La puttana contadina
La muraglia di fronte che accieca il
cortile
ha sovente un riflesso di sole bambino
che ricorda la stalla. E la camera
sfatta
e deserta al mattino quando il corpo si
sveglia,
sa l'odore del primo profumo inesperto.
Fino il corpo, intrecciato al lenzuolo,
è lo stesso
dei primi anni, che il cuore balzava
scoprendo.
Ci si sveglia deserte al richiamo
inoltrato
del mattino e riemerge nella greve
penombra
l'abbandono di un altro risveglio: la
stalla
dell'infanzia e la greve stanchezza del
sole
caloroso sugli usci indolenti. Un
profumo
impregnava leggero il sudore consueto
dei capelli, e le bestie annusavano. Il
corpo
si godeva furtivo la carezza del sole
insinuante e pacata come fosse un
contatto.
L'abbandono del letto attutisce le
membra
stese giovani e tozze, come ancora
bambine.
La bambina inesperta annusava il
sentore
del tabacco e del fieno e tremava al
contatto
fuggitivo dell'uomo: le piaceva
giocare.
Qualche volta giocava distesa con
l'uomo
dentro il fieno, ma l'uomo non fiutava
i capelli:
le cercava nel fieno le membra
contratte,
le fiaccava, schiacciandole come fosse
suo padre.
Il profumo eran fiori pestati sui
sassi.
Molte volte ritorna nel lento risveglio
quel disfatto sapore di fiori lontani
e di stalla e di sole. Non c'è uomo
che sappia
la sottile carezza di quell'acre
ricordo.
Non c'è uomo che veda oltre il corpo
disteso
quell'infanzia trascorsa nell'ansia
inesperta.
da Lavorare stanca (1936)
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