni l’amico.

Lo troverai nella taverna che ha
ai vetri stinte tendinette rosse
e scritto per insegna : AL GOTO GROSSO.

Io non ti chiederò di te di lei.
Spingerò verso te colmo il bicchiere
perché in silenzio con l’amico beva
l’oblio.


estate 1913

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