2.12.14

Noi battiamo il piede... Una poesia della Rivoluzione Culturale cinese

Ora batte su altri concetti, ma tre o quattro anni fa, il presidente di Libera, Luigi Ciotti, insisteva molto sul noi che doveva sostituire l'io, sull'assunzione comune di una responsabilità civica rispetto alle mafie, mala pianta che facilmente alligna ove la società è atomizzata e ognuno è per sé. 
Ero allora più in salute e mi muovevo di più per gli incontri pubblici dell'associazione cui aderisco, sicché mi accadeva spesso di ascoltarlo in interventi pubblici. Tutte le volte che lui ritornava su quel noi in me affiorava il ricordo, vago, di una poesia della Rivoluzione Culturale cinese che avevo letto in un "Quaderno" delle Edizioni Oriente, realizzazione di uno di quei Gruppi di operai che quella effimera rivoluzione aveva istituito nelle fabbriche e nelle Comuni popolari per sviluppare la creatività letteraria e artistica delle masse. 
Nella poesia che rammentavo doveva esserci un noi che esprimeva il collettivismo proletario in opposizione all'individualismo borghese o piccolo borghese. Ebbene, ho ritrovato il ritaglio di quella poesia ed oggi qui la posto. (S.L.L.)
La creatività operaia nella Rivoluzione Culturale
Noi battiamo il piede
e la grande terra trema;
noi lanciamo un ruggito
e l'acqua dei fiumi scorre;
noi leviamo la mano
e le alte montagne fremono;
noi avanziamo
e chi mai può fermarci. 
Noi siamo il popolo lavoratore
la nostra forza non ha nemici.

Composta collettivamente dal Gruppo di creazione di un'acciaieria di Shanghai, 1973

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