Ho tratto la curiosità che segue dalla rubrica divulgativa La Scienza al servizio dell'uomo in "Eco del mondo", una sorta di Readers Digest progressista che ebbe qualche successo tra gli anni 40 e 50 del Novecento. (S.L.L.)
L’accidentale caduta di
un fiore entro la soluzione preparata per la conservazione di vecchi
manoscritti, diede spunto alle ricerche dei fratelli P. e S. Joffe
che condussero ad un metodo di preservazione quasi eterna dei tessuti
animali e vegetali.
Il fiore conservava la
sua forma ma non il colore. Furono trovati i metodi per fissare i
colori: prima il rosso, poi il bianco e il giallo, e, l’anno
scorso, il verde. Lo studio si protrasse per oltre un quarto di
secolo e la collezione dei fratelli Joffe, di tipi di fiori
conservati, ne comprende alcuni tra quelli di 19 anni fa. Il complesso di
sostanze chimiche per la conservazione dei fiori, che viene
attualmente venduto in America, comprende un derivato della
naftalina che secca il fiore e ne fissa i colori ed un metacrilato
plastico col quale viene dato un rivestimento resistente all’umidità
e ai batteri.
Le possibilità
decorative di quest’idea sono state sfruttate dai teatri, nei
negozi di moda e per l’abbigliamento delle vetrine; delle
applicazioni scientifiche educative hanno tratto vantaggio i musei, i
centri di studi agricoli e i botanici.
La più recente
applicazione di questa tecnica è la preservazione di tessuti umani
per ricerche mediche.
“Eco del mondo”, N.
31, marzo 1949, Periodici Mondadori, Milano
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