25.5.15

Anni 50. L'Italia sessuofobica nel “Ponte” di Calamandrei (Giovanni De Luna)

Piero Calamandrei nel ritratto di Carlo Levi
Efficace e esaustiva la scelta degli articoli del Ponte, tra il 1948 e il 1953, nell' antologia curata da Mimmo Franzinelli Oltre la guerra fredda. La rivista diretta e fondata da Piero Calamandrei fu uno dei luoghi in cui (nel dopoguerra) sopravvisse e si alimentò il fiume carsico della tradizione di Giustizia e Libertà e del partito d'Azione. La diaspora azionista in quelle pagine trovò un suo cemento unitario, la possibilità di dare continuità a un impegno che - lontano da un coinvolgimento direttamente politico - si caratterizzava piuttosto sul piano intellettuale e culturale.
La «guerra fredda» aveva reso quella tradizione il tipico vaso di coccio tra due vasi di ferro duramente schierati uno contro l'altro. In Italia questo voleva dire il confronto serrato tra la Dc di De Gasperi e il Pci di Togliatti. “Il Ponte” e i suoi collaboratori non ebbero nessuna timidezza verso i due contendenti.
Ma non è solo la vivacità progettuale della «terza forza» che l'antologia curata da Franzinelli mette in luce. Tra le pagine delle rivista figurava una rubrica, «Il ritrovo», che oggi si propone agli occhi dello storico come uno straordinario affresco dell'Italia di allora.
Per tutti i primi Anni 50, infatti, “Il Ponte” e altre riviste laiche come “Il Mondo” si trovarono, di fatto, praticamente isolate nel sostenere battaglie come quelle per il controllo delle nascite, il divorzio, il riconoscimento dei figli illegittimi, l'«emancipazione corporativa» degli omosessuali, il rifiuto di una morale sessuale fobicamente puritana; ma furono come pesci senza acqua in cui nuotare.
«Il ritrovo» ci restituisce i tratti di un'Italia sessuofobica, ipocritamente moralista. Le foto della Lollobrigida, della Loren e della Monroe apparse su alcuni giornali provocarono la condanna a 2.000 lire di ammenda ai giornalai che le avevano messe in mostra («imputati di aver esposto fotografie contrarie alla morale»); in altre città italiane (Torino, Roma, La Spezia, Roma, Bologna) fu disposto dalle autorità uno speciale servizio di sorveglianza nelle scuole e nelle sale cinematografiche, al fine di tutelare maggiormente la moralità pubblica. Fu battezzata «operazione antibacio» e a La Spezia portò all'arresto in un cinema di due ventenni accusati dai carabinieri «di atteggiamento non consentito». A Torino, un commissario di polizia intervenne presso un commerciante di piazza Castello intimandogli di ritirare dalla vetrina delle «gambe femminili di gesso rivestite di seriche guaine». Una circolare del Sant'Uffizio suggeriva ai confessori di ammonire intorno alla pericolosità del ballo: il confessore doveva «esortare il penitente a astenersene del tutto, perché pericoloso per lo spirito cristiano ed occasione di peccati contro la purezza come cattivi pensieri, desideri, toccamenti, e anche di peccati mortali». 
“Il Ponte” denunciava impietosamente i limiti di questa Italia. E ne accompagnò la scomparsa. Quando arrivò il boom, quando la grande trasformazione che investì la nostra struttura economica cambiò l'antropologia degli italiani, nelle pagine del Ponte la nuova Italia del miracolo trovò i punti di riferimento culturale con cui orientarsi nei meandri di una modernizzazione tanto improvvisa quanto caotica e tumultuosa.

"Tuttolibri - La Stampa", 17 luglio 2010

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